All’ingresso dell’atelier in via dei Piatti, un palazzo del XVI secolo dai soffitti a volta valorizzati con installazioni botaniche, un orafo al banco di lavoro smeriglia, salda, modella, assembla collane, orecchini, anelli, spille sotto gli occhi dei clienti ammirati per l’abilità e la manualità. Scalpelli, fili, seghetti e fiamma ossidrica sono gli attrezzi del mestiere. È questa l’originale accoglienza che ricevono gli acquirenti quando entrano nello store meneghino Daniela de Marchi.

Nata a Milano, la designer è una donna di media altezza, corporatura morbida, occhi brillanti, labbra sempre evidenziate con un rossetto acceso. Ha un sorriso contagioso, uno stile sofisticato e ricercato. Colpi di fulmine, stati empatici e amori a prima vista sono i motori che la muovono. “Per me gli stati empatici sono fondamentali. Quando compio azioni seguendo soltanto la testa commetto grandi errori”, confida. Difficilmente pianifica la vita, in quanto la sua esistenza è guidata dall’intuito e dal saper cogliere le occasioni.

La passione per i preziosi prende vita nel 1991, quando riceve una borsa di studio presso l’Istituto Europeo di Design (IED) e si laurea in Design del Gioiello, trovando così il canale con cui esprimersi. Poi, nel 1998, nasce il brand “ddm”, acronimo di Daniela de Marchi.

La carriera subisce un giro di boa quando una turista giapponese, dopo un veloce sopralluogo nell’atelier milanese, la contatta per farle presentare la sua collezione a Parigi. L’appuntamento è in uno showroom di Rue du Faubourg Saint-Honoré, dove ad accogliere Daniela de Marchi ci sono raffinate donne giapponesi. La signora Satomi-san ordina trenta pezzi della collezione, specificando che sono solo per il campionario. Dopo due mesi, la designer riceve il primo ordine da H.P. France, il gruppo giapponese incontrato a Parigi. Quasi mille articoli con la consegna in due mesi. “Ero felicissima. Da quel giorno non ho più ricevuto porte in faccia. Sì perché ne ho avute molte: inizialmente, gli orafi rifiutavano i gioielli realizzati in ottone bronzo e argento in quanto considerati di scarso valore. “Utilizzare metalli con un peso specifico molto inferiore a quello dell’oro mi permette di proporre preziosi con volumi importanti, ma leggeri”.

Nel 2014, la de Marchi apre “l’atelierino”, un piccolo spazio nel quartiere artistico di Brera. “L’idea nasce dall’esigenza di avere molti punti vendita monomarca – spiega l’imprenditrice –. L’atelierino è un ambiente che consente a me e ai miei collaboratori di far fronte alle singole esigenze dei clienti realizzando gioielli su misura. Vesto la parte più femminile di una persona. Non produco collezioni maschili, ma se un uomo ha una forte sensibilità femminile è possibile inventare un accessorio che rispecchi la sua personalità”.

Qualunque monile può essere adattato in base alle esigenze dell’acquirente. “L’artigianato è interessante quando è customizzato, con la possibilità di proporre un prodotto unico. Mi affascina l’idea che un prezioso calzi alla perfezione e sia comodo. E che sia speciale. La peculiarità dell’artigianato è: il difetto. L’imperfezione rende ogni articolo particolare e unico nel suo genere. Nei miei bijoux si trovano molti difetti, ed è per questa ragione che siamo bravi”, precisa Daniela de Marchi sorridendo.

Artigianato e made in Italy sono il fiore all’occhiello del brand. “La passione per il fatto a mano è nata quando ho compreso che riuscivo a produrre gioielli con facilità – riferisce la designer –. Ho avuto anche la fortuna e l’onore di lavorare fianco a fianco con due grandi artigiani: Carlo Ceccato e Giorgio Vigna, i miei maestri, uomini di gran gusto e raffinatezza. Ho bei ricordi di quel periodo”.

Nelle botteghe orafe, Daniela de Marchi impara la tecnica della cera persa, che consiste nel creare un modello di cera e utilizzarlo per farne uno stampo di argilla o di silicone, sul quale si praticano due fori: uno in alto e uno in basso, per far uscire la cera scaldandola. Successivamente, si versa del metallo fuso che va a sostituire la cera e si ricava un monile identico. Un metodo conosciuto fin dall’antichità.

La produzione è supportata anche da un laboratorio di Arezzo, perché già nei primi anni della sua attività l’artigianato a Milano stava scomparendo.

