UNA CAMMINATA CON “PIETRE D’APPENNINO”

UNA CAMMINATA CON “PIETRE D’APPENNINO”

“Ci sono mille angoli che ci sfuggono per fretta o per quotidiana disattenzione; ci sono cose che semplicemente ignoriamo: le piante, gli animali, le pietre… ciò che mi interessa raccontarti, nei prossimi giorni di cammino, è che lo spazio non è tutto. C’è anche il tempo”. Scrive così Alessandro Vanoli nel suo libro “Pietre d’Appennino”, edito da Ponte alle Grazie in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e in libreria da settembre.

“… È tutta una questione di tempo se ci pensi bene. Il camminare intendo. Non so perché i camminatori scrivano tanto, ma in tutti quei libri sulle strade percorse a piedi, c’è sempre in primo luogo un riferimento alla lentezza:  ‘camminare dà un senso di libertà’, ho letto in un libro di Erlin Kagge (uno che ha raggiunto a piedi il Polo Sud!),  ‘camminare è contrario a tutto quel che spinge veloce. Quando cammino tutto si muove più lentamente, il mondo sembra ammorbidirsi’ ”.

L’Appennino non ha la maestosità delle Alpi, né la tragica grandezza delle catene montuose asiatiche. La sua dimensione è familiare, ti si raccoglie intorno come una casa. E di una casa ha le caratteristiche: gli ambienti conosciuti, i ricordi, i vecchi oggetti di sempre. La dimensione dell’Appennino raccontato da Alessandro Vanoli è memoria storica e personale: le pietre che costruiscono letteralmente lo spazio e il tempo del cammino, con gli alberi, i fiumi, i luoghi abitati o abbandonati; gli appuntamenti con gli amici a illuminare quel certo tratto di strada e l’apparizione dei personaggi che vi hanno vissuto; l’intrecciarsi dei corsi d’acqua che vanno verso il Reno, l’Old Man River che contiene la grande Storia e le piccole storie che Vanoli ci mette, casualmente, sul cammino. E dappertutto, a fermarti e farti pensare: le Pietre, tema e motore del libro. Erano lì ai tempi degli etruschi, e i romani le hanno spostate per farci passare la via Flaminia. Hanno visto i mercanti di lana e di seta, e poi gli uomini della Seconda guerra mondiale, e i turisti sulla Via degli Dèi…

L’Appennino di Vanoli gira attorno a Bologna, in un percorso che dalla chiesa di San Luca passa da Sasso Marconi e Vergato, Roncobilaccio e Porretta. “Ah Porretta! L’odore di bosco e di legna del camino! Il tempo di uscire dalla stazione e già possiamo stare tranquilli che la strada non è persa: il Reno è lì che ci aspetta, che scorre sotto un ennesimo ponte”.

Alessandro Vanoli è storico e scrittore, ha insegnato e fatto ricerca in numerosi atenei e da qualche anno si dedica in modo esclusivo alla scrittura e alla divulgazione. Tra i suoi libri ricordiamo: Quando guidavano le stelle (2015); Storie di parole arabe (2016); La via della seta (con Franco Cardini, 2017); Inverno (2018); Strade perdute (2019).

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UN’ESTATE IN ALPEGGIO: ANNIBALE SALSA RACCONTA L’AMORE PER LA MONTAGNA

UN’ESTATE IN ALPEGGIO: ANNIBALE SALSA RACCONTA L’AMORE PER LA MONTAGNA

Se siete tra quelle persone che preferiscono la montagna al mare, che di fronte alla calura estiva sceglieranno sempre il fresco assicurato delle cime dei monti, è arrivato il libro che fa per voi: si tratta di Un’estate in alpeggio, di Annibale Salsa, edito da Ponte alle Grazie, in libreria dal 27 maggio 2021.

I non esperti si chiederanno anzitutto cosa sia, di preciso, l’alpeggio. Tecnicamente, è l’esercizio del pascolo in montagna nel periodo estivo, da fine maggio a metà settembre; nelle parole dell’autore, è “uno spazio ristretto nel tempo breve di un’estate, ma uno spazio vastissimo nell’inanellarsi degli anni, e uno spazio immenso se misurato seguendo le tracce lasciate dal filo rosso della memoria”.

Annibale Salsa è solo un bambino quando parte per “là dove nascono le Alpi, al confine tra Piemonte e Liguria”, munito solo di “un piccolo zaino, otto mucche e l’idea che raggiungere la montagna avrebbe significato conquistare il mondo”. Per lui la montagna ha la forma di un alpeggio e si chiama Conca del Prel; ed è qui che Annibale trascorre la prima di tante estati insieme ai malgari, accompagnato dai ritmi sempre uguali della mungitura e del pascolo delle bovine. Qui impara come nascono i formaggi da cui le vallate e le montagne prendono il nome, e prova paure ancestrali, in particolar modo quella del temporale. Ma soprattutto, qui nasce il legame con un mondo che diventerà il centro della sua vita e della sua professione di antropologo.

Il libro è diviso in tre parti: Partenza, Alpeggio e Ritorno. In conclusione troviamo un fondamentale Glossario che spiega tutti i termini tecnici incontrati nel testo; la prefazione è dello scrittore Marco Albino Ferrari.

