OCCHIO AGLI OCCHIALI DA SOLE: CONSIGLI DI OCULISTA E OTTICO

OCCHIO AGLI OCCHIALI DA SOLE: CONSIGLI DI OCULISTA E OTTICO

In titanio, metallo, celluloide, ma anche in legno e corno; o di ultima generazione in Ultem™. Glamour, colorati, di tendenza, a gatto, a goccia, rotondi, squadrati, griffati. Sono gli occhiali da sole. Possono montare filtri colorati, a specchio, fotocromatici, polarizzati. Accessori moda ma non solo, perché proteggono gli occhi dai raggi solari e dalle loro dannose radiazioni; sono utili per ripararsi da vento, polvere, smog, corpi estranei e per salvaguardare gli occhi dalle allergie di stagione.

L’Unione Europea considera gli occhiali da sole come un “dispositivo di protezione individuale” (DPI), in quanto i filtri e le lenti solari assolvono la funzione di proteggere le strutture oculari. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Anna Lisa Fassari, Dirigente Medico Oculista Asp 3 PTA di Gravina di Catania e con Pietro Italia, ottico.

Parte dei raggi ultravioletti, anche se invisibili all’occhio umano, possono provocare importanti patologie.

“L’eccessiva esposizione ai raggi del sole, in assenza di adeguata protezione, è certamente dannosa a livello oculare. Può provocare la formazione di accumuli di proteine nel cristallino e quindi la comparsa della cataratta, dermatiti palpebrali, danni alla congiuntiva, alla retina, all’iride, con la formazione del melanoma oculare e cheratopatie corneali – spiega la dottoressa Fassari –. Bisogna prestare particolare attenzione al mare o in montagna, dove la radiazione dei raggi UV è molto alta. Basilare proteggere gli occhi dei bimbi con occhiali certificati, così come si fa per la loro pelle con prodotti affidabili. Danni seri alla vista si riscontrano nei pellegrinaggi, se ci si ferma a fissare il sole in attesa di vedere un’apparizione miracolosa, oppure in occasione di eclissi. Ne può derivare una cheratocongiuntivite attinica (da ultravioletti) causata dallo sfaldamento degli strati superficiali dell’occhio o, nei casi più gravi, una lesione al centro dell’occhio in macula, zona nobile dell’occhio, che ha i fotorecettori ‘coni e bastoncelli’ addetti a trasmettere gli stimoli luminosi al nervo ottico. Le lesioni, identiche a quelle causate da un raggio laser, producono una diminuzione irreversibile della vista causando fori o pseudofori maculari. L’eccessiva esposizione ai raggi UV incrementa il rischio di contrarre un tumore oculare che può coinvolgere la pelle intorno alle palpebre, la congiuntiva e le strutture uveali quali iride, corpi ciliari e coroide. Il melanoma oculare è certamente il tumore con l’incidenza maggiore rispetto agli altri tumori”.

Ma una delle patologie più frequenti causate dal sole è la maculopatia. “Si distingue in due forme: atrofica o secca, ed essudativa o neovascolare, comunemente chiamata degenerazione senile retinica in quanto induce un progressivo invecchiamento dei tessuti retinici e che potrebbe comportare la perdita temporanea o permanente della visione centrale – chiarisce la specialista, e sottolinea – pertanto si consiglia l’uso di occhiali da sole con filtri che proteggano dal 99 al 100% dai raggi ultravioletti”.

Cosa comporta l’utilizzo di occhiali da sole contraffatti? “Esporre gli occhi al sole senza dei buoni filtri può provocare gravi disturbi alla cornea, alle palpebre e al cristallino, ma soprattutto alla retina. Indossare occhiali da sole contraffatti, provenienti spesso da paesi asiatici, espone dunque i nostri occhi a un’alta probabilità di rischi: non avendo filtri reali ma solo colorazioni scure, le lenti determinano una midriasi pupillare più grande che permette un passaggio maggiore dei raggi UV e favorisce la maculopatia”, chiarisce la Dr.ssa Anna Lisa Fassari.

L’effetto degli UVA è ridotto dagli occhiali da sole, è importante però utilizzare occhiali certificati, distribuiti dai canali ufficiali.

