MANUALE DEL VINTAGE

MANUALE DEL VINTAGE

La moda non è solo questione di abiti, ma anche di storie che resistono al tempo. Ogni capo vintage racchiude in sé un frammento di memoria e un ricordo di epoche lontane che si intreccia con il presente.

In un’epoca dominata dalla velocità e dal consumismo riscoprire il passato attraverso la moda diventa un gesto non solo estetico, ma anche etico. Indossare un capo vintage significa abbracciare un’identità unica, costruire un dialogo tra ciò che è stato e ciò che sarà. Il vintage sta vivendo un periodo di grande interesse collettivo, è una scelta etica, estetica ed esclusiva, e sposa l’economia circolare, valorizzando l’unicità. “Ogni capo che scegliamo ha una storia, indossare un abito d’altri tempi non significa solo optare per qualcosa di bello, ma immergersi in una narrazione che continua. È questo che cerco di trasmettere con il mio lavoro e il mio libro”, afferma Francesco Salamano.

Il riferimento è al suo Manuale di moda maschile Vintage, edito da Demetra. Una guida che non si limita a dare consigli di stile, ma invita il lettore a esplorare l’essenza di una moda che non si consuma con il tempo. Il libro offre un affascinante viaggio nel mondo del vintage maschile. Una guida pratica per scoprire, scegliere e indossare capi iconici, raccontando la storia e la curiosità che si celano dietro di essi.

 

Cosa l’ha spinta a scrivere il Manuale di Moda Maschile Vintage?

Mi ha spinto la mia passione per la moda maschile e per il vintage, che mi ha portato a diventare negli anni un collezionista. Sono stato mosso anche dal mio grande interesse per la cultura pop. Desideravo creare un libro che fosse anche pratico, che quindi orientasse le persone interessate a questo mondo e insegnasse a vestire vintage in modo contemporaneo.

Quali sono gli aspetti del vintage maschile che considera più affascinanti?

Il fascino del vintage è legato alla memoria e a tutti i personaggi che nel tempo hanno indossato certi capi rendendoli iconici.

Nel libro sottolinea il legame tra moda vintage, etica ed economia circolare. Come crede che il vintage contribuisca a promuovere la sostenibilità?

Il vintage contribuisce a promuovere la sostenibilità grazie al fatto che acquistando vintage si rimettono in circolo capi che altrimenti resterebbero negli armadi o che verrebbero gettati via. Inoltre grazie alla loro qualità superiore rispetto agli indumenti di oggi si evitano gli sprechi e gli acquisti compulsivi tipici del fast fashion.

Ci sono capi iconici che, secondo lei, non dovrebbero mai mancare nel guardaroba di un gentleman?

Pensando ai capi classici direi il cappotto di cammello e il blazer. Poi sicuramente il jeans che è il pantalone più rivoluzionario di sempre, una giacca militare e infine un giubbotto di pelle, in questo caso non posso non citare il chiodo.

Nel libro menziona riferimenti culturali come musica, letteratura e cinema. Come questi elementi arricchiscono la narrazione della moda vintage?

Questi elementi arricchiscono la narrazione perché la moda vintage è stata creata grazie all’immaginario legato ad artisti, musicisti, attori e personaggi iconici che nel tempo hanno indossato certi capi segnando così anche delle epoche.

Quali sono i suoi consigli per chi desidera avvicinarsi al mondo del vintage, magari partendo da zero?

Sicuramente fare ricerca e capire da dove provengano certi capi, valutando le epoche e i personaggi a cui sono associati. Poi avere molto chiaro che un capo vintage, non essendo nuovo, ha dei fisiologici difetti che derivano dal tempo e che allo stesso modo ne conferiscono però il suo vero fascino.
Infine consiglio di interpretare il vintage senza perdere il proprio stile, andando così ad arricchirlo.

Ha un capo vintage a cui è particolarmente affezionato e che rappresenta per lei qualcosa di speciale?

Direi due: un giubbotto di lana degli anni 60 che mi fu regalato da mio suocero e la prima camicia di jeans che mi comprai a 15 anni.

Come vede l’evoluzione dello stile maschile contemporaneo rispetto al passato? Pensa che il vintage abbia influenzato il gusto moderno?

Assolutamente si. Teniamo presente che la moda formale maschile contemporanea fa ancora riferimento a quella che è chiamata la golden age, ovvero gli anni 30 del secolo scorso e che i fondamenti del casual hanno origini antiche perché derivano da capi funzionali pensati ai tempi per il lavoro, lo sport e le divise militari. Inoltre sempre di più le azienda stanno investendo nella ricerca degli archivi segno che le ispirazioni al mondo vintage sono oggi molto forti.

