“Clitennestra. Ricordate questo nome, quando pensate al perché siamo qui oggi. Non è un’ombra, una figura lontana. Era una donna reale. Una madre”.
Appassionati di mitologia greca (come la sottoscritta) e non, a rapporto! La vendetta degli dei (A Spartan’s Sorrow) è il romanzo di Hannah Lynn, edito da Newton Compton e in libreria dal 7 marzo 2022. I retelling dei miti greci sono un filone narrativo in voga, soprattutto negli ultimi anni. Per citarne alcuni: La canzone di Achille e Circe di Madeleine Miller, ma anche Il canto di Penelope di Margaret Atwood e Il silenzio delle ragazze di Pat Barker. Abbiamo visto le storie più famose della mitologia con gli occhi di Briseide, di Penelope e di Patroclo, ma mai con quelli di Clitennestra.
Chi è quest’ultima? Molti di voi la ricorderanno come la moglie di Agamennone, alcuni sapranno persino che è la sorella di Elena – sì, proprio lei, la bellissima Elena, causa scatenante della guerra di Troia –, e quasi tutti conosceranno la spietata crudeltà che l’ha portata a uccidere Agamennone al suo ritorno dalla guerra, affiancata in questo omicidio dall’amante Egisto. Sarà Oreste, il figlio di Clitennestra e Agamennone, a vendicare la morte di quest’ultimo uccidendo la madre.
Il ritratto di Clitennestra che emerge non è mai lusinghiero: “La figura più cattiva della mitologia greca”, si è detto di lei, “perfido mostro”, l’aveva definita Agamennone. Ma è davvero così? Cosa si cela dietro le azioni di questa donna tanto criticata, sebbene di lei si sappia così poco? Hannah Lynn risponde a queste e a molte altre domande nel suo romanzo, permettendo finalmente a Clitennestra di parlare con la sua voce, mettendoci a parte di una vita vissuta all’ombra del marito, facendoci entrare con delicatezza nel cuore di una donna che, prima ancora di essere la moglie di Agamennone, la sorella di Elena, la regina di Micene, l’amante di Egisto, è innanzitutto una madre.
Spartana di nascita, addestrata sin da piccola alle arti della guerra, prima di conoscere Agamennone, Clitennestra sposa Tantalo, da cui ha un bambino, Alessandro. Né il marito né il figlio sopravvivono all’avidità e alla cattiveria di Agamennone, che li uccide entrambi e porta Clitennestra con sé, facendola diventare la propria sposa. Così, Clitennestra si vede strappare il primo figlio dalle braccia; ma quando Agamennone le porta via anche l’amata Ifigenia, sacrificandola alla dea Artemide per permettere alle navi di partire per Troia, qualcosa si spezza dentro di lei e la regina capisce che da quel momento vivrà soltanto per proteggere i figli che le rimangono dalla crudeltà di Agamennone: Oreste, Elettra e Crisotemi.
“Non sono pazza. Agamennone non sarà soddisfatto fino a quando non mi avrà strappato dal cuore ogni briciolo di felicità. Prima Tantalo e Alessandro, poi Ifigenia. E ogni notte, riesco solo a pensare a quale sarà il prossimo figlio che mi porterà via”.
Così, dopo Il segreto di Medusa, in cui ha gettato luce sulla storia della tanto temuta Gorgone che trasforma gli uomini in pietra con il potere del suo sguardo, Hannah Lynn ci regala il ritratto di un’altra figura incompresa, dell’ennesima donna che si è smarrita nelle pieghe del mito in cui a farla da protagonisti sono sempre gli uomini.
E in fondo La vendetta degli dei è prima di tutto questo, una sorta di manifesto femminista dolorosamente attuale, un confronto implacabile tra la condizione della donna e quella dell’uomo, che ci ricorda, con uno stile lucido e che non scende a compromessi, quanto sia difficile che una donna possa essere “al riparo dall’ingiustizia del mondo”. Ieri come oggi.
Hannah Lynn (1984) è nata e cresciuta in Inghilterra. Il segreto di Medusa è diventato un bestseller alla sua prima uscita ed è in corso di traduzione in numerosi Paesi. La vendetta degli dei è il secondo volume della serie Greek women.
