FIRENZE CELEBRA SALVATORE FERRAGAMO

FIRENZE CELEBRA SALVATORE FERRAGAMO

Sono trascorsi cento anni da quando Salvatore Ferragamo, nel 1923, apre il primo negozio a Hollywood e diventa uno dei protagonisti della moda internazionale. Con il successo negli Stati Uniti, il giovane artigiano viene soprannominato il calzolaio delle dive in quanto la sua produzione inizia a diversificarsi in scarpe per il cinema, per il teatro, per il balletto. Ed è proprio tra calzature, bozzetti, 369 brevetti depositati, fotografie, opere d’arte e video che il Museo Ferragamo di Firenze celebra il fondatore della maison ripercorrendo tutta la sua vita, dalla nascita nel 1898 alla morte nel 1960, con la nuova mostra “Salvatore Ferragamo. 1898-1960” curata da Stefania Ricci.

La retrospettiva è molto di più di un’esposizione, è una vera bobina della memoria, un’indagine a ritroso suddivisa in diverse sale e ognuna racconta un aspetto differente della vita e della produzione Ferragamo. La raccolta d’informazioni, dati storici, documenti e oggetti, che sono il frutto di una ricerca durata 38 anni, permettono di tracciare un’esistenza che attraversa la prima metà del Novecento, tra due guerre e due mondi: l’Italia e l’America.

Il periodo americano, raccontato con fotografie, filmati e calzature originali, inizia nel 1923 quando Salvatore Ferragamo sceglie un locale in Hollywood Boulevard, noto come Hollywood Boot Shop per realizzare il primo negozio. Non cambia il nome, ma trasforma l’arredamento: colonne classiche, mobili di fattura neorinascimentale e un elegante divano contribuiscono a creare un’atmosfera intima ammiccando a quell’Italia dell’arte e della cultura che gli americani amano tanto. Il negozio diventa un punto di riferimento per le ballerine, i registi, i produttori e per le star del cinema, come Pola Negri, Mary Pickford, Joan Crawford, Rodolfo Valentino. Nel 1926 Salvatore costituisce la società Ferra-Gamo Inc., che continuerà a operare anche nei primi anni dopo il trasferimento in Italia ed è documentata in mostra da una scarpa che nell’etichetta, mette in relazione Hollywood con Firenze. La presenza di Ferragamo a Hollywood è contrassegnata anche dal coinvolgimento diretto in attività culturali e di promozione artistica, come attestano le originali campagne pubblicitarie e l’avvicinamento al teatro dell’Hollywood Bowl.

Un’ulteriore scelta fuori dagli schemi del calzolaio è l’utilizzo di molteplici e innovativi materiali per la realizzazione delle calzature. La sua sensibilità per la materia la si riscontra nell’uso di pelli pregiate che offrono effetti inaspettati tramite i patchwork e il colore, ma il vero rinnovamento del linguaggio della moda avviene con l’introduzione di materiali decisamente inconsueti come la pelle di pesce, il gros-grain, i cilindri di sughero cuciti e ricoperti di capretto, le canape, le rafie e il cellofan, ottenuto attorcigliando carte di caramelle. Le scarpe in merletto di Tavarnelle o in rafia, ad esempio, recuperano una lavorazione tradizionale della Toscana ma la reinventano nel colore, nei decori geometrici e soprattutto nella destinazione: le scarpe.

Durante la guerra Ferragamo sfrutta con libertà le materie prime più desuete, come legni laccati, feltri, merletti di spago e resine sintetiche quali la bakelite. Terminata la guerra, non abbandona i materiali poveri ma attinge contemporaneamente a quelli più innovativi (vinilite e filo di nylon), oppure a quelli più preziosi come l’oro zecchino.