Crede che ci sia una crescente attenzione verso il vintage perché oggi si preferisce comunicare la propria personalità piuttosto che seguire i marchi?

Credo che esistano entrambe le tendenze e mai come nel mondo di oggi ognuno debba seguire il proprio stile e le proprie inclinazioni.

A suo avviso, quali sono le differenze principali tra il vintage accessibile e quello più esclusivo?

Il vintage accessibile è più vicino al second hand, quindi a capi non troppo datati nel tempo o legati a brand specifici ma che meritano comunque una seconda vita. Il vintage esclusivo è invece strettamente legato al concetto temporale e alla difficoltà di reperire certi capi, specie se in buone condizioni, e anche ovviamente alle marche che ne definiscono già a monte il prezzo.

Quali luoghi o mercati consiglia per acquistare capi vintage,  in Italia e all’estero?

Ogni città più o meno grande ha mercatini o flairy market dedicati al vintage nei quali si possono trovare veri e propri tesori, sia in Italia che all’estero. Tra i più famosi ci sono il mercato Chatuchak di Bangkok, quello di Pasadena in California e il mercato di Waterloo Plain ad Amsterdam.

La moda vintage può essere considerata una forma di racconto culturale e sociale? Se sì, in che modo?

Lo è assolutamente perché la moda vintage trae ispirazione da tutta la cultura pop in genere. Proprio per questo motivo nel mio libro ho abbinato a ogni capo della mia collezione un riferimento culturale legato al cinema, alla musica, alla letteratura o personaggi iconici che mi hanno ispirato. Inoltre, i capi vintage sono spesso lo specchio della società nella quale sono stati indossati.

C’é un capo vintage che sarà sempre di moda?

Sicuramente il jeans non passerà mai di moda perché ha attraversato intere generazioni, movimenti culturali e tribù metropolitane senza perdere mai la sua essenza e rimanendo nell’armadio di tutti noi.

La visione di Salamano non si ferma agli abiti, infatti, vede ogni elemento, dagli accessori agli oggetti d’uso quotidiano, come parte di un mosaico più grande. “Un orologio d’epoca o un vecchio Borsalino raccontano altrettanto quanto un buon completo. Sono frammenti di vite che oggi possiamo riportare alla luce”.

Salamano, esperto e collezionista di lunga data, con il suo manuale ha saputo trasformare la sua passione in un punto di riferimento per chi desidera riscoprire un modo di vestire autentico.

Con lui è come aprire un baule pieno di tesori. Ogni dettaglio che cita, che sia una giacca a doppio petto degli anni ’40 o un paio di scarpe inglesi lucidate a mano, porta con sé immagini di epoche lontane. Ma dietro l’estetica, c’è un messaggio profondo che sintetizziamo con una sua frase: In un mondo sempre più frenetico e usa e getta, guardare indietro può essere un gesto rivoluzionario. La qualità di ieri insegna a scegliere meglio oggi.

Cristiano Gassani

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LA VENDETTA DEGLI DEI: LA VOCE DI CLITENNESTRA NEL NUOVO ROMANZO DI HANNAH LYNN

LA VENDETTA DEGLI DEI: LA VOCE DI CLITENNESTRA NEL NUOVO ROMANZO DI HANNAH LYNN

“Clitennestra. Ricordate questo nome, quando pensate al perché siamo qui oggi. Non è un’ombra, una figura lontana. Era una donna reale. Una madre”.

Appassionati di mitologia greca (come la sottoscritta) e non, a rapporto! La vendetta degli dei (A Spartan’s Sorrow) è il romanzo di Hannah Lynn, edito da Newton Compton e in libreria dal 7 marzo 2022. I retelling dei miti greci sono un filone narrativo in voga, soprattutto negli ultimi anni. Per citarne alcuni: La canzone di Achille e Circe di Madeleine Miller, ma anche Il canto di Penelope di Margaret Atwood e Il silenzio delle ragazze di Pat Barker. Abbiamo visto le storie più famose della mitologia con gli occhi di Briseide, di Penelope e di Patroclo, ma mai con quelli di Clitennestra.

Chi è quest’ultima? Molti di voi la ricorderanno come la moglie di Agamennone, alcuni sapranno persino che è la sorella di Elena – sì, proprio lei, la bellissima Elena, causa scatenante della guerra di Troia –, e quasi tutti conosceranno la spietata crudeltà che l’ha portata a uccidere Agamennone al suo ritorno dalla guerra, affiancata in questo omicidio dall’amante Egisto. Sarà Oreste, il figlio di Clitennestra e Agamennone, a vendicare la morte di quest’ultimo uccidendo la madre.

