La rosacea, detta anche couperose, è una malattia cronica caratterizzata da arrossamenti, vere e proprie fiammate e irritazioni, che generalmente si manifestano sul viso. Può insorgere in qualsiasi momento dopo i 30 anni su guance, naso, mento e fronte, e può avere un andamento discontinuo. Nei casi più gravi è presente anche su collo, torace, cuoio capelluto e orecchie. Secondo le stime, pare colpisca circa 415 milioni di persone in tutto il mondo.1
Le cause della rosacea sono ancora dibattute, ma sono noti diversi fattori scatenanti, tra i quali il consumo di cibi piccanti o bevande alcoliche, stress emotivo, esposizione solare, UV, caldo, freddo, emozioni intense, bagni caldi, assunzione di alcolici o di bevande calde. La rosacea provoca arrossamenti persistenti causati da vasi sanguigni dilatati, e di conseguenza maggiormente visibili. Pare sia più diffusa nelle donne, anche in conseguenza degli squilibri ormonali, però i casi clinici più gravi si riscontrano tra gli uomini. Sulla pelle delle persone affette da rosacea, anche gli acari del genere Demodex, perlopiù innocui, possono essere individuati in quantità elevate. Spesso sono colpiti anche gli occhi, apparendo rossi, secchi o pruriginosi.
La rosacea può peggiorare se non trattata, e le persone che sospettano di soffrirne devono quindi consultare il proprio dermatologo per avere una diagnosi precoce e per discutere il trattamento.
È nata pertanto una guida personalizzata per la visita con il dermatologo che i pazienti possono compilare sul sito www.facciaafacciaconlarosacea.it realizzato da Galderma. Questo sito Web dedicato alla campagna “Faccia a faccia con la rosacea” guida gli utenti con una serie di domande relative ai propri segni e sintomi, all’impatto emotivo della rosacea e ai trattamenti utilizzati. Una volta completato il questionario, viene generata una guida per la visita dermatologica personalizzata in grado di facilitare un dialogo aperto medico-paziente.
Un’ indagine internazionale, promossa da Galderma e condotta su oltre 700 pazienti con rosacea e 500 medici volta a valutare il reale impatto di questa malattia, ha rilevato che sintomi invisibili della patologia come pizzicore e bruciore del viso spesso correlati a stress emotivo, possono essere in alcuni casi sottovalutati durante un consulto medico.2 È infatti emerso che i medici danno un maggiore peso ai sintomi visibili tipicamente associati alla malattia, quali il sopraccitato eritema transitorio o persistente, spesso con la contemporanea presenza di gonfiore, papule, pustole e secchezza cutanea, sottovalutando sintomi quali prurito, bruciore e dolore. Questo atteggiamento si riflette nell’insoddisfazione dei pazienti con rosacea, tanto che l’82% dei soggetti intervistati ha dichiarato di non ritenere la propria malattia sotto controllo e soltanto 1 persona su 5 ha modificato in modo sostanziale alcune abitudini quotidiane per combattere la rosacea.2
“È molto importante che la persona con rosacea esponga chiaramente al dermatologo la sintomatologia e l’impatto psicologico derivante da essa, anche se molto spesso questi elementi non sono strettamente legati alla gravità dei segni cutanei. Infatti, le nuove indicazioni terapeutiche raccomandano di dare molta importanza alle problematiche del singolo paziente e agli aspetti della malattia che vengono percepiti da lui come più invalidanti per personalizzare il trattamento e raggiungere i risultati desiderati”, spiega Giuseppe Micali, Direttore della Sezione di Dermatologia e Venereologia, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Università di Catania.
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Bibliografia
1. National Rosacea Society 2018. New Study Finds 415 Million People May Suffer from Rosacea Worldwide. Available at: https://www.rosacea.org/press/2018/july/new-study-finds-415-million-people-may-suffer-from-rosacea-worldwide. Last accessed: October 2019.
2. Rosacea: Beyond the visible online report. Available at: http://hosted.bmj.com/rosaceabeyondthevisible. Last accessed: October 2019.
Lei è Antonia Cravotta, dermatologa, dirigente medico presso la divisione di Dermatologia dell’Ospedale San Marco di Catania, responsabile del servizio di dermatoscopia digitale. Ha partecipato in qualità di relatrice a diversi congressi e tavole rotonde su temi inerenti la dermatologia e la medicina estetica. È autrice di diverse pubblicazioni scientifiche.