Nei negozi specializzati, gli ottici optometristi e il personale specializzato possono consigliare e valutare la soluzione più opportuna, a cominciare dalla scelta della montatura. Noi abbiamo incontrato Piero Italia, ottico.

Tutti gli occhiali da sole devono avere il marchio CE (Conformità Europea) apposto sulle aste, sulla confezione e/o sul certificato di autenticità a garanzia delle normative europee in termini di standard e sicurezza dei prodotti che hanno superato i controlli di sicurezza e sono risultati idonei al filtraggio dei raggi UV. La dimensione minima della marcatura è di 5 mm. La dicitura non va confusa con il marchio China Export che presenta le stesse iniziali, ma molto più ravvicinate fra loro.

“Gli occhiali da sole originali di norma devono essere accompagnati da una nota informativa, nella quale saranno precisati la categoria di appartenenza, le avvertenze per l’uso, il tipo di filtro solare, che varia da 0 a 4 a seconda delle condizioni d’illuminazione – spiega Pietro Italia –. 

Con la categoria 0 si fa riferimento a un filtro trasparente o dotato di una minima colorazione, l’uso è consigliato in ambienti interni o nelle ore notturne. Nella categoria 1, rientrano quei filtri con una colorazione leggermente oscurante, ideali nelle giornate poco luminose o nuvolose.

La categoria 2 riguarda filtri mediamente colorati che offrono una protezione nelle giornate poco soleggiate. Con un meteo soleggiato è opportuno l’uso di un filtro di categoria 3.

Infine, la categoria 4 è consigliata per una protezione intensa dai raggi solari, per esempio in montagna e al mare dove i raggi UV sono molto forti. Solitamente chi è dotato di iride chiara assorbe una maggiore quantità di radiazioni luminose rispetto a chi è in possesso di occhi scuri, pertanto si consiglia l’uso di filtri di categoria 2, 3 e 4”.

Gli occhiali da sole sono quindi un presidio oculistico indicato per la protezione dei raggi ultravioletti e bisogna averne cura.

“Sarebbe meglio evitare il contatto dei filtri solari con deodoranti, lacca per capelli o sostanze chimiche in genere – precisa Piero Italia -. Bisogna prestare particolare attenzione al mare, la salsedine può deteriorare la superficie delle lenti, qualora vi sia un contatto sciacquare quindi con acqua dolce”.

Le lenti da sole attenuano gli effetti dell’irraggiamento, e con gli occhiali da sole, negli spazi molto luminosi, la visione risulta più nitida e confortevole. “Interessante la funzione del filtro polarizzatore, capace di orientare la radiazione verso un’unica fonte migliorando la qualità visiva e attenuando l’abbagliamento dei riflessi solari. È utilissimo quando si guardino superfici lisce e brillanti come il mare, la sabbia, la neve, un prato o la strada perché assicura una visione più definita e riposante, ed è quindi molto indicato per la guida diurna.

Altra possibilità è quella dei filtri fotocromatici. Questi, se vengono sollecitati dai raggi UV, in proporzione alla loro intensità assumono una colorazione scura che, con i dovuti tempi, ritorna chiara in ambienti interni o nelle ore serali. In sostanza, riescono ad adattarsi alle diverse condizioni di luminosità.

I filtri specchiati, oltre a essere di moda, offrono una maggiore protezione ai raggi UV, in particolare al mare o in alta montagna”.

E in presenza di vizi refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo)? “È possibile dotare la montatura di lenti con la dovuta correzione e colorarle a seconda delle proprie esigenze e dell’uso – spiega l’ottico –. In presenza di una miopia è consigliabile la tinta marrone, il verde o il grigio in caso di ipermetropia.

Oltre che a tinta uniforme le lenti possono poi, essere sfumate: scure nella parte alta e più chiare alla base”.

Clementina Speranza

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CRAVATTE E STRASS TRA I CAPELLI

CRAVATTE E STRASS TRA I CAPELLI

Cerchietti, bandane, clips, fermagli e persino cravatte sono i protagonisti delle pettinature di influencer e star. Gli accessori per i capelli sono il must-have dell’estate 2022, e tornano in auge i mitici anni Ottanta anche per colori, tagli e acconciature.