Tanti sono i materiali impiegati e molteplici sono le fonti d’ispirazione a cui Ferragamo può attingere, soprattutto dalla sua collaborazione ai primi film in costume americani. La scoperta nel 1922 del tesoro funerario del faraone Tutankhamon suggerisce al calzolaio i modelli e gli ornamenti dei sandali per il film I dieci comandamenti di Cecil B. DeMille, i decori della Villa dei Misteri a Pompei gli ispirano una linea di scarpe, le Pompeian, e un sandalo alla romana, il Coturno, soggetto preferito delle prime pubblicità. La storia e il paesaggio della California sono fonte di molteplici spunti creativi. Le decorazioni degli accessori e degli abiti indossati dagli Indiani d’America si trovano riflesse in alcuni modelli degli anni Venti e ritornano nelle creazioni dei decenni successivi. L’uso disinvolto dei colori è un’ulteriore caratteristica dello stile della maison, infatti predilige i colori primari, forti e decisi. Li impiega in assolo o combinati in originali patchwork geometrici, in cui gli accostamenti cromatici azzardati assecondano la forma e la particolarità dei materiali. Il bianco e il nero sono abbinati in tomaie geometrizzanti, di ispirazione cubista, o con effetti optical. Ferragamo preferisce il blu intenso, il verde smeraldo, il giallo del sole fino alle gradazioni dell’oro, l’argento lunare, e il rosso, simbolo di vita e di energia, la nuance che ama di più.

Il calzolaio ha anche anticipato modi e mode nella costruzione della scarpa, e non soltanto con invenzioni bizzarre. Le decorazione e gli ornamento sono sempre in relazione alla forma, concepita come un bilanciamento armonico di simmetrie, un perfetto dosaggio di pesi e misure. L’attitudine progettuale di Salvatore è forte e pur realizzando modelli artigianali ed esclusivi, il calzolaio li crea pensando alla loro riproducibilità come dimostrano i 369 brevetti depositati. Alcune invenzioni degli anni trenta hanno rivoluzionato il sistema di costruzione della scarpa, come il brevetto del tacco a zeppa di sughero, inventato nel 1937 per sollevare il tallone e offrire all’arco del piede un appoggio stabile. Nel 1946 progetta una suola antiscivolo per scarpe da bambino per evitare la torsione del piede verso l’interno. Nel 1952, un modello scollato a tacco alto in cui la suola è limitata alla parte anteriore e alla fine del tacco, rendendo la calzatura flessibile come un guanto. I tacchi in anima d’acciaio e a gabbia del 1955 guardano con nostalgia all’Art Nouveau, mentre la “suola a conchiglia” contiene il piede e lo accarezza con la sua forma avvolgente.

Ferragamo, inoltre, prende personalmente le misure dei piedi dei clienti e le trasferisce sulle forme di legno, vere e proprie sculture funzionali alla costruzione delle scarpe, dove sono riportati i piccoli o grandi difetti dei piedi. Di queste forme alcune sono conservate presso l’Archivio Ferragamo ed esposte in questa mostra. Questa attenzione del calzolaio attrae nel suo negozio le dive dell’epoca come Gloria Swanson e Claudette Colbert che sceglievano scarpe classiche, Marlene Dietrich chiedeva i modelli di tendenza, che indossava al massimo due volte, la duchessa di Windsor ordinava scarpe bicolori per l’estate e in tinta unita per l’inverno, Ingrid Bergman si sentiva a suo agio con i tacchi bassi, Evita Perón prediligeva i pellami esotici del suo paese, l’Argentina. L’originalità dei modelli è frutto tanto dell’innata creatività di Ferragamo quanto delle varie personalità che formano la sua esigente clientela. Se la sensualità di Marilyn Monroe è amplificata dalle famose scarpe scollate con tacco a spillo di 11 cm, l’eleganza sportiva ed essenziale di Greta Garbo è messa in risalto dalle scarpe maschili.

Ferragamo non è stato solo un artigiano e il calzolaio delle dive, la sua figura assume il fascino di un guaritore, di un ingegnere e di uno studioso di anatomia. Le foto delle sue mani che toccano i piedi dimostrano che la qualità unica delle sue scarpe partiva dall’ineguagliabile capacità di sentire e amare la bellezza del piede. Nelle sue memorie scrive: “Adoro i piedi, ho la sensazione che mi parlino. Quando li tocco posso avvertirne la forza e la debolezza, la vitalità e i difetti. Un piede in buona salute, con i muscoli saldi e l’arco robusto, è un capolavoro di fattura sublime”.