È con un sorriso che ci attende dietro la scrivania del suo accogliente ed elegante studio privato di Catania. “Dottoressa, guardi il mio viso e mi dica cosa possiamo fare” è questa la frase che la riempie di gioia quando una paziente le chiede un consiglio: “Perché si sta fidando ed affidando”, spiega.
Le abbiamo posto alcune domande per fare un po’ di chiarezza su filler, biorevitalizzanti e tossina botulinica.
Qual è la differenza tra biorevitalizzazione e filler?
Il filler determina modificazioni del volume. È ideale nella correzione dei difetti, per esempio asimmetrie del volto, zigomi svuotati, pieghe marcate. Là dove si vuole un aumento del volume di quell’area. Il filler può essere a base di acido ialuronico, idrossiapatite di calcio, acido polilattico o altro. Ha una sua durata e poi viene riassorbito. Il biorevitalizzante, invece, stimola la sintesi di tessuto connettivo endogeno iniettando nel derma polipeptidi, aminoacidi insieme ad acido ialuronico libero. Agisce sui fibroblasti del tessuto connettivo stimolando la sintesi collagene, quindi la biorevitalizzazione ha una funzione curativa. Non aumenta volumi ma cura l’invecchiamento e la lassità cutanea.
Il botulino, invece?
Agisce sulla muscolatura mimica facciale, su determinati muscoli mimici riducendone la contrazione, rilassando la muscolatura dove c’è un ipertono, un’ipercontrazione muscolare. Ci sono impieghi riconosciuti dalla legge e altri che vanno oltre le autorizzazioni. In natura ci sono 7 tipi di tossina botulinica, ma quella che si adopera in estetica è il tipo A.
Ci sono controindicazioni all’uso della tossina botulinica?
Sì, se si è affetti da malattie neurologiche che interessano la placca neuromuscolare; non si può poi fare in gravidanza, durante l’allattamento, nei soggetti che hanno allergia alle proteine dell’uovo, perché la tossina botulinica è veicolata da albumine; gli etilisti cronici, inoltre, hanno maggiore sensibilità verso questa tossina. Il suo impiego ha poche restrizioni. Prima si riteneva che al di sopra dei 60-65 anni non dovesse funzionare, invece recentemente c’è stata un’estensione dell’età e si è visto che funziona fino a 80 anni. Ovviamente la placca neuromuscolare è differente e i risultati non possono essere gli stessi che si ottengono su una quarantenne.
Cos’è l’acido ialuronico e per quali inestetismi può essere utilizzato?
L’acido ialuronico è il componente fondamentale dei tessuti connettivi. Il gel in cui sono immerse le fibre elastiche e collagene del derma è a base di acido ialuronico. Il filler di acido ialuronico è responsabile dell’aspetto turgido e idratato della cute. Dà più volume per esempio agli zigomi, distende solchi naso genieni, corregge i difetti del mento, le rughe della marionetta, ridefinisce il profilo mandibolare.
Nella preparazione può essere libero o cross linkato e quindi avere finalità differenti: nel primo caso possono esserci aminoacidi, polipeptidi, sostanze che mimano l’azione della tossina botulinica, e questo non rimane a lungo come riempimento.
Se si vuole ottenere una prominenza dello zigomo o del mento, si deve iniettare un acido ialuronico piuttosto denso, cross linkato, in profondità in modo da formare una sorta di cuscinetto. Quindi a secondo dell’effetto che si desidera raggiungere si utilizza un acido ialuronico diverso.
Negli ultimi 10 anni circa si è diffusa l’ossigenoterapia, ma questo trattamento contrasta davvero le rughe?
Sì, è una procedura valida.
Nell’ambito della medicina estetica e nel trattamento dell’aging del volto i vari trattamenti non sono esclusivi. Si può ricorrere a più trattamenti insieme: ossigenoterapia, biostimolazione, filler, tossina botulinica, fili di trazione, a seconda della necessità. Il passare degli anni e l’invecchiamento riducono la sensibilità delle cellule verso l’ossigeno: le cellule dei nostri tessuti sono meno ossigenate e quindi invecchiano prima, si riduce il loro stato di salute. Questa tecnica consiste nell’iniettare ossigeno nel derma per rigenerare le cellule.
