LA 30ª EDIZIONE DELLA PARTITA DEL CUORE

LA 30ª EDIZIONE DELLA PARTITA DEL CUORE

È un paracadutista dell’Esercito Italiano, lanciatosi e atterrato in campo, a portare il pallone col quale si giocherà. Mentre a un altro è stata affidata la nostra bandiera che sventolava in volo.

Il suono di un violino intona l’inno di Mameli, e poi un minuto di raccoglimento in ricordo delle vittime della funivia caduta a Verbania.

Siamo all’Allianz Stadium di Torino e, a sfidarsi: la Nazionale Italiana Cantanti, capitanata da Enrico Ruggeri e i Campioni per la Ricerca, capitanati da Andrea Agnelli. Obiettivo? Raccogliere fondi a sostegno dell’Istituto di Candiolo, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus presieduta da donna Allegra Agnelli. Tra i volti noti scesi in campo in una staffetta di solidarietà, anche Briga, Alberto Urso, Bugo, Raoul Bova, Maicon, Franck Ribéry, Massimiliano Allegri, Nelson Dida, Pavel Nedved, Gigi Buffon, Francesco Totti, Marco Storari, i piloti della Ferrari Charles Leclerc e Carlos Sainz. A iniziare la partita con la maglia dei Campioni per la Ricerca sarà, in bianconero, la formazione delle Juventus Women e 1° gol del vantaggio con colpo di testa di Cristina Girelli, con Dida tra i pali.

Successo finale per i Campioni per la Ricerca, allenati da Siniša Mihajlović, per 7-5 contro la Nazionale Cantanti allenata da Fabio Capello.

A fine partita, poi, l’abbraccio tra Massimiliano Allegri e Andrea Pirlo, immortalato anche dai fotografi.

Siamo onorati di poter sostenere un progetto volto alla ricerca contro il Cancro, ancora causa di circa 10 milioni di decessi all’anno in tutto il mondo, attraverso un appuntamento storico e al fianco di campioni che non si risparmiano diventando un grande esempio sociale”, afferma Cinzia Falasco Volpin, General Manager di Zentiva Italia. Zentiva, azienda farmaceutica e produttrice di prodotti di automedicazione, ha sostenuto quest’evento che unisce sport e solidarietà diventando Main Sponsor della “Partita del Cuore”, giunta alla sua 30edizione.

La partita, trasmessa per la prima volta in esclusiva sulle reti Mediaset, in prima serata su Canale 5, è stata condotta da un’impeccabile Federica Panicucci.

LA STORIA DELLA NAZIONALE CANTANTI

La Nazionale Cantanti è nata nel 1981, da un’idea di Mogol, per sostenere cause benefiche. Nella primissima formazione della squadra ha giocato anche Lucio Battisti. La prima Partita del cuore della Nazionale Cantanti si è disputata nel 1991 all’Arena di Milano con più di 83 mila persone sugli spalti. Negli anni, la squadra ha dato in beneficenza oltre 100 milioni di euro. All’evento, che si è trasformato in un tradizionale e annuale appuntamento televisivo, hanno preso parte (in campo o in tribuna), tantissimi personaggi di spicco dello spettacolo (Richard Gere, Sean Connery), del calcio (Pelè, Maradona, Zinedine Zidane, Roberto Baggio), della musica (Rod Stewart, Liam Gallagher), dello sport (Michael Schumacher, Valentino Rossi) e anche della politica: la scena di Gianfranco Fini che applaude a un gol di Massimo D’Alema ha fatto il giro del mondo. In tribuna hanno presenziato personaggi quali Michail Gorbaciov e il Dalai Lama, grande sostenitore della Nazionale Cantanti. È rimasto negli annali l’incontro, l’ultimo, (alla Partita del Cuore del 2000) tra il Presidente dello Stato d’Israele, Shimon Peres, e il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat. “La Partita del Cuore” della Nazionale Italiana Cantanti ha oltrepassato spesso i confini nazionali giungendo anche in Inghilterra, Russia, Romania, Ungheria, Polonia, Ucraina, Israele, Iraq, e perfino a Sarajevo, durante la guerra dei Balcani.

Clementina Speranza

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ADDIO AL GRANDE MARADONA

ADDIO AL GRANDE MARADONA

Quando tutto lo stadio si aspettava l’urlo d’inizio dell’Haka, la danza rituale neozelandese, Sam Cane, il capitano degli All Black, nel silenzio totale che solo il pubblico del rugby sa rispettare, si è diretto a centro campo e, di fronte alla squadra dei Pumas argentini abbracciati, ha deposto a centrocampo la maglia nera col numero 10 e con il nome di Maradona. Questo testimonia una volta di più la trasversalità di emozioni che la scomparsa del “pibe de oro” ha lasciato in tutto il mondo del calcio e dello sport.

Se ha colpito la sensibilità di una nazione come la Nuova Zelanda, dove un pallone è sempre ovale, ancor più la scomparsa di Diego Armando Maradona ha scosso e turbato il suo paese natale, l’Argentina, e la sua patria acquisita Napoli.

Maradona ha raggiunto la sua massima fama, anche nella nazionale argentina, quando viveva e giocava in Italia, quando tutti guardavano alla Serie A come al più importante campionato d’Europa. Chi ha potuto vederlo dal vivo, com’è capitato a me, ricorda la magia delle movenze, le giocate inaspettate e geniali, mai fini a se stesse ma funzionali ai compagni e alla partita. Certo, memorabili sono rimasti palleggi funambolici, gol impossibili, ma quel che risulta nei racconti e nell’emozione di tutti è un uomo generoso e altruista, che non si è mai lamentato in campo per i colpi subiti. Giocava, e rispettava gli avversari.

In questi giorni, compagni, avversari, allenatori e giornalisti hanno fatto a gara per raccontare aneddoti, storie, episodi che descrivono il più forte giocatore del mondo, uguale a Pelé o meglio ‘e Pelè, come una persona sensibile, umile e disinteressata. Più di un ex compagno ha rammentato come si fosse posto quale latore di rivendicazioni salariali presso i dirigenti, o come ricordasse qualche giovane riserva con cui aveva giocato solo un paio di volte, incontrandola a distanza di anni. Maradona si è sempre scontrato con i vertici della Fifa e dell’Uefa, cosa che non ha certo guadagnato favori arbitrali all’Argentina, in particolar modo nella finale dei mondiali italiani del ’90 contro la Germania, decisa da un rigore dubbio, o in occasione della squalifica per doping negli U.S.A. nel ’94.

Iconica per tutti i tifosi rimane la vittoria del Mondiale del ’86 in Messico con i mitici quarti di finale contro l’Inghilterra, dove Maradona prima segnò grazie all’astuta e ribalda “mano de dios”, e tre minuti dopo confezionò “il gol del secolo”  con un’azione che saltò mezza squadra inglese.

Maradona era napoletano nei modi, nel carattere, e anche nell’aspetto da scugnizzo tutto anema e core.  Nel bene e nel male. Non si può scindere Diego da Maradona, la persona dal personaggio, l’uomo dal campione, la squadra dalla città. Si conoscono debolezze e vizi, peccati e colpe di Diego, che da umilissimi natali, grazie a un dono incredibile e a un fisico robusto ed elastico, è diventato Maradona, il più grande calciatore del mondo. L’emozione che pervade Napoli in questi giorni, viva, palpabile, è la conseguenza del lutto di chi ha perso un figlio.

Fabio Conte

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