Ormai conclusa da più di una settimana, per l’esattezza il 13 gennaio 2022, la rassegna di Pitti Uomo è stata anche punto d’incontro per capire il destino della moda maschile. Infatti molti gli operatori del settore, e non solo, che si interrogano sulle problematiche derivanti dalla pandemia. E la domanda più frequente tra i Fashion Victim a livello mondiale, era se partecipare oppure no alla kermesse di Pitti. La manifestazione che ha come tema la prossima stagione autunno/inverno nel panorama uomo, si è svolta come sempre nella Fortezza D’Abbasso a Firenze, ed è giunta quest’anno alla sua 101ª edizione.
Ma come nasce questa manifestazione? La nascita di Pitti Immagine ha le sue origini con l’imprenditore lucchese Gian Battista Giorgini agli inizi degli anni ’50. Grande appassionato di moda, con un occhio rivolto al bello, allestisce nella sala Bianca del Palazzo Pitti di Firenze la prima manifestazione. Dal 1954 in avanti l’evento cresce così tanto che viene gestito direttamente dal Centro di Firenze per la moda Italiana (dal 1988 holding di Pitti Immagine). Pitti Immagine organizza durante l’anno diversi eventi specialmente nel comparto della moda, con una notevole ricaduta economica per tutto il territorio fiorentino.
Reflections è il tema scelto per questo nuovo percorso di Pitti Uomo, diviso in tre macro aree che raccontano le diverse anime del menswear del nostro tempo: Fantastic Classic, Dynamic Attitude e Superstyling.
Gli specchi sono visti come riflessioni esteriori e interiori, quasi fossero finestre che aprendosi portano a guardare lontano.
Ma nonostante sembrava tutto lontano dagli anni in cui c’erano lunghe file per entrare, numerosi eventi durante le giornate presso i vari stand, si è finalmente tornati all’attenzione sul prodotto, sì perché fondamentalmente non tutto il male viene per nuocere.
I numerosi buyer presenti, durante le ultime manifestazioni di Pitti Uomo, hanno scelto meno brand per i propri clienti, puntando ancora di più sulla qualità.
Tinture eco-friendly, nylon ricavato dagli scarti di produzione, patchwork di vecchi tessuti sono alcuni step verso la svolta green intrapresa dalla moda ormai da qualche anno.
Le giacche destrutturate, in particolar modo le over jacket, magari abbinate a un outfit classico sono tra i capi più richiesti dai compratori. In questo momento il pubblico ha ancora più voglia di vestirsi bene.
Ciò non significa che l’abbigliamento streetwear sia scomparso, ma sicuramente sta andando in una direzione dove le linee sono strutturate grazie a capi più basici.
E per i colori? In primis indubbiamente quelli pastello, ma marrone e verde (soprattutto quello mela) sono i colori più gettonati, accostati magari all’arancio.
Fondamentale di questa ultima edizione di Pitti Uomo? Quality first.
Cristiano Gassani
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Nel 1930, a Biella, nasce Nino Cerruti. A 20 anni, dopo la morte del padre, lascia la facoltà di Filosofia per lavorare nell’azienda fondata dal nonno nel 1881, il Lanificio Fratelli Cerruti. Nel frattempo diventa giornalista.
Nel 1957 la sua prima collezione maschile: Hitman, in cui compare per la prima volta la rivoluzionaria giacca decostruita per uomo. Nel 1967, Cerruti apre poi a Parigi la sua prima boutique.
Negli anni ’80 Nino Cerruti disegna abiti per film (tra cui Pretty Woman e Basic Instinct) e personaggi di spicco del cinema hollywoodiano, come Michael Douglas, Sharon Stone, Julia Roberts e Harrison Ford, indossano le sue creazioni.
A metà degli anni ’90 è il progettista ufficiale della Scuderia Ferrari.
Grazie ai suoi lavori ottiene importanti riconoscimenti: due Cutty Sarkmenswear award, il Munich Fashion Week Award nel 1981, e l’Italian Pitti Uomo award nel 1986.
Nel 1994 è designer ufficiale della squadra di Formula 1 della Ferrari.
Per l’eleganza delle sue creazioni, ha avuto un ruolo chiave nella moda internazionale, ma, commentava: “Eleganza è una parola che detesto perché mi sembra che sia usata da persone che si mettono addosso cose terribili”.