Un’estate in alpeggio è un inno a una realtà per molti ancora sconosciuta, una vera e propria miniera di informazioni su tutto ciò che riguarda il mondo dell’alpeggio, ma è prima di tutto l’emozionante racconto di un viaggio. Il viaggio di un bambino che ha imparato a conoscere la nostalgia allontanandosi per la prima volta dai monti tanto amati, ma che da allora non si è più fermato. “In un certo senso, non sono mai tornato dalla Conca del Prel”, scrive l’autore.

Annibale Salsa è nato a Lavagnola, nell’entroterra di Savona di fronte al Mar Ligure, in una famiglia che ha consumato l’intera esistenza sui monti. E proprio per questo è diventato il più importante antropologo alpino italiano; ha insegnato Antropologia filosofica e Antropologia culturale all’Università di Padova, è stato Presidente del Club Alpino Italiano e del Gruppo di Lavoro “Popolazione e cultura” della Convenzione delle Alpi. Attualmente è Presidente della Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio di Trento.

Eugenia Dal Bello

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INQUINAMENTO LUMINOSO E “CIELI NERI”, MA SI VEDONO ANCORA LE STELLE

INQUINAMENTO LUMINOSO E “CIELI NERI”, MA SI VEDONO ANCORA LE STELLE

Conosciamo la parola “notte”, ma chi vive nel mondo occidentale, soprattutto nelle grandi città, è raro si sia immerso in una notte dove le stelle hanno la forza di bucare la coperta nera del cielo.

S’intitola “Cieli neri” e l’autrice è Irene Borgna antropologa e scrittrice. Qui lei racconta di un viaggio in camper col suo compagno alla ricerca di quei luoghi dove si vedono ancora le stelle perché le luci non sono accese.

“Abituati a bivaccare nelle valli di Cuneo, a pane e toma nello zaino, siamo rimasti esterrefatti realizzando che l’80% della popolazione mondiale e il 99% della popolazione statunitense ed europea conosce solo una notte a metà, un’oscurità monca, viziata da un invadente chiarore artificiale che nasconde la maggior parte delle stelle”.

La luce elettrica, una grande invenzione che ha aperto la porta a migliaia di nuove esperienze, ha inesorabilmente occupato tutto il buio impedendoci di vivere l’altra faccia del giorno, con tutti i suoi doni: le stelle, la Via Lattea, il ritmo sonno/veglia, la poesia dell’oscurità.

“… In Italia la notte non è più quella di una volta: non esiste più un cielo che possa dirsi completamente libero dalla luce artificiale, non sopravvive angolo dello stivale dove l’unica dotazione luminosa sia quella naturale di luna e stelle. Alcuni strappi nella soffocante cappa luminosa promettono ancora scampoli di oscurità sopra l’Isola di Montecristo, su Alicudi e Filicudi, sulla Sardegna orientale intorno al golfo di Orosei, e in alcune zone dell’Alto Adige vicine al confine con l’Austria, come la Valle Aurina e la Val Senales”…

L’autrice ha compiuto un viaggio per tornare a vivere quelle tenebre che furono divise dalla luce all’inizio del mondo, per capire cosa voglia dire inquinare la notte, per raccontarci gli aspetti economici, antropologici, sociali, poetici e simbolici di quello che potremmo chiamare “uno stato d’animo in via d’estinzione”.

Accanto alle emozioni del viaggio, Irene illustra che cosa voglia dire vivere in un paese sommerso dall’inquinamento luminoso. E dunque cosa significa questo a livello economico, simbolico (pensa alla dicotomia luce/tenebre), biologico, medico, poetico, estetico, antropologico, sociale.

“Il romanzo di Irene Borgna “Cieli Neri. Come l’inquinamento ci sta rubando la notte” è il decimo della collana che impegna il Club alpino italiano e la casa editrice Ponte alle Grazie. Una sfida per allargare la platea dei lettori del libro di montagna – afferma Alessandro Pastore, presidente del Centro operativo editoriale del Cai -. Sono stati pubblicati racconti di viaggio, colloqui intensi con chi ha vissuto a contatto con le Terre alte, esplorazioni nella natura ‘selvaggia’. Un bilancio positivo di critica e di pubblico che si arricchirà presto con nuove proposte che intercettano autori di fama nel panorama culturale del nostro paese”. 

L’AUTRICE

Irene Borgna, un dottorato di ricerca in antropologia alpina con Marco Aime, ha fatto della montagna la sua passione e il suo mestiere. Nata a Savona nel 1984, si è trasferita in Val Gesso per amore dei lupi (lavora al progetto di reinserimento del lupo sulle Alpi marittime), si occupa di divulgazione ambientale e fa la guida naturalistica portando a spasso gli escursionisti fra cime e rifugi. Nel Pastore di stambecchi ha raccolto la testimonianza di Louis Oreiller, rispettando le sue straordinarie doti di narratore e il suo parlato antico (Ponte alle Grazie, 2018, menzione speciale al Premio Rigoni Stern).

Guarda il booktrailer (filming and editing Gabriele Canu)