Il ritratto di Clitennestra che emerge non è mai lusinghiero: “La figura più cattiva della mitologia greca”, si è detto di lei, “perfido mostro”, l’aveva definita Agamennone. Ma è davvero così? Cosa si cela dietro le azioni di questa donna tanto criticata, sebbene di lei si sappia così poco? Hannah Lynn risponde a queste e a molte altre domande nel suo romanzo, permettendo finalmente a Clitennestra di parlare con la sua voce, mettendoci a parte di una vita vissuta all’ombra del marito, facendoci entrare con delicatezza nel cuore di una donna che, prima ancora di essere la moglie di Agamennone, la sorella di Elena, la regina di Micene, l’amante di Egisto, è innanzitutto una madre.

Spartana di nascita, addestrata sin da piccola alle arti della guerra, prima di conoscere Agamennone, Clitennestra sposa Tantalo, da cui ha un bambino, Alessandro. Né il marito né il figlio sopravvivono all’avidità e alla cattiveria di Agamennone, che li uccide entrambi e porta Clitennestra con sé, facendola diventare la propria sposa. Così, Clitennestra si vede strappare il primo figlio dalle braccia; ma quando Agamennone le porta via anche l’amata Ifigenia, sacrificandola alla dea Artemide per permettere alle navi di partire per Troia, qualcosa si spezza dentro di lei e la regina capisce che da quel momento vivrà soltanto per proteggere i figli che le rimangono dalla crudeltà di Agamennone: Oreste, Elettra e Crisotemi.

“Non sono pazza. Agamennone non sarà soddisfatto fino a quando non mi avrà strappato dal cuore ogni briciolo di felicità. Prima Tantalo e Alessandro, poi Ifigenia. E ogni notte, riesco solo a pensare a quale sarà il prossimo figlio che mi porterà via”.

Così, dopo Il segreto di Medusa, in cui ha gettato luce sulla storia della tanto temuta Gorgone che trasforma gli uomini in pietra con il potere del suo sguardo, Hannah Lynn ci regala il ritratto di un’altra figura incompresa, dell’ennesima donna che si è smarrita nelle pieghe del mito in cui a farla da protagonisti sono sempre gli uomini.

E in fondo La vendetta degli dei è prima di tutto questo, una sorta di manifesto femminista dolorosamente attuale, un confronto implacabile tra la condizione della donna e quella dell’uomo, che ci ricorda, con uno stile lucido e che non scende a compromessi, quanto sia difficile che una donna possa essere “al riparo dall’ingiustizia del mondo”. Ieri come oggi.

Hannah Lynn (1984) è nata e cresciuta in Inghilterra. Il segreto di Medusa è diventato un bestseller alla sua prima uscita ed è in corso di traduzione in numerosi Paesi. La vendetta degli dei è il secondo volume della serie Greek women.

Eugenia Dal Bello

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LA CORRISPONDENZA DI LUCREZIA ROSPIGLIOSI

LA CORRISPONDENZA DI LUCREZIA ROSPIGLIOSI

“Tutto è iniziato il giorno in cui mi sono trovata a dover scrivere a un suora: non avevo alcuna idea di come farlo, e in pochi hanno saputo aiutarmi”, spiega Lucrezia Rospigliosi che, spinta da questa esigenza e dovendo scrivere molte lettere, non riusciva a trovare un manuale cui fare riferimento. E allora il manuale se lo è fatto da sé, e poi ha deciso di pubblicarlo. Nasce così Piccolo manuale di corrispondenza, nella collana “Celebrare è vivere”, della casa editrice Tau, in cui si considerano gesti e linguaggi che, nella loro ripetitività, assumono il carattere del rito.

Si tratta di un vero e proprio compendio di savoir-faire con regole, trucchi e consigli per chi si troverà a redigere buste e messaggi: su carta ma anche virtuali, assecondando la nuova netiquette.

“Ho riunito nel piccolo manuale le regole e le informazioni che mi sono state chieste finora, alcune sembreranno desuete. Ma mai come adesso, con l’avvento di Internet, si è tornati a comunicare per iscritto”. E così Lucrezia Rospigliosi spiega come rivolgersi a un sindaco o a un prete, ma anche al Papa, a personalità politiche, forze armate, accademici, a un ambasciatore o persino a un re. Qualche idea? Dimenticare il forbito “Sua Eccellenza” nei riguardi di un ambasciatore: ritenuto troppo elitario, resta in uso solo per il Vaticano. Mentre, assecondando le ultime tendenze, “Signora Sindaca” è ben accetto solo per la stampa: secondo l’autrice il ruolo istituzionale non ha genere.