EMME22 ha incontrato 3 professionisti, e tramite loro scopriamo le tendenze.

Secondo Nicole Vinti, consulente d’immagine e hairstylist con un bellissimo salone a Gallarate, per l’estate 2022 vanno di moda i capelli rame, fragola e mango. “Consiglio una base più intensa e le lunghezze accompagnate da schiariture – precisa Nicole Vinti –. Anche il biondo è profondo alla radice e più chiaro sulle lunghezze e punte. Per valorizzare lo sguardo consiglio due schiariture sui ciuffi davanti al viso. Poi ancora nuance Moka e nocciola, un colore chic, intenso e dinamico.

Le acconciature dell’estate sono versatili e facili da realizzare: trecce morbide, capelli raccolti, chignon bassi con onde morbide, messybun alti sulla testa da portare con ciuffi frontali lasciati sciolti. La coda, altissima e super tirata, è la soluzione per la sera e per i party.

Pinzette, mollettine e accessori molto piccoli, in pieno mood anni ’80 e strass sui capelli sciolti sono la tendenza dell’estate 2022”.

Giacomo Puglisi consulente d’immagine, truccatore e hairstylist per Image Consultant suggerisce di rendere leggera la nostra immagine e giocare. “Raccogliere i capelli è il trend per l’estate 2022. Sia con coda, che veri e propri nodi o trecce – afferma –. Queste ultime anche per le spose. La novità è la cravatta tra i capelli da usare come fascia, e se i lembi sono troppo lunghi si può creare un fiocco laterale dietro l’orecchio o con un nodo sopra la testa fermato con le classiche mollettine. La cravatta si può anche intrecciare lateralmente insieme ai capelli.

Consiglio di non buttare la stoffa se si fanno accorciare gli abiti, può diventare fiocchi, nodi, fasce per i capelli. Le strisce ricavate dal tessuto avanzato si possono intrecciare tra i capelli o possono ingrandire uno chignon, che può essere basso dietro la nuca, altissimo al centro della testa, ma anche laterale. Quindi consiglio di cercare nei mercatini vintage e negli armadi di mamme e zie, tra gli ‘archivi familiari’, per recuperare qualcosa del passato e renderlo glamour.

Possono essere utilizzate per le acconciature cinture con fibbie colorate, strass o pietre, ma anche i foulard.”

Per l’hairdresser Silvio Monastra, conosciuto per aver avviato diversi saloni di successo e un nuovo salone a Catania, i colori moda capelli si possono identificare in due dominanti. “Il fantasy, quindi colori audaci, creativi, e i colori naturali che sono super luminosi, resi possibili da mix di schiariture: contrasto e sfumato insieme, sfumature evidenti e dai toni caldi. Sottolineo i tagli audaci: il bobcut (cioè caschetto o carrè), il bowlcut (un tempo chiamato taglio a scodella), il mulletcut con varianti personalizzate (mullet in inglese significa cefalo, è un tipo di acconciatura, sia maschile sia femminile, tipico della moda degli anni 1980. In italiano è anche noto come capelli alla triglia e capelli alla tedesca) – spiega Monastra –. Due opzioni anche per i capelli raccolti. La coda, lasciata libera o raccolta a chignon, e le trecce. E poi, le onde sui capelli un tormentone! È di moda avere qualcosa in testa e con gli accessori ci si può sbizzarrire (cappelli, bandane, fermagli)”.

Clementina Speranza

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Ph Gianluca Santonocito per Daniele Ancarani

Modella Marilù Santonocito

Consulenza d’immagine fotografica Giacomo Puglisi 

L’ANTICA E AFFASCINANTE STORIA DEL PROFUMO

L’ANTICA E AFFASCINANTE STORIA DEL PROFUMO

Patrick Süskind scrive che “gli uomini possono chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non possono sottrarsi al profumo”. Il profumo, infatti, ha una forza di persuasione pari alle parole, al sentimento e alla volontà. Penetra e riempie il corpo come l’aria che si respira e non c’è modo di opporsi.