Eugenia Dal Bello
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“Tutto è iniziato il giorno in cui mi sono trovata a dover scrivere a un suora: non avevo alcuna idea di come farlo, e in pochi hanno saputo aiutarmi”, spiega Lucrezia Rospigliosi che, spinta da questa esigenza e dovendo scrivere molte lettere, non riusciva a trovare un manuale cui fare riferimento. E allora il manuale se lo è fatto da sé, e poi ha deciso di pubblicarlo. Nasce così Piccolo manuale di corrispondenza, nella collana “Celebrare è vivere”, della casa editrice Tau, in cui si considerano gesti e linguaggi che, nella loro ripetitività, assumono il carattere del rito.
Si tratta di un vero e proprio compendio di savoir-faire con regole, trucchi e consigli per chi si troverà a redigere buste e messaggi: su carta ma anche virtuali, assecondando la nuova netiquette.
“Ho riunito nel piccolo manuale le regole e le informazioni che mi sono state chieste finora, alcune sembreranno desuete. Ma mai come adesso, con l’avvento di Internet, si è tornati a comunicare per iscritto”. E così Lucrezia Rospigliosi spiega come rivolgersi a un sindaco o a un prete, ma anche al Papa, a personalità politiche, forze armate, accademici, a un ambasciatore o persino a un re. Qualche idea? Dimenticare il forbito “Sua Eccellenza” nei riguardi di un ambasciatore: ritenuto troppo elitario, resta in uso solo per il Vaticano. Mentre, assecondando le ultime tendenze, “Signora Sindaca” è ben accetto solo per la stampa: secondo l’autrice il ruolo istituzionale non ha genere.
Nel manuale anche aneddoti e piccole “chicche”: dalla scoperta delle prime buste risalenti già ai tempi dei Sumeri, alla cancelleria degli Sforza, invidiata da tutta Europa. Esempi di partecipazioni, inviti, ringraziamenti… E poi usi e costumi quasi dimenticati come l’invio di quei cartoncini a lutto dal bordo nero per ringraziare amici e parenti, dopo aver ricevuto messaggi di condoglianze, che tanti tipografi non stampano più.
“Scrivere una lettera è uno dei più antichi strumenti di comunicazione, ma anche il più difficile e insidioso… Ricordate che le lettere si conservano e molto spesso ci sopravvivono, perciò è meglio lasciare di sé un ricordo piacevole e costruttivo” si legge nelle pagine del Manuale. “Vale per ogni messaggio, poco importa che si voglia comunicare qualcosa, complimentarsi o persino protestare: qualsiasi dettaglio è importante, perché verrà firmato con il nostro nome”, aggiunge poi Lucrezia, nel suo ruolo di esperta un po’ per indole e un po’ per passione. Disegnatrice di gioielli, nata a Roma da una famiglia italo-inglese e cresciuta a Parigi, fin da bambina ha vissuto in mezzo ai libri grazie a un padre bibliofilo e a un nonno, Guglielmo Rospigliosi, che fu scrittore, giornalista ed esperto vaticanista.
Clementina Speranza
“Ci sono mille angoli che ci sfuggono per fretta o per quotidiana disattenzione; ci sono cose che semplicemente ignoriamo: le piante, gli animali, le pietre… ciò che mi interessa raccontarti, nei prossimi giorni di cammino, è che lo spazio non è tutto. C’è anche il tempo”. Scrive così Alessandro Vanoli nel suo libro “Pietre d’Appennino”, edito da Ponte alle Grazie in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e in libreria da settembre.
“… È tutta una questione di tempo se ci pensi bene. Il camminare intendo. Non so perché i camminatori scrivano tanto, ma in tutti quei libri sulle strade percorse a piedi, c’è sempre in primo luogo un riferimento alla lentezza: ‘camminare dà un senso di libertà’, ho letto in un libro di Erlin Kagge (uno che ha raggiunto a piedi il Polo Sud!), ‘camminare è contrario a tutto quel che spinge veloce. Quando cammino tutto si muove più lentamente, il mondo sembra ammorbidirsi’ ”.