Nel manuale anche aneddoti e piccole “chicche”: dalla scoperta delle prime buste risalenti già ai tempi dei Sumeri, alla cancelleria degli Sforza, invidiata da tutta Europa. Esempi di partecipazioni, inviti, ringraziamenti… E poi usi e costumi quasi dimenticati come l’invio di quei cartoncini a lutto dal bordo nero per ringraziare amici e parenti, dopo aver ricevuto messaggi di condoglianze, che tanti tipografi non stampano più.

“Scrivere una lettera è uno dei più antichi strumenti di comunicazione, ma anche il più difficile e insidioso… Ricordate che le lettere si conservano e molto spesso ci sopravvivono, perciò è meglio lasciare di sé un ricordo piacevole e costruttivo” si legge nelle pagine del Manuale. “Vale per ogni messaggio, poco importa che si voglia comunicare qualcosa, complimentarsi o persino protestare: qualsiasi dettaglio è importante, perché verrà firmato con il nostro nome”, aggiunge poi Lucrezia, nel suo ruolo di esperta un po’ per indole e un po’ per passione. Disegnatrice di gioielli, nata a Roma da una famiglia italo-inglese e cresciuta a Parigi, fin da bambina ha vissuto in mezzo ai libri grazie a un padre bibliofilo e a un nonno, Guglielmo Rospigliosi, che fu scrittore, giornalista ed esperto vaticanista.

Clementina Speranza

 

UNA CAMMINATA CON “PIETRE D’APPENNINO”

UNA CAMMINATA CON “PIETRE D’APPENNINO”

“Ci sono mille angoli che ci sfuggono per fretta o per quotidiana disattenzione; ci sono cose che semplicemente ignoriamo: le piante, gli animali, le pietre… ciò che mi interessa raccontarti, nei prossimi giorni di cammino, è che lo spazio non è tutto. C’è anche il tempo”. Scrive così Alessandro Vanoli nel suo libro “Pietre d’Appennino”, edito da Ponte alle Grazie in collaborazione con il Club Alpino Italiano (CAI) e in libreria da settembre.

“… È tutta una questione di tempo se ci pensi bene. Il camminare intendo. Non so perché i camminatori scrivano tanto, ma in tutti quei libri sulle strade percorse a piedi, c’è sempre in primo luogo un riferimento alla lentezza:  ‘camminare dà un senso di libertà’, ho letto in un libro di Erlin Kagge (uno che ha raggiunto a piedi il Polo Sud!),  ‘camminare è contrario a tutto quel che spinge veloce. Quando cammino tutto si muove più lentamente, il mondo sembra ammorbidirsi’ ”.

L’Appennino non ha la maestosità delle Alpi, né la tragica grandezza delle catene montuose asiatiche. La sua dimensione è familiare, ti si raccoglie intorno come una casa. E di una casa ha le caratteristiche: gli ambienti conosciuti, i ricordi, i vecchi oggetti di sempre. La dimensione dell’Appennino raccontato da Alessandro Vanoli è memoria storica e personale: le pietre che costruiscono letteralmente lo spazio e il tempo del cammino, con gli alberi, i fiumi, i luoghi abitati o abbandonati; gli appuntamenti con gli amici a illuminare quel certo tratto di strada e l’apparizione dei personaggi che vi hanno vissuto; l’intrecciarsi dei corsi d’acqua che vanno verso il Reno, l’Old Man River che contiene la grande Storia e le piccole storie che Vanoli ci mette, casualmente, sul cammino. E dappertutto, a fermarti e farti pensare: le Pietre, tema e motore del libro. Erano lì ai tempi degli etruschi, e i romani le hanno spostate per farci passare la via Flaminia. Hanno visto i mercanti di lana e di seta, e poi gli uomini della Seconda guerra mondiale, e i turisti sulla Via degli Dèi…

L’Appennino di Vanoli gira attorno a Bologna, in un percorso che dalla chiesa di San Luca passa da Sasso Marconi e Vergato, Roncobilaccio e Porretta. “Ah Porretta! L’odore di bosco e di legna del camino! Il tempo di uscire dalla stazione e già possiamo stare tranquilli che la strada non è persa: il Reno è lì che ci aspetta, che scorre sotto un ennesimo ponte”.

