Per il quinto anno consecutivo si è svolto, presso Base Milano, il 15 marzo, Wired Health. Una giornata in cui si sono percorse cinque le traiettorie di discussione: empowerment dei pazienti, governance dei sistemi sanitari, nuovi modelli di business, terapie digitali, trasferimento tecnologico e ricerca.

Wired health 2022 è stato un momento di incontri, talk, interviste, dibattiti per esplorare le soluzioni e i processi innovativi per lo sviluppo di un sistema salute efficace, sostenibile ed equo. Un evento per capire come le tecnologie digitali stanno cambiando medicina, salute, sanità.

Wired health ha investigato, con rigoroso criterio scientifico, il presente e il futuro della salute, della robotica e degli algoritmi a intelligenza artificiale. Per scoprire il punto di contatto fra medicina, tecnologia e nuovi stili di vita.

Questi due anni di emergenza sanitaria ci hanno mostrato la complessità del sistema sanitario facendo emergere tutta la sua criticità. Il sistema può funzionare solo se c’è una collaborazione fra vari attori: istituzioni, azienda sanitaria e pazienti. Questo dialogo può essere agevolato dalla forte rivoluzione digitale che stiamo iniziando a vivere.

Il ruolo fondamentale per migliorare le nostre conoscenze scientifiche è ricoperto dai dati medicali. Bart De Witte (esperto europeo di trasformazione digitale nel settore sanitario, fondatore dell’organizzazione no-profit Hippo AI Foundation) sostiene la democratizzazione degli algoritmi a intelligenza artificiale in medicina attraverso strategie open data, cioè, attraverso dati liberamente accessibili a tutti. “Possiamo duplicare il nostro mondo creandone uno virtuale che interagisce con il mondo reale – afferma Bart De Witte -. Pensate alla guida autonoma. Migliaia e migliaia di informazioni vengono scambiate in tempo reale fra la nostra automobile, le infrastrutture e le altre automobili. Gli algoritmi a intelligenza artificiale costruiscono un mondo virtuale che sovrapposto al nostro ci consente di muoverci nel caos urbano in totale sicurezza. Potremmo duplicare noi stessi e consentirci di interagire con i nostri sogni. Insomma, creare il nostro avatar e inserirlo nel nostro mondo duplicato”. Nel futuro di quanti mondi avrai bisogno? È la domanda che Bart rivolge alla platea. “Ora immaginate di creare il mondo della salute per un nuovo stile di vita che abbraccia appieno la sfera del benessere – continua Bart De Witte -. Per fare questo abbiamo bisogno di dati, nello specifico i dati medicali delle persone. Abbiamo bisogno di condividere i nostri dati della vita reale, che saranno utilizzati per offrire nuovi orizzonti terapeutici, più vicino ai pazienti”.

Al convegno è stato ampiamente sottolineato che dopo l’emergenza sanitaria la digitalizzazione potrebbe essere la strada per la centralità della persona, per avere una sanità che sia capillarmente presente e vicina ai reali bisogni di salute dei cittadini. Si è rimarcato il fatto che oggi quando il paziente ha bisogno di rivolgersi al medico di base si deve recare da esso e spiegare cosa abbia, quali sintomi accusa, il medico lo visita, prescrive degli esami clinici di approfondimento, degli eventuali consulti specialistici, così da ottenere una diagnosi possibilmente accurata e solo successivamente a tale iter sarà in grado di formulare una cura. Ma Ennio Tasciotti (scienziato e Direttore Human Longevity Program, IRCCS San Raffaele di Roma) e Noemi Porrello (Real World Evidence Lead, Roche Italia) ci disegnano con decise pennellate la sanità di domani. Lo scenario del futuro sarà completamente stravolto. Non ci recheremo più dal medico, sarà sufficiente contattarlo e raccoglierà tutta una serie di dati che sono stati misurati da dispositivi medici presenti nelle nostre case (bilancia, pulsossimetro, sfigmomanometro, ecc…) o dispositivi indossabili (smartwach, indumenti con tessuti sensorizzati, ecc…). Il medico con il supporto di algoritmi a intelligenza artificiale sarà in grado di formulare una diagnosi personalizzata, una cura e il dosaggio della medicina.

Affinché tutto questo diventi realtà saranno necessari i dati medicali della vita reale del paziente, dati che al momento senza ragione vengono tenuti gelosamente custoditi. Grazie all’accesso a questi si potrà avere una diagnosi più veloce e potremmo offrire nuovi orizzonti terapeutici. È quanto delineato al convegno. “L’enorme flusso di informazione per le case farmaceutiche saranno fondamentali per sviluppare nuovi prodotti – sostiene Noemi Porrello -. La digitalizzazione potrà finalmente integrare la ricerca tradizionale con una visione olistica della persona per essere più vicino al paziente”.

Ciò che è emerso dal convegno è che questa “partita” bisogna giocarla tutti insieme: cittadini, istituzioni e medici. La rivoluzione diagnostica e riabilitativa deve essere accettata in primis dai cittadini. Deve esserci una condivisione di dati fra cittadini, istituzioni e università. E si è auspicato a un rapido cambiamento da parte della politica per raggiungere in tempo breve dei traguardi importanti dal punto di vista delle infrastrutture digitali.

“Il ruolo del paziente resta centrale, dobbiamo comprendere quale leva dobbiamo attivare per avere più fiducia per acconsentire a scambiare dati. I motivi sono molteplici, regna il sospetto, la paura sulla condivisione, spesso legata alla ignoranza del processo e del percorso del dato, con chi verrà condiviso e di cosa ne faranno del mio dato – precisa Tasciotti –. L’altra categoria da convincere sono i medici che vedono la tecnologia come una minaccia alla categoria, intimoriti di perdere prestigio a favore di un computer. La tecnologia non sostituirà i medici, ma sarà inevitabile sostituire i medici che non sapranno utilizzare la tecnologia, perché chi usa la tecnologia cura meglio i pazienti”.

Dai vari interventi è emerso che il medico di domani deve aumentare le proprie competenze, le sue skills. Deve essere multi disciplinare e si deve coltivare la cultura dello scambio di informazioni fra i vari stakeholder, cioè, medici, ingegneri e informatici, devono mettersi a disposizione uno dell’altro, lavorare tutti insieme al bene comune della salute.

Si è sottolineata l’esigenza di comprendere la condivisione dei dati, salvaguardando la sicurezza, cosa che permetterebbe di accedere a precorsi di cura migliori. Si è parlato di meno reticenza nello scambio e condivisione di dati medicali sia nel pubblico che nel privato, come prima rivoluzione da attuare.

Stefano Rovelli

RIPRODUZIONE RISERVATA