OLIVIERO TOSCANI: PROFESSIONE FOTOGRAFO

OLIVIERO TOSCANI: PROFESSIONE FOTOGRAFO

“In questa mostra non c’è sequenza, non c’è ordine cronologico, non c’è logica. Più che in un’esposizione pare di entrare nella mente di Oliviero Toscani, in un flusso infinito di un uomo che ha cambiato la storia della fotografia. E allora a Palazzo Reale va in scena un grande show, con centinaia di fotografie stampate su manifesti (gli stessi che si usano per le affissioni stradali) incollati alle pareti”, afferma Nicolas Ballario, curatore della mostra.

La mostra di OLIVIERO TOSCANI si è inaugurata il 24 giugno a Palazzo Reale. S’intitola Professione fotografo”, vuole essere un omaggio ai suoi 80 anni ed è la più grande esposizione mai dedicata in Italia al grande fotografo. Propone 800 scatti di Toscani e presenta al pubblico tratti iconici del suo lavoro e opere meno conosciute, raccontando la carriera di un uomo, dallo sguardo geniale e provocatorio, che negli anni ha influenzato i costumi di diverse generazioni e fatto discutere il mondo sui temi più disparati.

“È come se fosse un grande murales, ho cercato di spiegare che le mura espositive di palazzo reale che solitamente mostrano cose importanti e hanno cornici e chiodi dorati, vetri di cristallo e telecamere puntate sulle opere, sono state trasformate in mura da strada – spiega Oliviero Toscani –. Ho fatto incollare le mie foto, le copertine, come fosse un grande manifesto, un’unica grande affissione. È divisa più o meno per temi. Anche per me molti temi si accavallano: per me non esiste la fotografia della pubblicità, di moda, di design, di architettura.  Esistono situazioni che mi interessano e che fotografo perché sono testimone del mio tempo”.

Professione fotografo raccoglie i lavori realizzati dai primi anni ’60 fino a oggi: immagini e campagne pubblicitarie che lo hanno reso noto e riconoscibile in tutto il mondo nonostante la mancanza di un logo commerciale, perché da sempre la sua caratteristica è quella di usare il mezzo pubblicitario senza mostrare il prodotto, rendendo quindi la sua fotografia applicabile alla comunicazione di qualunque brand.

Definito “pubblicitario” da larga parte del pubblico e della critica, la sua storia e il suo lessico dicono una cosa molto diversa: Oliviero Toscani è un fotografo, un artista convinto che è nella sua massima diffusione che si manifesta l’ efficacia di un messaggio. “Essere pubblicato da un grande marchio vuol dire avere la possibilità da reporter di essere pubblicato su tutti i giornali del mondo lo stesso giorno – afferma Oliviero Toscani –. Un grande reporter, se lavora per LIFE o qualsiasi altro giornale, è pubblicato solo su un magazine. E lì che ho capito che la pubblicità è un mezzo molto interessante per la fotografia di comunicazione e di reportage. Invece di uscire con i maglioncini rossi sono uscito con le foto a tema AIDS perché ho capito che ai giovani interessava più questo. Ed è questa la professione del fotografo! Non è quindi quella di addetto alla macchina fotografica e di esecutore dell’immagine che gli ordinano di fare, il vero professionista è colui che ha un punto di vista del suo momento storico, che si esprime verso personaggi, luoghi, oggetti, materiali…”.

Tra gli scatti in mostra, il famoso manifesto Jesus Jeans ‘Chi mi ama mi segua’, Bacio tra prete e suora del 1992, i Tre Cuori White/Black/Yellow del 1996, No-Anorexia del 2007 e moltissimi altri, ma anche le immagini realizzate per la moda (da Donna Jordan a Claudia Schiffer, fino a quelle di Monica Bellucci) e addirittura quelle del periodo della sua formazione alla Kunstgewerbeschule di Zurigo. Anche decine di ritratti di personalità che hanno “cambiato il mondo”, come Mick Jagger, Lou Reed, Carmelo Bene, Federico Fellini, Giorgio Armani, Oriana Fallaci e i più grandi protagonisti della cultura dagli anni ’70 in poi. E ancora, il progetto Razza Umana, con il quale Oliviero Toscani ha solcato centinaia di piazze in tutto il mondo per fotografare chiunque lo desiderasse, dando vita, con oltre 10.000 ritratti, al più grande archivio fotografico esistente sulle differenze morfologiche e sociali dell’umanità. “Ho fotografato decine di migliaia di facce sconosciute, in giro per il mondo – racconta Toscani –. Non faccio i ritratti della gente, ma mi faccio fotografare da chi fotografo. Davanti alla mia macchina metto gente sconosciuta, gli chiedo di guardarmi, di capire chi sono. E se guardate bene quelle foto, non vedrete foto tessere, ma volti di gente inquisitoria. Ho cercato di togliere i virtuosismi della fotografia e i formalismi estetici: la lucina, il controluce. Sono fotografie dirette dove chi è fotografato ci guarda profondamente e nessuno sorride”.