L’Appennino non ha la maestosità delle Alpi, né la tragica grandezza delle catene montuose asiatiche. La sua dimensione è familiare, ti si raccoglie intorno come una casa. E di una casa ha le caratteristiche: gli ambienti conosciuti, i ricordi, i vecchi oggetti di sempre. La dimensione dell’Appennino raccontato da Alessandro Vanoli è memoria storica e personale: le pietre che costruiscono letteralmente lo spazio e il tempo del cammino, con gli alberi, i fiumi, i luoghi abitati o abbandonati; gli appuntamenti con gli amici a illuminare quel certo tratto di strada e l’apparizione dei personaggi che vi hanno vissuto; l’intrecciarsi dei corsi d’acqua che vanno verso il Reno, l’Old Man River che contiene la grande Storia e le piccole storie che Vanoli ci mette, casualmente, sul cammino. E dappertutto, a fermarti e farti pensare: le Pietre, tema e motore del libro. Erano lì ai tempi degli etruschi, e i romani le hanno spostate per farci passare la via Flaminia. Hanno visto i mercanti di lana e di seta, e poi gli uomini della Seconda guerra mondiale, e i turisti sulla Via degli Dèi…
L’Appennino di Vanoli gira attorno a Bologna, in un percorso che dalla chiesa di San Luca passa da Sasso Marconi e Vergato, Roncobilaccio e Porretta. “Ah Porretta! L’odore di bosco e di legna del camino! Il tempo di uscire dalla stazione e già possiamo stare tranquilli che la strada non è persa: il Reno è lì che ci aspetta, che scorre sotto un ennesimo ponte”.
Alessandro Vanoli è storico e scrittore, ha insegnato e fatto ricerca in numerosi atenei e da qualche anno si dedica in modo esclusivo alla scrittura e alla divulgazione. Tra i suoi libri ricordiamo: Quando guidavano le stelle (2015); Storie di parole arabe (2016); La via della seta (con Franco Cardini, 2017); Inverno (2018); Strade perdute (2019).
EMME22
Monica Priore, un’atleta del nuoto di gran fondo di origini pugliesi, è la prima al mondo con diabete di tipo 1 a essere riuscita ad attraversare a nuoto lo stretto di Messina, nel 2007. Ed è proprio la storia della sua intensa vita a venir raccontata dal giornalista sportivo Luca Gregorio in “Io ti sfido. Monica Priore, il delfino che imparò a volare”, edito da Agapantos.
Il volume è stato presentato alla sala stampa della Camera dei deputati, in occasione di un evento organizzato dall’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, con il contributo di Novo Nordisk, nell’ambito del progetto “Insulin 100” e del programma Changing Diabetes. Tra gli ospiti, la Senatrice Paola Boldrini, Presidentessa Intergruppo Parlamentare sulla cronicità, l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, e Federico Serra, Government Affairs &External Relation Director Novo Nordisk.
Monica aveva appena cinque anni quando le era stato diagnosticato il diabete mellito di tipo 1, e da allora la sua vita è irrimediabilmente cambiata. Lei “ne ha patito i colpi, le bordate, gli attacchi giocando sempre in difesa, arroccata intorno alle sue poche certezze: suo fratello Enzo, i suoi genitori, il medico di fiducia e soprattutto la sua voglia di riscatto”.
È stata una combattente sin dall’inizio, e la determinazione si è presto trasformata in un sentimento di collera sfociato in “una rabbia costruttiva rivolta unicamente contro la malattia e il suo esserne vittima”. Monica ha scelto di sfidare il diabete, e lo ha fatto compiendo eccezionali imprese sportive: nel 2010, per esempio, ha percorso a nuoto i ventuno chilometri che separano Capri da Meta, nel Golfo di Napoli; nell’estate del 2015, ha preso parte al Giro d’Italia a nuoto. I suoi sforzi sono stati coronati quando, nel 2017, il presidente Sergio Mattarella le ha consegnato l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica “per la testimonianza dell’importante contributo dello sport nel superamento dei limiti derivanti dalla malattia”.
“Utilizzo le imprese estreme per dare dei segnali forti, ma non per questo posso lasciare tutto al caso, perché l’autocontrollo del diabete è di fondamentale importanza – spiega Monica Priore –. Quello che dico sempre ai miei colleghi diabetici è che il diabete può essere gestito, bisogna averne cura e tenerlo sotto controllo, una volta riusciti in questo si può andare ovunque”.
E segnali forti Monica ne ha dati tanti: a luglio 2017 ha realizzato il progetto “DOLCE MARE”, facendo sì che, per la prima volta in Italia, un gruppo di 30 giovani diabetici pugliesi, guidati da lei, nuotassero nelle acque del mar Adriatico: una traversata simbolica per affermare con forza che i diabetici di tipo 1 non smettono di lottare per un futuro migliore.
Nel 2019 ha completato il tour “FaVoliamo con Denny”, un viaggio in sedici pediatrie italiane che le ha permesso di incontrare piccoli pazienti e infondere loro speranza tramite la metafora del delfino alato che spicca il volo superando tutti gli ostacoli.