Quanto durano i risultati dei vari trattamenti?
Di durata si può parlare solo per i filler e il botulino. Perché tutte le altre tecniche di biostimolazione sono da considerare trattamenti che riducono i processi di invecchiamento e che migliorano lo stato della pelle, quindi non hanno una durata.
Un buon filler comincia a riassorbirsi dopo 6 mesi, tutto dipende dalle caratteristiche individuali e soprattutto dell’età del paziente. In una settantenne il riassorbimento è più rapido rispetto a quello di una cinquantenne, perché il substrato su cui l’acido ialuronico agisce è come una terra arida e secca, e per questo saranno necessari più richiami. Dovendo fare una media possiamo parlare di 6-8 mesi.
Per la tossina botulinica, dipende dai muscoli mimici e dall’età del paziente. Farmacologicamente l’azione di blocco della tossina botulinica sul muscolo dura 91 giorni poi pian piano si riduce. Prima di ripetere il trattamento è consigliabile far trascorrere 4 mesi nelle persone over 60 e 6 mesi in quelle più giovani.
Qual è la zona del viso che invecchia più velocemente?
Anche questo è soggettivo, cede molto il collo, il sottomento.
Quali sono gli interventi più richiesti dalle donne e quali dagli uomini?
Il rapporto uomo donna è di 1 a 10, ma qualche uomo più vanitoso esiste. L’uomo chiede la tossina botulinica per il terzo superiore del volto e, chi ha un volto scarno, richiede il rimpolpamento della regione zigomatica. Le donne chiedono tutto, ma non c’è ancora la consapevolezza culturale di iniziare precocemente per evitare di avere il peggio dopo. Gli interventi più richiesti sono: tossina botulinica e filler.
In quale stagione la pelle invecchia più precocemente?
In estate
Durante l’inverno gli sbalzi di temperatura, gli agenti atmosferici, lo smog aggrediscono l’epidermide. Dei buoni cosmetici possono aiutare?
Ovviamente una buona idratazione è alla base della prevenzione, ma i trattamenti devono essere personalizzati secondo il tipo di pelle. Una pelle grassa, acneica, con dermatite seborroica o dermatite atopica, richiede creme diverse da quelle per pelle secca, ma la finalità sarà sempre quella di fornire una buona idratazione. Si possono scegliere cosmetici conalfaidrossiacidi, retinoidi o altro, a seconda del tipo di pelle.
Anche l’alimentazione può aiutare?
La frutta e gli ortaggi colorati: carote, peperoni, pomodori, per esempio sono ricchi di antiossidanti, gli agrumi sono ricchi di vitamina C, un potente antiossidante, così come i broccoli e il cavolo e i pomodori per il licopene, ma vado un po’ controcorrente e ci credo poco. Ritengo che alla base ci sia e la predisposizione genetica. Ognuno porta nel proprio DNA l’imprinting delle caratteristiche della propria pelle.
Cosa rende una persona davvero sicura di se’?
Piacersi. Bisogna amarsi un po’… e bisogna guardare difetti e imperfezioni come aspetti caratterizzanti.
Qual è il significato della bellezza?
Il bello è armonia, equilibrio, non esiste una bellezza oggettiva. “Bellezza” è una parola troppo grande ed è molto soggettiva.
C’è chi sostiene che per tutto ciò che viene iniettato bisognerebbe rivolgersi ai chirurghi e non ai dermatologi…
Io non sono restrittiva e categorica, teoricamente è il dermatologo che dovrebbe occuparsene perché è colui che conosce la pelle più di ogni altro specialista, ma alla base deve esserci il senso estetico. Si vedono visi trasformati, imbruttiti, caricature realizzate sia da chirurghi plastici che da dermatologi. Oggi si vedono troppi stereotipi: le stesse labbra, gli stessi zigomi… Ma ogni volto ha la sua armonia e bisogna valorizzare le cose belle di quel volto e attenuare i difetti, in una modalità personale e soggettiva.
Sia tra i dermatologi che tra i chirurghi, poi, ritengo che le donne abbiano una sensibilità maggiore, un’attenzione ai particolari, agli aspetti emozionali.
Clementina Speranza
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