I primi a esserne consapevoli sono stati gli antichi Egizi che durante le preghiere e i riti sacri bruciano oli essenziali, resine e unguenti profumati per ingraziarsi le divinità, assicurarsi la loro protezione, purificare il corpo ed elevarsi con lo spirito. Il profumo però non si limita solo alla dimensione sacra, e inizia a essere utilizzato anche nell’igiene quotidiana.

È proprio con i Greci che il profumo si svincola dal culto religioso e dal suo essere appannaggio esclusivo di sacerdoti e faraoni, per assumere un ruolo fondamentale nella cura del corpo. I profumi greci diventano così merce da esportare in tutto il mondo.

L’Impero Romano non rimane indifferente, acquisisce le arti greche e dà vita al sapone con cui lavarsi nei bagni pubblici. I Romani, inoltre, sono i primi a padroneggiare l’arte della distillazione dei profumi, ma l’innovazione più grande è l’introduzione di recipienti di vetro a partire dall’XI secolo a.C. Dopo la caduta dell’Impero Romano, gli Arabi perfezionano la distillazione (sostituiscono la base oleosa con l’alcool, ampliando la gamma di piante profumate utilizzabili) e la diffondono in Europa. Venezia diventa così il centro della distribuzione dei prodotti di profumeria, e a partire dal XIII secolo le botteghe degli speziali e dei venditori di aromi si moltiplicano. Le dame nobili si profumano con l’essenza di violetta, lavanda e fiore d’arancio. Alloro e rosmarino invece vengono bruciati nei camini per purificare gli ambienti.

Durante il Rinascimento l’industria del profumo trova terra fertile a Grasse, in Francia, dove si producono pelli profumate, ciprie, saponi e tabacchi, ma anche capi d’abbigliamento e accessori di cuoio cosparsi con essenze di gelsomino indiano. Le nuove rotte marittime aperte da Spagna e Portogallo introducono in Europa le spezie e gli aromi dall’Asia e dall’America come: patchouli e sandalo.

Nel XVIII, Grasse raggiunge l’apice della sua popolarità. La costruzione delle stanze da bagno private all’interno delle abitazioni più ricche consente la diffusione di sali e saponi profumati. La predilezione di Maria Antonietta per i profumi freschi e naturali, legati alla campagna, trova largo seguito in tutto il regno, favorendo l’importazione delle acque di Colonia dalla Germania ideate da Giovanni Paolo Feminis, un venditore ambulante della Val Vigezzo. Negli stessi anni Casa Migone apre la sua bottega a Milano e sulla sua scia fioriscono in tutta Italia un gran numero di case di profumeria.

Durante la Rivoluzione Francese nel 1789, vengono aboliti gli editti corporativi e avviene la liberalizzazione del commercio, mettendo le basi per il boom profumiero dell’Ottocento.

Nel 1828 Pierre François Pascal Guerlain presenta la sua linea di prodotti, e il settore chimico compie passi da gigante. I profumi iniziano ad essere sintetizzati e gli aromi classificati in diciotto gruppi su richiesta del profumiere londinese Rimmel.

Nel 1900 la profumeria diventa una vera moda e profumieri sono figure prestigiose e desiderate in tutte le città. È proprio nel settore moda che i ruoli di stilista e profumiere si fondono grazie a Paul Poiret, e con il tempo anche altre maison come Chanel, Lanvin e Dior seguono il suo esempio creando fragranze iconiche con nomi evocativi e confezioni di design. Ci sono boccette con angoli smussati, tappi tagliati come un diamante che riproducono la forma della celebre Place Vandôme a Parigi e fanno parte delle collezioni permanenti del MOMA di New York. Profumi contenuti in bottiglie di vetro squadrate o tondeggianti dalla silhouette molto essenziali e minimal, ma anche packaging di ispirazione orientale come scatolette di origine asiatica che nella tradizione vengono utilizzate per contenere polveri medicinali. Confezioni laccate e decorate con corde, nappe e piccoli gioielli.

Tra il 1931 e il 1940, sono gli anni della Grande Depressione: la disoccupazione dilaga e i profumi non sono la priorità. Una delle fragranze più note di questo periodo è Joy di Jean Patou, che sembra voler infondere gioia in un momento così duro.