Simone Lucci 

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PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

Quante volte molti di noi comprando un capo d’abbigliamento, scarpe o accessori, si domandano: “Sto acquistando realmente un prodotto Made in Italy?”

Il gusto, la manifattura, l’artigianalità, la qualità del nostro Paese sono invidiate in tutto il mondo, tanto che i brand italiani sono corteggiati e spesso anche acquisiti da società estere.

Il sentore che qualcosa nel Fashion System stia cambiando e che molte aziende siano adocchiate da realtà estere lo avvertono i buyer andando a comprare per i vari show-room e dialogando con i rappresentanti. E purtroppo in tanti casi è già vero: molte aziende non sono più italiane.

Era il 1967 quando venne fondato il brand Fiorucci, lo stilista Elio che negli anni 70-80 ebbe la sua massima popolarità. Purtroppo non tutto è destinato a durare, infatti, nel 1990, l’azienda Fiorucci venne rilevata dalla Edwin International, società giapponese che possedeva la licenza e la proprietà di diverse aziende, per poi passare alla Società inglese Schaeffer, che finora è a capo del marchio.

Ci sono fondi di investimento, come il francese Kering, un vero e proprio colosso globale del lusso che ha acquistato diverse maison tra cui il brand Gucci, fondato da Guccio Gucci nel 1921 a Firenze. Marchio di fama internazionale e un’icona della Dolce Vita che oggi, sotto la guida dello stilista Alessandro Michele, sta avendo nuovamente un enorme successo.  Gli italianissimi Bottega Veneta, Pomellato, Dodo e Brioni sono passati anch’essi al gruppo Kering.

La rinomata e amata Maison Valentino nasce negli anni ’60, quando si afferma la Dolce Vita, e resta italiana fino al 2012, anno in cui il fondo di investimento Mayhoola, con sede in Qatar, acquista l’azienda.

Emilio Pucci, Loro Piana, Fendi e Bulgari sono state acquistate negli anni dal gruppo LMVH, multinazionale francese che conta oltre 70 marchi ed è quotata alla Borsa di Parigi.

Tra i casi che hanno tenuto alta l’attenzione degli italiani, c’è quello di Versace, il cui brand è stato venduto allo stilista americano Michael Kors per 2 miliardi di dollari, anche se Donatella Versace, che ha preso le redini dell’azienda dopo la morte del fratello Gianni nel 1995, ha mantenuto assieme al fratello Santo una piccola quota.

Era il 1991, in gran voga il jeans a vita bassa e Miss Sixty, leader di questa tipologia di pantalone. C’era anche Energie, balzato nell’olimpo per la vestibilità più street del jeans. Un destino comune quello delle due aziende che, insieme al marchio Roberta di Camerino, Murphy Nye e RefrigiWear®, vengono cedute nel 2012 a un fondo di investimento panasiatico.

Le aziende vendute a società estere sono tante, ma in tutto questo notiamo anche qualche azione in contro tendenza: nel 2003 l’azienda francese Moncler è stata acquistata dall’imprenditore italiano Remo Ruffini e, nel 2020 Stone Island entra a far parte di Moncler.

Diesel, dello stilista veneto Renzo Rosso, Dolce & Gabbana, fondato nel 1985 da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sono altri esempi di brand nati e conservati nel nostro Paese. Poi ancora: Moschino, Max Mara, Salvatore FerragamoEtro e Missoni. E Prada (fondata a Milano nel 1913 dai fratelli Mario e Martino Prada con il nome Fratelli Prada, e poi negli anni gestita da Miuccia Prada e dal marito Patrizio Bertelli) è diventata una SPA, alla quale appartengono altri brand, tra cui Miu Miu, Church’s, Car Shoe, Fondazione Prada, e mantiene il domicilio in Italia. E poi c’è lui, re Giorgio (Armani), con la sua azienda fondata insieme a Sergio Galeotti nel 1975.

Una cosa è certa: venduti oppure no, i marchi del Made in Italy hanno una marcia in più.

Cristiano Gassani

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