Tra il 2020 e il 2021 ha collaborato con l’ASL di Brindisi e con l’associazione AGD Delfini Messapici dando vita a un ambulatorio dedicato esclusivamente al diabete T1 nell’età adulta, per permettere ai diabetici della provincia di avere sempre un punto di riferimento nella lotta contro la malattia.
Insomma, “una bracciata dopo l’altra, un metro dopo l’altro, un traguardo dopo l’altro”, questa coraggiosissima nuotatrice ha sfidato la malattia e, soprattutto, ha aiutato gli altri a fare lo stesso.
“In una sfida puoi vincere o puoi perdere. Sono le regole del gioco, sono le regole della vita – afferma Monica Priore –. Il tuo avversario ti studia, ti provoca, cerca di intimorirti giorno dopo giorno, per mesi, per anni. Poi, una mattina ti svegli e decidi che adesso basta, ora vediamo chi è il più forte…”
Eugenia Dal Bello
“La linea nel deserto” è il libro sulla storia di Max Calderan, l’esploratore che ha attraversato per primo il RUB’ AL-KHALI, il deserto di sabbia più grande del mondo e l’ultima frontiera inesplorata della terra prima del suo passaggio. Si tratta di un’esplorazione storica che porterà a modificare le carte geografiche aggiungendo il percorso tracciato ormai conosciuto come Calderan Line.
Edito da Gribaudo e scritto a quattro mani con Simona Recanatini, “La linea nel deserto” narra la storia di Max: un bambino sogna di andare su Marte e quarant’anni dopo, ormai uomo, attraversa per primo a piedi, in solitaria, i 1.100 km del Rub’Al-Khali, il deserto di sabbia più grande al mondo che al suo interno può contenere Francia, Belgio e Paesi Bassi tutti insieme. I beduini lo chiamano il Quarto Vuoto, una lingua di sabbia talmente imponente da essere battezzata la “quarta parte” dopo terra, cielo e mare.
Max Calderan nel libro racconta la sua vita, l’amore per la famiglia, i successi e i fallimenti, le grandi imprese, la passione per la scienza e per la natura. Ma anche il suo metodo di allenamento e quello per mantenersi in perfetta salute, la psicologia e il mindset che lo hanno portato a compiere un’impresa epocale. Le 192 pagine racchiudono la storia dell’esploratore e la sua voglia di non mollare mai, di fare un passo in più anche quando tutto ti invita ad arrenderti.
“Pazienza, in arabo (sabr), è la parola magica che ho appreso e sviluppato negli anni stando a stretto contatto con i beduini – afferma l’autore Max Calderan –. Una sura del Corano mette in evidenza che l’uomo è sempre in perdita nei confronti del tempo. Tranne in due situazioni. La prima: il tempo smette di correre quando gli uomini, tra di loro, si fermano per raccomandarsi vicendevolmente il bene, l’amore, la salute, la felicità (non i soldi). In questo caso, il tempo si ferma insieme a loro. La seconda, riferita alla sabr, si verifica quando gli uomini si fermano e nello stesso momento si raccomandano vicendevolmente la pazienza, ovvero il saper aspettare il tutto quanto arrivi. Perché quando ci sono le premesse legate alla salute, alla felicità e all’amore, ecco che la pazienza ci darà quello che desideriamo. Qualsiasi cosa si faccia per altri motivi che non sono questi ci renderà perdenti a vita, indipendentemente da quanto materialmente si è accumulato. Non posso non pensare al fatto che ho aspettato 46 anni prima di poter affrontare l’Empty Quarter”.
MAX CALDERAN è di origini venete, è un’atleta poliedrico, profondo conoscitore del Medio Oriente. L’esploratore, conosciuto come “Mahdi” dai beduini, detiene oggi quattordici prime mondiali di esplorazione desertica, tra le quali spicca l’attraversamento per 90 ore consecutive senza fermarsi in Oman lungo la linea del tropico del Cancro e i 360 km in 75 ore, percorsi in estate in Arabia Saudita.
Nel 2014 Al Jazeera ha prodotto il documentario “Figlio del Deserto” sulle sue imprese.
Il 2 febbraio 2020 entra nella leggenda delle esplorazioni attraversando in solitaria i 1.100 km del deserto di sabbia più grande al mondo: il Quarto Vuoto, il Rub’Al-Khali in Arabia Saudita, l’ultima frontiera inesplorata della Terra.