La mostra Professione fotografo è promossa dal Comune di Milano-Cultura, ed è prodotta e organizzata da Palazzo Reale e Arthemisia. “Moda, pubblicità, cultura, editoria, nuovi media sono tutti strumenti che Oliviero Toscani ha utilizzato per parlare dei problemi del mondo, non perdendo mai i fini attraverso i mezzi. Nelle sale di Palazzo reale troverete le sue immagini più iconiche e lavori meno conosciuti”, conclude Nicolas Ballario.

Oliviero Toscani è nato a Milano nel 1942, figlio del primo fotoreporter del Corriere Della Sera. “Sono nato in mezzo all’informazione – afferma –. E ho capito che quel reportage lì stava per finire perché c’era la televisione.  Finita la scuola anche io ho cominciato a fotografare, ricordo uno dei primi servizi era per l’Europeo, nel 1963, era il rapporto clero e mafia in Sicilia. Studiavo ancora ma i giornalisti mi portavano con loro per scattare le foto di reportage, forse perché costavo poco.  Ma allo stesso tempo fotografavo l’espressione della mia generazione: il rock and roll, la moda, le minigonne, il design, le cose che interessavano la società. E lì ho capito che quello era il nuovo reportage e anche i fotografi dovevano avere più fantasia, più idee, bisognava costruire la fotografia. E sono arrivati i fotografi come Richard Avedon, Irving Penn che hanno cambiato la percezione dell’immagine”.

Toscani ha studiato fotografia e grafica all’Università Delle Arti di Zurigo dal 1961 al 1965. Conosciuto internazionalmente come forza creativa dei più famosi giornali e marchi del mondo, autore di immagini corporate e campagne pubblicitarie per Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Prenatal, Jesus, Inter, Snai, Toyota, Ministero del Lavoro, della Salute, Artemide, Woolworth e altri. Tra gli ultimi progetti: la collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Salute, con la Regione Calabria, con la Fondazione Umberto Veronesi, e alcune campagne di interesse e impegno sociale dedicate alla sicurezza stradale, all’anoressia, alla violenza contro le donne, e contro il randagismo. Come fotografo di moda ha collaborato e collabora tuttora per giornali come Elle, Vogue, GQ, Harper’s Bazaar, Esquire, Stern, Liberation e molti altri nelle edizioni di tutto il mondo. Dal 1982 al 2000, ha creato l’immagine, l’identità, la strategia di comunicazione e la presenza online di United Colors of Benetton, trasformandolo in uno dei marchi più conosciuti al mondo. Nel 1990 ha ideato e diretto Colors, il primo giornale globale, e nel 1993 ha concepito e diretto Fabrica, centro di ricerca di creatività nella comunicazione moderna. Dal 1999 al 2000 è stato direttore creativo del mensile Talk Miramax a New York diretto da Tina Brown.

Toscani è stato uno dei fondatori dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, ha insegnato comunicazione visiva in svariate università e ha scritto diversi libri sulla comunicazione. Dopo quasi cinque decadi di innovazione editoriale, pubblicità, film e televisione, ora si interessa di creatività della comunicazione applicata ai vari media, producendo con il suo studio progetti editoriali, libri, programmi televisivi, mostre ed esposizioni.

Nel 2007 Oliviero Toscani inizia Razza Umana, progetto di fotografia e video sulle diverse morfologie e condizioni umane, per rappresentare le espressioni, le caratteristiche fisiche, somatiche, sociali e culturali dell’umanità, toccando più di 100 comuni italiani, lo Stato di Israele, la Palestina, il Giappone e per le Nazioni Unite, il Guatemala. Da quasi trent’anni è impegnato al progetto: Nuovo Paesaggio Italiano, contro il degrado del territorio. I suoi lavori sono stati esposti alla Biennale di Venezia, a San Paolo del Brasile, alla Triennale di Milano e si trovano nei musei d’arte moderna e contemporanea di tutto il mondo.

