IL VINO ANCESTRALE NATO ALLE EGADI
“Era estate, davanti all’incantevole isola di Favignana, in barca con il competente enologo e ‘capitano’ Gaspare Signorelli, in un’imbarcazione dove non manca mai il vino. Durante giornate come quella si è soliti confrontarsi su nuove idee e progetti che possano arricchire il nostro bagaglio enoico. Tra sole, mare, brindisi e risate nasce così l’idea di un vino fresco e un po’ mosso per aperitivi, uscite in barca, pranzi al mare, giornate di festa…”, questo il ricordo di Flavia Rallo, enologa e titolare della cantina Flavia Rebellious Wines.
“Ho proposto a Flavia un frizzante per arricchire le tipologie dei vini fermi naturali e bio con un prodotto mosso facendo un tuffo nel passato”, racconta Signorelli. Nasce così il Pét–Nat frizzante bianco naturale e biologico, ottenuto col Metodo Ancestrale, un processo di vinificazione per vini frizzanti che si può definire il più antico metodo di produzione di vini con effervescenza. Noto anche col nome di vino sur-lie (con i lieviti), o col fondo, il Metodo Ancestrale riporta alla luce una naturalità persa con i nuovi metodi più in uso, metodo Charmat e metodo Classico o metodo Champenoise.
“Per ottenerlo blocchiamo la fermentazione abbassando la temperatura del mosto/vino, e poi si imbottiglia. La fermentazione si completa in bottiglia, e si creerà così il perlage che lo rende frizzante. Un perlage finissimo e molto delicato, con profumi di fiori, di frutta, e sentore di lievito di panificazione, al palato piccante e mosso, sapido con una acidità che lo rende piacevole, con un retrogusto che invoglia a bere il prossimo bicchiere”, spiega l’enologo Gaspare Signorelli che ha trasferito la sua esperienza come esperto di bollicine allo staff tecnico.
Ogni bottiglia di Pét–Nat sarà diversa dall’altra. “ll prodotto cambia da bottiglia a bottiglia poiché la fermentazione si conclude all’interno di ogni singola bottiglia. Per noi, questo è sinonimo di autenticità, di attenzione a ogni singola bottiglia”, precisa l’enologa.
In base alla tecnica utilizzata nel servire il prodotto si avranno emozioni diverse. “Se si scuote la bottiglia prima dell’apertura del tappo, si mettono in sospensione i lieviti, e il vino che si versa nei diversi calici sarà identico dal punto di vista visivo e organolettico. Se si apre la bottiglia senza agitarla, ogni calice avrà sfumature differenti di limpidezza con aromi e gusto diversi. Se si utilizzano decanter o caraffe mantenuti in frigo si evita che nel versare il perlage diminuisca, in questo modo il vino sarà limpido e uguale in tutti i bicchieri”, spiega Flavia Rallo.
La varietà a bacca bianca utilizzata per la nascita del Pét–Nat è il Catarratto. Le uve provengono dalla zona nord dell’Etna, il vigneto si trova nel territorio del comune di Castiglione di Sicilia, precisamente nella frazione di Solicchiata, dove l’altitudine e le frequenti escursioni termiche assicurano la corretta maturazione, garantendo un prodotto finale con profumi eleganti e intensi, con un’ottima concentrazione di acidi fissi nella polpa che si tradurrà in longevità del prodotto.
VENDEMMIA – VINIFICAZIONE – IMBOTTIGLIAMETO
Dopo aver monitorato la maturazione dell’uva mediante analisi del mosto in laboratorio e degustazione degli acini sezionati in tre parti: buccia, polpa e vinaccioli, l’enologo Franco Rallo, papà di Flavia, stabilisce la data di raccolta.
L’uva viene raccolta a mano e riposta in piccole cassette nella fascia oraria più fresca della giornata che va dalle 6,30 alle 11,00, la si trasporta poi in cantina con un camion refrigerato e lo staff tecnico procede a una accurata selezione dei grappoli inviando solo i migliori nella pressa soffice.
Il mosto ricavato viene fatto sostare nel serbatoio per circa 24 ore alla temperatura di 8° – 9° gradi, in modo da impedire l’inizio della fermentazione e favorire la decantazione. Trascorse le 24 ore, si procede a prelevare il mosto limpido, che sarà all’incirca il 60% di quello iniziale, e si aspetta che inizi la fermentazione spontaneamente, tramite i lieviti naturali dell’uva che trasformeranno gli zuccheri in alcool e anidride carbonica.
La temperatura di fermentazione sarà mantenuta costante a 18° gradi grazie al gruppo frigo. Durante i giorni di fermentazione, l’enologa Flavia Rallo monitora il grado zuccherino del mosto e, quando si è prossimi a circa 10 gr/l di zuccheri, si porta la temperatura a 5°gradi per bloccare la fermentazione.
Successivamente, dopo circa trenta giorni, si procede a prelevare la parte più limpida del mosto parzialmente fermentato per imbottigliarla. Le bottiglie riempite e tappate col tappo a corona vengono poste, coricate e al buio, in un locale a temperatura controllata fra i 15 e 18 gradi. Dopo circa una settimana inizia la fermentazione all’interno della bottiglia che trasforma gli zuccheri residui in alcool e in anidride carbonica che rimane intrappolata all’interno della bottiglia creando circa 2,5 atmosfere di pressione che rendono il Pét–Nat frizzante; dopo circa sessanta giorni la fermentazione è completata. Dopo 90 giorni dall’imbottigliamento, le bottiglie vengono agitate delicatamente, manualmente una ad una in modo da mettere in sospensione il naturale sedimento di lieviti adagiato nella parete interna. Si passa poi all’etichettatura.
Dopo la verifica dei dati analitici e della degustazione, lo staff tecnico comunica al responsabile del marketing, Giacomo Rallo, che il Pét–Nat è pronto per raggiungere le varie destinazioni di mercato.
Guarda il video in cui è stato presentato il vino a Milano
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Clementina Speranza
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