“Mi fa piacere che le persone dicano che ho influenzato il loro stile. In realtà sono io a essere influenzato da queste persone. Il mondo in cui vivo è la mia influenza”, questa è una delle frasi dello stilista Kenzo Takada scomparso a 81 anni a causa del COVID-19 presso l’ospedale americano di Neully-sur-Seine. Un artista poliedrico che ha stravolto i codici della moda con irriverenza, in un tripudio di look etnici e variopinti, di mix & match, di nastri nascosti che poi si stringono attorno al corpo.

Nato il 27 febbraio 1939 nella prefettura giapponese di Hyogo, quinto di sette figli, lo stilista inizia il suo percorso formativo con studi di letteratura inglese a Kyoto per poi abbandonare l’università, e nel 1958 si traferisce a Tokyo per frequentare la scuola di moda Bunka Gakuen dove è stato il primo studente maschio in quanto, fino ad allora, l’istituto era esclusivamente femminile. Ogni mese, inoltre, disegna una serie di look da donna su commissione dei magazzini Sanai che diventano il suo primo datore di lavoro.

Nel 1965, il designer si trasferisce a Parigi dove assiste alle sfilate di Cardin, Dior, Chanel e collabora con la casa di moda Feraud e con la rivista Jardin des Modes. Nel 1970, apre la boutique Jungle Jap nella Ville Lumière in Galérie Vivienne e crea l’omonimo brand Kenzo. L’anno successivo una sua modella appare sulla copertina di Elle, e da quel momento il successo è stato sempre in crescendo.

I tagli inusuali e innovativi, l’alchimia tra Oriente e Occidente, i colori accesi, le stampe animalier, i fiori vengono subito apprezzati da pubblico e critica. Kenzo interpreta il “flower power” con stampe jungle e richiami alla simbologia della natura, rivoluzionando il gusto anni ’70 e ’80. Alle collezioni donna affianca la linea maschile e, nel 1988, il primo profumo. Celebri le due sfilate del 1978 e del 1979 tenute nel tendone di un circo, con la sua uscita a fine show su un elefante.

Il marchio Kenzo dal 1980 diventa una società, acquistata nel 1993 dalla LVMH. Nel 1999, dopo le sfilate di Parigi, Takada annuncia il ritiro e viene sostituito dallo stilista scandinavo Roy Krejberg. Nel maggio 2002, Kenzo torna a sorpresa con una linea di prêt-à-porter, accessori e biancheria per la casa battezzata Yume, dal giapponese “sogno”. L’anno successivo al timone stilistico del womenswear approda l’italiano Antonio Marras, inaugurando una nuova fase di energia creativa. Lo stilista sardo concepisce le sfilate come rappresentazioni, non lontano dalle ambientazioni raffinate tipiche della cultura giapponese, con reminiscenze come fiori di pesco, bamble kokeshi e simboli del folklore isolano. Nel 2011, al designer italiano, subentrano Humberto Leon e Carol Lim scelti come nuovi direttori artistici.

Oltre al prêt-à-porter, Takada realizza costumi per il teatro, produce film e fortunata è la collaborazione con Roche Bobois con l’ideazione di una collezione di tessuti e ceramiche in cui si ritrovano i codici grafici e culturali che lo caratterizzano. Per “vestire” il divano Mah Jong si ispira agli antichi kimono del Teatro No reinterpretandone le fantasie e i colori, creando armonie che simboleggiano i tre momenti della giornata: Asa (il mattino), Hiru (il giorno), Yoru (la sera).

Nel 2016, lo stilista riceve la Légion d’Honneur per il suo contributo all’industria della moda e del design.

La carriera di Kenzo è sicuramente consacrata alla creatività e a una moda rivoluzionaria dove la tradizione giapponese dialoga con lo street style occidentale.

Simone Lucci

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