Oliviero Toscani ha avuto numerosi riconoscimenti, tra cui: quattro Leoni d’Oro, il Gran Premio dell’UNESCO, due volte il Gran Premio d’Affichage, e numerosi premi degli Art Directors Club di tutto il mondo. È stato vincitore del premio “Creative hero” della Saatchi & Saatchi. L’Accademia di Belle Arti di Urbino gli ha conferito il premio “Il Sogno di Piero” e ha ricevuto dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze il titolo di Accademico d’Onore.

L’artista è socio onorario del Comitato Leonardo e della European Academy of Sciences and Arts.

Clementina Speranza

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LE SIGNORE DELL’ARTE E LA PASSIONE DI RICOLA, LA CARAMELLA SVIZZERA

LE SIGNORE DELL’ARTE E LA PASSIONE DI RICOLA, LA CARAMELLA SVIZZERA

Si chiama “Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ’500 e ’600” ed è una mostra tutta al femminile. L’obiettivo è esplorare l’universo “donna” in tutte le sue sfumature, in linea con il palinsesto I talenti delle donne, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano.

C’è Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio, la cui arte rivaleggia con quella dei pittori dell’epoca. È la prima donna accolta all’Accademia delle arti del disegno, un prestigioso riconoscimento. Ottiene importanti commissioni dalle famiglie fiorentine (Medici compresi), stringe amicizia con Galileo Galilei, che nutre per lei grande stima, e con Michelangelo Buonarroti il giovane, il quale le commissiona una tela per celebrare il suo illustre antenato e intrattiene con lei una corrispondenza. Per l’accusa di stupro subita si è sottoposta a diverse visite mediche e ha anche accettato un interrogatorio sotto tortura (per questo ha rischiato di perdere le dita, danno incalcolabile per una pittrice della sua levatura) volto a verificare la veridicità delle sue dichiarazioni.

C’è la cremonese Sofonisba Anguissola, protagonista nella vita artistica delle corti italiane data anche la sua competenza letteraria e musicale. È citata nelle “Vite” di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva avesse talento. Era stato il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c’era anche “Fanciullo morso da un gambero”, nel quale la giovane artista aveva colto l’espressione del dolore infantile, che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio. Nel 1559, Sofonisba approda alla corte di Filippo II di Spagna come dama di corte della regina Elisabetta e diviene la ritrattista della famiglia reale fino alla morte della sua protettrice, nel 1568. Un ritratto di Elisabetta di Valois conservato al Museo del Prado è attribuito a lei. Nel 1573, l’Anguissola sposa il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferisce in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò, dove continua la sua attività di pittrice e dove lascia la tela Madonna dell’Itria.

C’è Lavinia Fontana che a 25 anni sposa il pittore Giovan Paolo Zappi alla sola condizione di poter continuare a dipingere, e fa poi del marito il proprio assistente. Chiamata a Roma dal nuovo papa Gregorio XIII, suo conterraneo, grazie a tale alta protezione esegue innumerevoli lavori per l’entourage della corte papale, nobiltà romana e rappresentanze diplomatiche, tanto da essere soprannominata “la Pontificia Pittrice”. Nonostante le undici gravidanze, la sua produzione è corposa: oltre ai numerosissimi ritratti di nobildonne, diplomatici e personalità d’ogni sorta, Lavinia dipinge un centinaio di pale d’altare (ne sopravvivono 30 firmate e 25 con attribuzione contrastata) e realizza diverse sculture di uomini in battaglia. In mostra con 14 opere, tra cui l’Autoritratto nello studio (1579) degli Uffizi, la Consacrazione alla Vergine (1599) del Muséedes Beaux-Arts di Marsiglia, e alcuni dipinti di soggetto mitologico di rara sensualità.

 

La mostra porta il visitatore alla scoperta di 34 artiste, dalla più nota Artemisia Gentileschi fino a quelle meno conosciute ma non meno importanti, che tra il ’500 e il ’600 hanno saputo infondere vitalità e creatività al femminile all’interno del panorama artistico dell’epoca. Attraverso le circa 130 opere esposte, provenienti da 67 prestatori differenti, nazionali e non, tra le quali vi sono opere mai esposte prima, i visitatori potranno scoprire non solo il talento artistico, ma anche le vicende personali che hanno portato le protagoniste della mostra a distinguersi nel contesto artistico culturale in cui hanno vissuto.