Gli anni che seguono la fine della Seconda Guerra Mondiale sono di rinascita e di ricostruzione. Nel 1949 nasce Lancôme, nel 1948 Helena Rubinstein crea la sua prima fragranza. Dal 1951 al 1960, sono gli anni del prêt à porter, i profumi diventano più accessibili ed emanano fragranze meno complesse.

Sul versante maschile, il profumo resta ancora molto legato al rito della rasatura, ma negli anni Cinquanta compaiono sul mercato le eau de toilette anche per lui. Negli anni Sessanta il movimento hippie, nato a San Francisco, predicava il ritorno alla natura, il rifiuto delle costrizioni, l’uguaglianza dei sessi, la ricerca dei paradisi artificiali al grido di “Fate l’amore non la guerra”. I giovani iniziano a viaggiare soprattutto in India, e scoprono gli aromi di sandalo, di muschio, ma soprattutto di patchouli che viene usato per lisciare i capelli e nascondere l’odore dell’hashish. È così che compaiono sul mercato i profumi da uomo.

Negli anni Ottanta esplode il made in Italy in ogni settore produttivo. Sono gli anni di: Versace, Armani, Ferré, Fendi, Laura Biagiotti e Valentino. Per reazione al decennio precedente dove tutto era eccessivo, ricco e sfarzoso, le nuove fragranze richiamano soprattutto l’acqua, come per appagare un desiderio di leggerezza e purificazione. Per sottolineare la loro appartenenza a un gruppo, le giovani generazioni adottano uno stile unisex e grunge. La bandiera profumata di quegli anni è CK One di Calvin Klein: il primo profumo pensato per essere condiviso senza limitazioni legate al genere.

Nel corso dei millenni, il profumo ha subito un vero e proprio cambiamento. Nasce come prerogativa di pochi potenti, ma nei secoli subisce una graduale democratizzazione. Si trasforma da elemento sacro ad accessorio di lusso profano, da strumento di seduzione a prezioso rimedio terapeutico. Insomma chi avrebbe immaginato che il semplice gesto di spruzzarsi il profumo, al termine di ogni rituale di agghindamento, sia in realtà un importante pezzo di storia?

Simone Lucci

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L’AVANGUARDIA DELLA BELLEZZA AL COSMOPROF 2022

L’AVANGUARDIA DELLA BELLEZZA AL COSMOPROF 2022

Si è chiusa con successo la 53a edizione del Cosmoprof Worldwide Bologna 2022.

Dopo due anni di appuntamenti digitali, il Cosmoprof è ritornato in presenza per sottolineare la voglia di ripartenza del settore cosmetico soprattutto italiano, che nonostante le difficoltà dello scenario internazionale si stima superi nel 2022 i 12 miliardi di euro, tornando ai livelli pre-crisi.

La fiera della bellezza ha aperto le porte dal 28 aprile al 2 maggio con 3 saloni dedicati a specifici settori e canali distributivi: Cosmopack il più importante salone internazionale dedicato alla filiera produttiva della cosmetica che culmina nei Cosmopack Awards, l’evento che riconosce i migliori brands per packaging design, formulazione e tecnologie tra i partecipanti al salone; Cosmo Perfumery & Cosmetics che ospita i migliori brand di profumeria e cosmesi a livello mondiale per i canali retail; Cosmo Hair & Nail & Beauty Salon dedicato agli operatori del mondo professionale dei capelli, delle unghie e dell’estetica/spa: in particolare è stato destinato l’intero padiglione 36 denominato Nailworld, per far immergere i visitatori a 360° gradi nel mondo della manicure e pedicure. Gli eventi correlati di On Hair svoltisi nella cornice del Virtus Segafredo Arena che ha visto protagonisti hair stylist mondiali, e inoltre Cosmotalks, Cosmo On Stage e World Massage Meeting hanno sviluppato un ricco calendario nel quale sono state affrontate le tematiche sul futuro della cosmesi, del benessere, delle tendenze e del mercato mondiale della cosmetica.

2.700 espositori provenienti da 71 paesi diversi, 26 country pavilion, visitatori arrivati da 170 Paesi diversi, sono i numeri che hanno sottolineato l’importanza centrale del Cosmoprof Worldwide Bologna 2022 all’interno del panorama mondiale dell’industria cosmetica.