È Cerruti, negli anni ’60, a scoprire il talento di Giorgio Armani che lavora con lui fino al 1970, prima di fondare, nel 1975, la propria azienda.
“È con grande tristezza che apprendo della morte di Nino Cerruti – afferma Giorgio Armani –. Sebbene negli anni ci fossimo visti di meno, l’ho sempre considerato una delle persone che hanno avuto un’influenza reale e positiva sulla mia vita. Da lui ho imparato non solo il gusto per una morbidezza sartoriale ma anche l’importanza di una visione a 360 gradi, come designer e come imprenditore. Il Sig. Nino era un acuto osservatore, aveva una vera curiosità e la capacità di osare. Ci mancherà il suo modo gentile di essere autorevole e anche autoritario”.
Nino Cerruti, stilista e imprenditore, innovatore e creativo visionario, scompare a 91 anni in seguito a complicazioni subentrate dopo un’operazione all’anca.
Clementina Speranza
Henge-Test-One Lampada da Tavolo e Hedge-Test-Tree Lampada da Terra sono i due nuovi arredi della collezione 2021 ideati da Ugo Cacciatori, designer che da diverso tempo collabora con il brand. La prima è una lampada da tavolo scultorea con elemento diffusore monolitico svuotato e collegato da ghiera rotante in ottone con funzione di interruttore realizzata in onice ghiaccio o in travertino di Rapolano, mentre la seconda è un’illuminazione da terra con silhouette composta da elementi diffusori in pietra collegati da snodi in ottone ricavati dal pieno, testa omnidirezionale con giunto sferico e ampia base con barre in ottone a croce creata in onice ghiaccio.
Henge non produce solo lampade, ma anche tavoli, sedie, divani, librerie e specchi made in Italy nati dalla passione di tante persone che uniscono la tradizione artigianale all’ausilio delle più moderne tecnologie. L’impegno del marchio, infatti, è di proporre collezioni che sappiano incarnare soluzioni d’arredo di alto profilo attraverso la scelta di materiali esclusivi, finiture di pregio, design ricercato e attenzione al dettaglio. Fondata nel 2007, l’azienda acquisisce il nome dalle pietre di Stonehenge: strutture preistoriche, enigmatiche ed espressive che rispecchiano la capacità umana di intervenire sulla materia e sullo spazio. Henge si ispira al loro fascino e, sin dal principio, impone un’identità ben delineata che rispecchia il design industriale riconosciuto a livello nazionale e internazionale. Nel 2008, è stata presentata al Salone Internazionale del Mobile di Milano la prima collezione, disegnata dall’architetta Silvia Prevedello, che ha curato l’intero progetto esprimendo in forma emozionale gli intenti creativi del nuovo marchio e definendone le linee guida. I mobili della collezione d’esordio sono pervasi da gusto Déco ed eleganza, da uno stile in equilibrio tra rigore formale e libertà d’espressione. Materiali tradizionali come la pietra contrastano con la morbidezza di pelli, conciate artigianalmente, e con la lucentezza del metallo cromato.
L’anno successivo viene rinnovata la collaborazione con lo studio d’architettura Prevedello che dà vita alla collezione Diamond: una nuova lettura del concetto di lusso in chiave contemporanea, inteso come prezioso e delicato, mai prevaricante. Lo stesso anno, la collezione Whisper porta la firma dell’architetto Simone Micheli, che offre la sua personale interpretazione dello stile del brand: strutture modulari e rigorose a confronto con forme più plastiche e accoglienti, tutte rigorosamente accomunate da rivestimenti in pelle.
È il 2011 l’anno dell’evoluzione a opera di Paolo Tormena, CEO di Henge, e di Massimo Castagna, Art Director e Designer di Henge e di “Home Collection”, un progetto che non ha l’obiettivo di rispondere alle richieste di mercato, ma di capire intimamente le necessità del cliente e cercare di rispondere ai suoi bisogni in termini funzionali, emozionali ed estetici. Castagna lascia il suo segno inconfondibile con mobili senza tempo, unici, distanti da ogni formalismo o stile predeterminato. Concepiti con un atteggiamento anti-retorico, i pezzi incarnano la volontà di reinterpretare e rivalutare il quotidiano e l’ambiente domestico: forme e geometrie spesso inusuali, non scontate, in cui la materia, sempre trattata e lavorata in modo assolutamente artigianale, svolge un ruolo da protagonista. Lascia il segno anche la collaborazione di Emmanuel Babled, autore della tanto apprezzata June Chair.