Figlie, mogli, sorelle di pittori, o a volte donne di religione: la mostra Le Signore dell’Arte presenta attraverso 5 sezioni la grande abilità compositiva di queste pittrici e, tramite il racconto delle loro storie personali, guarda al ruolo da loro rivestito nella società del tempo, al successo raggiunto da alcune di esse presso le grandi corti internazionali, alla loro capacità di sapersi relazionare, distinguere, affermare, trasformandosi in vere e proprie imprenditrici. La mostra pone in evidenza una costellazione di giovani talentuose che, seppur con storie e percorsi differenti, fanno comprendere come il ruolo delle donne acquisito nel corso del XVI e XVII secolo non è legato solo a episodi sporadici o straordinari, ma è un fenomeno che abbraccia tutta l’Italia. Ognuna delle loro storie è un racconto avvincente, che parla di viaggi attraverso l’Italia e l’Europa o di lunghe clausure, di percorsi interrotti precocemente o di vite quasi centenarie, di produzioni artistiche prolifiche o limitate, di comportamenti trasgressivi o condotte morigerate. Autoritratti volitivi come segno della consapevolezza del loro ruolo di artiste, ritratti di intensa penetrazione psicologica, eroine dell’antichità come esempi di ribellione e forza d’animo, figure storiche mitologiche e allegoriche, composizioni naturalistiche o simboliche di fiori, frutti e animali, scene religiose e mistiche che riflettono il complesso dibattito del tempo: ogni soggetto è accuratamente indagato dall’occhio attento delle artiste. I misteri della psiche, le virtù femminili, l’eroismo intimo e quotidiano, ma anche il pathos del tradimento, dell’inganno, del pentimento: tutti i sentimenti sono svelati attraverso una poetica pittorica intensa e partecipata. 

Organizzata da Palazzo Reale e da Arthemisia (azienda leader nell’organizzazione di grandi mostre), la mostra è promossa dal Comune di Milano, con il sostegno di Fondazione Bracco. L’azienda Ricola, partner della mostra, continua a sostenere Arthemisia e le sue iniziative offrendo anche i propri prodotti: i visitatori potranno infatti assaporare le note caramelle messe a disposizione del pubblico.

L’amore per l’arte è nel DNA di Ricola, proprio grazie alla sua famiglia fondatrice: la Ricola Holding AG, infatti, colleziona sin dagli anni Settanta arte contemporanea svizzera che espone negli edifici della sede del Gruppo Ricola. Nel corso del tempo si è creata così una collezione di notevole spessore qualitativo che comprende anche opere giovanili di artisti ormai affermati. La collezione vanta dipinti di Richard Paul Lohse, Max Bill, Camille Graeser e Verena Loewensberg, divenuti famosi col nome di “Zürcher Konkrete”, e riunisce in particolare svariati dipinti costruttivisti e teorici, fotografie e lavori su carta, nonché opere di matrice espressionista che hanno il corpo come protagonista. Fra le acquisizioni più importanti si contano opere, o gruppi di opere, firmate da Christoph Büchel, Jacques Herzog, Bruno Jakob, Karim Noureldin, Vaclav Pozarek, Shirana Shahbazi, Anselm Stalder e Erik Steinbrecher. La famiglia Richterich condivide la sua passione per l’arte con i dipendenti dell’azienda e con i visitatori esterni che possono partecipare a visite guidate presso la sede.

“Sostenere Arthemisia per noi è un atto di grande valore, ora più che mai, in un momento di ripartenza così delicato. Arte e cultura sono alla base del benessere dell’individuo, e portare il gusto di Ricola ai visitatori per noi significa dimostrare che l’azienda ha a cuore il consumatore a partire dalle attività di qualità che decide di svolgere nel tempo libero. Le mostre di Arthemisia ne sono un chiaro e riuscitissimo esempio”, afferma Luca Morari,  Amministratore Delegato Divita srl, azienda che dal 2006 si occupa della distribuzione dei prodotti Ricola in Italia.

La mostra è stata prorogata fino al  22 agosto 2021.

Clementina Speranza

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