Ogni anno Cosmoprof è l’occasione per proporre le evoluzioni del settore cosmetico in Italia e nel mondo, detta le tendenze sui consumi futuri per venire incontro alle continue esigenze del mercato fatto di necessità di perfezionare nei tempi e nei metodi la beauty routine, trovare soluzioni sempre più performanti nella nicchia dei trattamenti professionali, far fronte alla maggiore richiesta di cosmetici sostenibili a base di materie prime naturali e cruelty free, creare un’offerta che risponda a una domanda crescente di prodotti in linea con i temi etici di inclusività e di unicità della persona.

Tante le proposte dall’Italia e dal mondo che hanno entusiasmato visitatori e operatori giunti per questa edizione del Cosmoprof: l’impiego dell’oro in soluzioni liftanti e anti-âge per una vera e propria coccola di lusso interamente made in Italy e bava di lumaca di alta qualità proveniente dalla Bulgaria; dalla Polonia i prodotti per il corpo vengono proposti in packaging che ricordano delizioso ice cream, mentre da Londra i cosmetici a base di materie prime come il latte vengono racchiuse in confezioni che ricordano proprio quelle del supermercato.

Grande attenzione è stata inoltre riservata all’innovazione tecnologica al servizio della bellezza e del benessere: app per stampare tatuaggi temporanei personalizzati, dispositivi per amplificare i trattamenti viso e corpo dal design di nuova generazione, piattaforme rivoluzionarie che sfruttano l’intelligenza artificiale per creare nail art all’avanguardia e su misura, tecnologie che mediante la realtà aumentata consentono di “provare” il make-up tramite il riconoscimento facciale.

Tutto questo è il Cosmoprof Worldwide Bologna 2022. Il futuro della bellezza è già qui.

Cosmoprof ha origine nel 1967 e nel corso dei decenni si è sempre più affermata come la fiera più importante a livello mondiale nell’ambito del beauty.

L’atteso evento coinvolge non solo l’Italia che ospita nel complesso di Bologna Fiere l’edizione più rilevante, ma è itinerante nelle vesti di Cosmoprof Asia, Cosmoprof North America, Cosmoprof India e Cosmoprof CBE Asean Bangkok.

Il successo di Cosmoprof risiede nell’attenzione verso innovazione, tecnologie d’avanguardia e costituisce la piattaforma che consente di dare voce alle eccellenze del settore cosmetico in tutti i campi della sua filiera, dalla materia prima al prodotto finito.

Linda Pili

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Ph Giorgio Marcias

BREAST JOURNAL CLUB, TUMORE AL SENO E RICERCA

BREAST JOURNAL CLUB, TUMORE AL SENO E RICERCA

Grazie alla ricerca sul tumore al seno è possibile sviluppare terapie in grado di garantire migliori risultati e di questo vi sono vari esempi: nell’ambito delle terapie per lo stadio iniziale di malattia, nel quale non vi sono stati progressi negli ultimi venti anni, la novità è rappresentata dalla possibilità di aggiungere l’inibitore delle chinasi ciclina‐dipendenti,  agli agenti anti ormonali nella terapia adiuvante, riducendo il rischio della ricomparsa della malattia nelle pazienti ad alto rischio HR+, HER2-; lo stesso accade per il carcinoma mammario triplo negativo, dove la combinazione tra immunoterapia e chemioterapia ha recentemente dimostrato ottimi risultati. “La lotta al tumore al seno si può vincere con la ricerca. Nuove molecole e nuovi modelli di terapia aiutano le donne ad avere una lunga aspettativa di vita, mantenendo un’alta qualità”, afferma Sabino De Placido, Responsabile reparto di Oncologia medica dell’Ospedale Policlinico Federico II di Napoli e Responsabile Scientifico dell’evento ‘Breast Journal Club’, l’importanza della ricerca in oncologia’, appuntamento ormai ultra decennale, organizzato, a Napoli, 1 e 2 aprile da Over Group, grazie al supporto non condizionante di Lilly.