Nel 2016, Henge presenta la speciale collaborazione con lo studio di progettazione internazionale Yabu Pushelberg. George Yabu e Glenn Pushelberg firmano la collezione Mushroom Tables, tavolini in metallo caratterizzati da una sorprendente leggerezza materica ed estetica dove i piani di appoggio sono di diverse dimensioni così da creare dinamiche e fluide composizioni multiformi. L’esclusivo processo di fusione, rivelato dalla forma, scopre una finitura lucida.
Nel presente, l’azienda ha deciso di puntare su una più attenta e costante ricerca dei materiali: legni, metalli, pietre naturali, pelli, dalla cui forza espressiva nascono progetti di notevole impatto, materie speciali e spesso di difficile reperimento, come il Rovere di palude, legno fossile elegante e sofisticato dall’indescrivibile colorazione grigio fumé, e la Pietra di Cappuccino, venata arabescata nei toni del bianco, del marrone e del grigio, con una esclusiva finitura superficiale idrosabbiata. Per ogni materia vengono realizzate finiture naturali che possono essere diversificate a seconda dello specifico pezzo o, addirittura, della specifica esigenza di personalizzazione, un valore che testimonia l’incessante attività di ricerca svolta nel campo delle lavorazioni per offrire agli acquirenti veri e propri manufatti e non prodotti industriali. Il sistema Emotional Lighting Control dimostra gli sforzi fatti in campo tecnologico. Grazie alla sua applicazione a prodotti come Light Ring e Tubular Light è possibile gestire in modo semplice ed elettronico i livelli di emissione di luce.
A ricerca, materiali, lavorazioni, artigianalità, tecnologia e personalizzazioni, Henge unisce una visione stilistica molto articolata e inusuale. Alla base di tutte le collezioni Home Collection c’è un’idea precisa: la casa è abitata da contrapposizioni, presenze formali, affiancate a pezzi più essenziali, di concezione più semplice e dalle funzionalità molteplici e, come scrive Massimo Castagna, “ciò che vive con noi è molto più di un mobile, è un compagno di viaggio”.
Simone Lucci
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Ugo Cacciatori è nato a Carrara nel 1970 da una famiglia di proprietari di cave di marmo e celebri scultori, sin da bambino mostra una particolare curiosità verso i materiali e uno spiccato senso delle forme e dei colori. Dopo gli studi scientifici, frequenta l’Università di Architettura a Firenze per poi trasferirsi a Londra approfondendo la propria esperienza presso importanti studi internazionali. Alla fine degli anni ’90 decide di dedicare il proprio talento alla moda presentando la sua prima collezione di abbigliamento a Milano. Chiamato da Maria Grazia Chiuri, collabora per alcuni anni con l’ufficio stile di Valentino e con numerosi altri marchi tra cui Giambattista Valli, Romeo Gigli, Marni e Fendi. Rientrato in Italia, si stabilisce a Lerici, un paesino di pescatori al confine tra Toscana e Liguria già luogo di ispirazione dei poeti romantici Byron e Shelley. Da qui inizia un percorso personale che darà vita all’identità stilistica ornata che ancora lo contraddistingue. L’esperienza raggiunta in più di vent’anni, la solida reputazione e il vasto network di relazioni personali gli permettono oggi di applicare il proprio stile ad argomenti diversi come dimostrato dai recenti progetti per il grande magazzino Century 21 di New York e per la residenza dell’attrice Zoe Saldana a Los Angeles. Con l’affermazione del proprio nome, le collaborazioni sono state limitate a progetti di responsabilità come la direzione creativa del marchio Santacroce del Gruppo Prada e il co-branding di accessori con Diesel. Dal 2014 Ugo Cacciatori si è stabilito in California, dopo aver diviso la propria vita tra Milano e New York per più di un decennio. Dalla sua casa-atelier, la nota Samuel-Novarro House di Lloyd Right, definisce lo scenario di un nuovo concetto di design contemporaneo.