Alessandro Vanoli è storico e scrittore, ha insegnato e fatto ricerca in numerosi atenei e da qualche anno si dedica in modo esclusivo alla scrittura e alla divulgazione. Tra i suoi libri ricordiamo: Quando guidavano le stelle (2015); Storie di parole arabe (2016); La via della seta (con Franco Cardini, 2017); Inverno (2018); Strade perdute (2019).

EMME22

 

MONICA PRIORE, L’ATLETA CHE SFIDA IL DIABETE

MONICA PRIORE, L’ATLETA CHE SFIDA IL DIABETE

Monica Priore, un’atleta del nuoto di gran fondo di origini pugliesi, è la prima al mondo con diabete di tipo 1 a essere riuscita ad attraversare a nuoto lo stretto di Messina, nel 2007. Ed è proprio la storia della sua intensa vita a venir raccontata dal giornalista sportivo Luca Gregorio in Io ti sfido. Monica Priore, il delfino che imparò a volare, edito da Agapantos.

Il volume è stato presentato alla sala stampa della Camera dei deputati, in occasione di un evento organizzato dall’Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete, con il contributo di Novo Nordisk, nell’ambito del progetto “Insulin 100” e del programma Changing Diabetes. Tra gli ospiti, la Senatrice Paola Boldrini, Presidentessa Intergruppo Parlamentare sulla cronicità, l’On. Roberto Pella, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete, e Federico Serra, Government Affairs &External Relation Director Novo Nordisk.

Monica aveva appena cinque anni quando le era stato diagnosticato il diabete mellito di tipo 1, e da allora la sua vita è irrimediabilmente cambiata.  Lei “ne ha patito i colpi, le bordate, gli attacchi giocando sempre in difesa, arroccata intorno alle sue poche certezze: suo fratello Enzo, i suoi genitori, il medico di fiducia e soprattutto la sua voglia di riscatto”.

È stata una combattente sin dall’inizio, e la determinazione si è presto trasformata in un sentimento di collera sfociato in “una rabbia costruttiva rivolta unicamente contro la malattia e il suo esserne vittima”. Monica ha scelto di sfidare il diabete, e lo ha fatto compiendo eccezionali imprese sportive: nel 2010, per esempio, ha percorso a nuoto i ventuno chilometri che separano Capri da Meta, nel Golfo di Napoli; nell’estate del 2015, ha preso parte al Giro d’Italia a nuoto. I suoi sforzi sono stati coronati quando, nel 2017, il presidente Sergio Mattarella le ha consegnato l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica “per la testimonianza dell’importante contributo dello sport nel superamento dei limiti derivanti dalla malattia”.

“Utilizzo le imprese estreme per dare dei segnali forti, ma non per questo posso lasciare tutto al caso, perché l’autocontrollo del diabete è di fondamentale importanza – spiega Monica Priore –. Quello che dico sempre ai miei colleghi diabetici è che il diabete può essere gestito, bisogna averne cura e tenerlo sotto controllo, una volta riusciti in questo si può andare ovunque”.

E segnali forti Monica ne ha dati tanti: a luglio 2017 ha realizzato il progetto “DOLCE MARE”, facendo sì che, per la prima volta in Italia, un gruppo di 30 giovani diabetici pugliesi, guidati da lei, nuotassero nelle acque del mar Adriatico: una traversata simbolica per affermare con forza che i diabetici di tipo 1 non smettono di lottare per un futuro migliore.

Nel 2019 ha completato il tour “FaVoliamo con Denny”, un viaggio in sedici pediatrie italiane che le ha permesso di incontrare piccoli pazienti e infondere loro speranza tramite la metafora del delfino alato che spicca il volo superando tutti gli ostacoli.

Tra il 2020 e il 2021 ha collaborato con l’ASL di Brindisi e con l’associazione AGD Delfini Messapici dando vita a un ambulatorio dedicato esclusivamente al diabete T1 nell’età adulta, per permettere ai diabetici della provincia di avere sempre un punto di riferimento nella lotta contro la malattia.

Insomma, “una bracciata dopo l’altra, un metro dopo l’altro, un traguardo dopo l’altro”, questa coraggiosissima nuotatrice ha sfidato la malattia e, soprattutto, ha aiutato gli altri a fare lo stesso.

“In una sfida puoi vincere o puoi perdere. Sono le regole del gioco, sono le regole della vita – afferma Monica Priore . Il tuo avversario ti studia, ti provoca, cerca di intimorirti giorno dopo giorno, per mesi, per anni. Poi, una mattina ti svegli e decidi che adesso basta, ora vediamo chi è il più forte…”

Eugenia Dal Bello