Al BJClub sono stati premiati 4 ricercatori: gli italiani Lucia Del Mastro, Maria Vittoria Dieci e Matteo Lambertini e Charles Geyer. “Il BJClub è un progetto che premia la ricerca internazionale e nazionale e che valorizza i giovani oncologi italiani in un confronto costruttivo sui temi di maggior interesse scientifico e sui migliori standard di cura del tumore al seno”, ha dichiarato Sabino De Placido.

Fare il punto sull’avanzamento della ricerca e sui nuovi standard terapeutici sulle neoplasie mammarie. È l’obiettivo dell’evento.

“Il BJClub di quest’anno mette in evidenza come la ricerca sul tumore mammario sia diventata estremamente veloce, con varie nuove opzioni terapeutiche, che portano a un aumento della sopravvivenza  e  una migliore qualità di vita. E l’Italia sta giocando un ruolo fondamentale. Giornate come quella di oggi, non solo servono a fare il punto, tra esperti del settore, sullo stato dell’arte a livello nazionale e internazionale delle novità terapeutiche e di ricerca, ma mirano a valorizzare i giovani talenti della ricerca oncologica, che rappresenteranno il futuro prossimo di questa affascinante e importante branca della medicina”, ha spiegato Michelino De Laurentiis, Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-polmonare dell’Istituto Nazionale Tumori Fondazione G. Pascale di Napoli in qualità di Responsabile Scientifico dell’evento.

 

 

 

DIGITALIZZAZIONE E INNOVAZIONE IN MEDICINA, SALUTE E SANITÀ

DIGITALIZZAZIONE E INNOVAZIONE IN MEDICINA, SALUTE E SANITÀ

Per il quinto anno consecutivo si è svolto, presso Base Milano, il 15 marzo, Wired Health. Una giornata in cui si sono percorse cinque le traiettorie di discussione: empowerment dei pazienti, governance dei sistemi sanitari, nuovi modelli di business, terapie digitali, trasferimento tecnologico e ricerca.

Wired health 2022 è stato un momento di incontri, talk, interviste, dibattiti per esplorare le soluzioni e i processi innovativi per lo sviluppo di un sistema salute efficace, sostenibile ed equo. Un evento per capire come le tecnologie digitali stanno cambiando medicina, salute, sanità.

Wired health ha investigato, con rigoroso criterio scientifico, il presente e il futuro della salute, della robotica e degli algoritmi a intelligenza artificiale. Per scoprire il punto di contatto fra medicina, tecnologia e nuovi stili di vita.

Questi due anni di emergenza sanitaria ci hanno mostrato la complessità del sistema sanitario facendo emergere tutta la sua criticità. Il sistema può funzionare solo se c’è una collaborazione fra vari attori: istituzioni, azienda sanitaria e pazienti. Questo dialogo può essere agevolato dalla forte rivoluzione digitale che stiamo iniziando a vivere.

Il ruolo fondamentale per migliorare le nostre conoscenze scientifiche è ricoperto dai dati medicali. Bart De Witte (esperto europeo di trasformazione digitale nel settore sanitario, fondatore dell’organizzazione no-profit Hippo AI Foundation) sostiene la democratizzazione degli algoritmi a intelligenza artificiale in medicina attraverso strategie open data, cioè, attraverso dati liberamente accessibili a tutti. “Possiamo duplicare il nostro mondo creandone uno virtuale che interagisce con il mondo reale – afferma Bart De Witte -. Pensate alla guida autonoma. Migliaia e migliaia di informazioni vengono scambiate in tempo reale fra la nostra automobile, le infrastrutture e le altre automobili. Gli algoritmi a intelligenza artificiale costruiscono un mondo virtuale che sovrapposto al nostro ci consente di muoverci nel caos urbano in totale sicurezza. Potremmo duplicare noi stessi e consentirci di interagire con i nostri sogni. Insomma, creare il nostro avatar e inserirlo nel nostro mondo duplicato”. Nel futuro di quanti mondi avrai bisogno? È la domanda che Bart rivolge alla platea. “Ora immaginate di creare il mondo della salute per un nuovo stile di vita che abbraccia appieno la sfera del benessere – continua Bart De Witte -. Per fare questo abbiamo bisogno di dati, nello specifico i dati medicali delle persone. Abbiamo bisogno di condividere i nostri dati della vita reale, che saranno utilizzati per offrire nuovi orizzonti terapeutici, più vicino ai pazienti”.

