Renato Guttuso, pittore neorealista nato a Bagheria nel 1911, è considerato uno dei più significativi artisti del Ventesimo secolo. Amico di importanti intellettuali quali Pasolini, Moravia, Picasso e De Chirico, manifestò attraverso la sua arte un forte impegno sociale che lo portò anche all’esperienza politica come senatore del Pci, durante la segreteria di Enrico Berlinguer. Fu proprio lui, nel 1953, a disegnare lo storico simbolo del Pci, la Falce e il Martello con sfondo tricolore, poi ripreso dal creatore della pop art statunitense, Andy Warhol; nel 1972 dipinse I funerali di Togliatti, ottenendo il Premio Lenin per la Pace.

“… Renato è con i contadini che rompono il feudo, attaccano la mafia, occupano le terre, spezzano la vecchia Sicilia. È con i capilega fucilati, è con gli zolfatari in lotta contro condizioni terribili. Ed è con loro in modo forte. A loro dà voce con le sue tele e li mette in comunicazione col mondo, rompendo un antico isolamento”, scriveva Emanuele Macaluso.

Il 3 maggio 2024, il patrimonio del Museo regionale Pepoli di Trapani si arricchisce di due tele autografe dell’artista. Il primo dipinto, “Contadino in sella a un asino”, realizzato nel 1954, costituisce uno studio per un olio di grandi dimensioni dal titolo “L’occupazione delle terre incolte”, espressione di quel “realismo sociale” che ispira un’ampia fetta della produzione del maestro bagherese. Il tema è particolarmente caro al pittore che lo affronta più volte con esiti e linguaggi espressivi differenti: dalla Marsigliese contadina del 1947, di impronta postcubista, alla celebre versione del 1949-50, caratterizzata da una sacralità del racconto e da forti dissonanze cromatiche.

Nella seconda tela, “Contadina”, realizzata nel 1956, Guttuso ritrae una donna con un fagotto sul capo che procede con solennità entro un paesaggio brullo e roccioso. In entrambe le opere viene rappresentata l’epopea degli umili, intenti con dignità alla fatica del duro lavoro quotidiano. L’accensione cromatica e l’intensa luminosità del paesaggio, che fanno da sfondo alle figure, incarnano la solarità della terra siciliana tanto cara al Maestro.

Le due opere sono state generosamente donate da Michelangela Scalabrino, già docente dell’Università Cattolica di Milano, che ha voluto così rendere omaggio al museo della città di origine della sua famiglia. Da bambina, trascorreva a Trapani le vacanze estive assieme al padre, un medico che aveva ricevuto questi quadri in dono proprio dal pittore bagherese.

Le 2 opere, inserite nel catalogo e parte della collezione permanente del museo, sono collocate negli spazi della pinacoteca, nella piccola sala che ospita il celebre “Ritratto di Nunzio Nasi” di Giacomo Balla, ora destinata ad accogliere opere del tardo Ottocento e del primo Novecento. L’assetto espositivo dell’ambiente è stato rimodulato con la restituzione alla fruizione della splendida “Testa di vecchio” in bronzo del palermitano Domenico Trentacoste, da lunghi anni in giacenza nei depositi; un’opera significativa che è espressione di quel socialismo umanitario che nel tardo Ottocento ispirò numerosi intellettuali e artisti.

Clementina Speranza