Al convegno è stato ampiamente sottolineato che dopo l’emergenza sanitaria la digitalizzazione potrebbe essere la strada per la centralità della persona, per avere una sanità che sia capillarmente presente e vicina ai reali bisogni di salute dei cittadini. Si è rimarcato il fatto che oggi quando il paziente ha bisogno di rivolgersi al medico di base si deve recare da esso e spiegare cosa abbia, quali sintomi accusa, il medico lo visita, prescrive degli esami clinici di approfondimento, degli eventuali consulti specialistici, così da ottenere una diagnosi possibilmente accurata e solo successivamente a tale iter sarà in grado di formulare una cura. Ma Ennio Tasciotti (scienziato e Direttore Human Longevity Program, IRCCS San Raffaele di Roma) e Noemi Porrello (Real World Evidence Lead, Roche Italia) ci disegnano con decise pennellate la sanità di domani. Lo scenario del futuro sarà completamente stravolto. Non ci recheremo più dal medico, sarà sufficiente contattarlo e raccoglierà tutta una serie di dati che sono stati misurati da dispositivi medici presenti nelle nostre case (bilancia, pulsossimetro, sfigmomanometro, ecc…) o dispositivi indossabili (smartwach, indumenti con tessuti sensorizzati, ecc…). Il medico con il supporto di algoritmi a intelligenza artificiale sarà in grado di formulare una diagnosi personalizzata, una cura e il dosaggio della medicina.

Affinché tutto questo diventi realtà saranno necessari i dati medicali della vita reale del paziente, dati che al momento senza ragione vengono tenuti gelosamente custoditi. Grazie all’accesso a questi si potrà avere una diagnosi più veloce e potremmo offrire nuovi orizzonti terapeutici. È quanto delineato al convegno. “L’enorme flusso di informazione per le case farmaceutiche saranno fondamentali per sviluppare nuovi prodotti – sostiene Noemi Porrello -. La digitalizzazione potrà finalmente integrare la ricerca tradizionale con una visione olistica della persona per essere più vicino al paziente”.

Ciò che è emerso dal convegno è che questa “partita” bisogna giocarla tutti insieme: cittadini, istituzioni e medici. La rivoluzione diagnostica e riabilitativa deve essere accettata in primis dai cittadini. Deve esserci una condivisione di dati fra cittadini, istituzioni e università. E si è auspicato a un rapido cambiamento da parte della politica per raggiungere in tempo breve dei traguardi importanti dal punto di vista delle infrastrutture digitali.

“Il ruolo del paziente resta centrale, dobbiamo comprendere quale leva dobbiamo attivare per avere più fiducia per acconsentire a scambiare dati. I motivi sono molteplici, regna il sospetto, la paura sulla condivisione, spesso legata alla ignoranza del processo e del percorso del dato, con chi verrà condiviso e di cosa ne faranno del mio dato – precisa Tasciotti –. L’altra categoria da convincere sono i medici che vedono la tecnologia come una minaccia alla categoria, intimoriti di perdere prestigio a favore di un computer. La tecnologia non sostituirà i medici, ma sarà inevitabile sostituire i medici che non sapranno utilizzare la tecnologia, perché chi usa la tecnologia cura meglio i pazienti”.

Dai vari interventi è emerso che il medico di domani deve aumentare le proprie competenze, le sue skills. Deve essere multi disciplinare e si deve coltivare la cultura dello scambio di informazioni fra i vari stakeholder, cioè, medici, ingegneri e informatici, devono mettersi a disposizione uno dell’altro, lavorare tutti insieme al bene comune della salute.

Si è sottolineata l’esigenza di comprendere la condivisione dei dati, salvaguardando la sicurezza, cosa che permetterebbe di accedere a precorsi di cura migliori. Si è parlato di meno reticenza nello scambio e condivisione di dati medicali sia nel pubblico che nel privato, come prima rivoluzione da attuare.

Stefano Rovelli

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