Nelle officine di Daniela de Marchi, il lavoro artigianale è suddiviso in diverse fasi. Il primo step è il pensiero, il saper cosa fare. In un secondo momento, il pensiero diventa ricerca: l’idea viene trasformata in un progetto su carta con un disegno, e viene realizzato un modellino con la plastilina. Successivamente, si crea un campione di cera e lo si usa per la produzione di uno stampo di silicone. All’interno della matrice viene versato il metallo e realizzato il prototipo. “Lo studio del prototipo è una fase fondamentale al fine di ideare un accessorio portabile – precisa la de Marchi –. Il campione si prova, si indossa, con lo scopo di eliminare eventuali difetti di modellistica”. Se il modello è considerato valido, si procede con la produzione in serie.

Dall’impegno e dall’amore per la sperimentazione della creatrice di gioielli nasce la texture brevettata del Dropage, piccole sfere irregolari che ricoprono, in parte o nella loro totalità, le superfici delle sue collezioni. “La tecnica del Dropage ha origine da una delusione d’amore. In quel periodo della mia vita ero molto triste e, per non pensare ai miei problemi, ho iniziato a riprodurre delle piccole gocce di metallo, forgiate una a una. Adoro le bolle di sapone. Vorrei che al mio funerale ci fossero solo bolle di sapone!”.

Ciascun prezioso è una perfetta fusione tra metallo e pietre. Diamanti, quarzi, ametiste, avventurine, corniole, onice, labradorite sono le materie prime che provengono da diversi fornitori, principalmente dalla Cina e dall’India. “La labradorite è la gemma più richiesta. Possiede i riflessi delle squame dei pesci: grigio, verde, blu. È la pietra che preferisco in assoluto perché si adatta al colore dei miei occhi e dei miei capelli”, osserva Daniela de Marchi.

Le gemme naturali si possono accostare a una vasta scelta di smalti e bruniture dei metalli. Abbinamenti effettuati dalle sapienti mani degli artigiani che permettono di personalizzare il gioiello. “La smaltatura che applichiamo è stata inventata e sperimentata da me e dai miei collaboratori – afferma la designer–. Il metodo deriva da una tecnica impiegata nelle carrozzerie automobilistiche, una lavorazione complessa che offre un ottimo risultato”.

Ogni monile ddm può essere classificato in quattro macro collezioni:

D di Design rappresenta i preziosi scultorei,

D di Dropage racchiude gli accessori realizzati con le piccole bolle di metallo,

D di Simply D è la linea di gioielli piccoli,

D di Diamonds comprende anelli, collane, bracciali e orecchini abbinati ai diamanti naturali.

Per commercializzare monili di successo occorre avere le idee chiare e captare ogni stimolo. La realizzazione di una collezione è un processo impegnativo, in quanto è difficile soprattutto partorire l’idea di partenza – riferisce Daniela De Marchi –. I tempi di produzione di ciascuna collezione variano in base alla complessità dei preziosi, ma ogni sei mesi vengono inseriti nuovi bijoux alle linee già esistenti”.

Il marchio propone diversi tipi di gioie. “L’accessorio che prediligo è l’anello, mi piace indossarli in coppia – confida l’imprenditrice –. Alle mie clienti consiglio sicuramente di portare anelli e orecchini, perché sono preziosi in grado di trasmettere carattere, temperamento e femminilità. L’anello riccio con pietra con il codice N09 è il gioiello più apprezzato, e lo propongo a donne con un carattere deciso”. Il gioiello è inserito nella collezione Intramontabili. “La linea che comprende i gioielli maggiormente acquistati e ammirati di ogni collezione– riferisce Daniela de Marchi –. I preziosi storici del brand”.

Intramontabili, Segreti, Serpenti, Ghirigori, Corallo, Contaminazioni, Camelia, Parole Parole, e Little Secret sono alcune delle linee realizzate. Globe e “O” invece sono delle novità. La prima nasce dal concetto che la terra non ha confini, lo sguardo cerca nel cielo nuove galassie, e i pianeti lontani diventano, così, piccole sfere da indossare… mentre la seconda si ispira all’ellissi, una forma perfetta per realizzare gioielli voluminosi e allo stesso tempo leggerissimi. Tra il classico e il bon ton, questa collezione prende forza nell’anello “Marry Me”.

Molte collezioni ddm hanno un chiaro riferimento al mondo naturale. Il giardino botanico di Lisbona, gli animali, fiori, foglie e rami sono alcune delle fonti di ispirazione delle linee disegnate e firmate da Daniela de Marchi. Tutti elementi non casuali, in quanto la cura dell’ambiente è un tema a cui la designer è molto legata. “Fin da bambina, provo una particolare sensibilità verso la tutela ambientale, e la trasmetto attraverso le mie linee – spiega de Marchi –. Talvolta, per rispettare la natura basta avere buon senso e un po’ di civiltà. Camminerei per strada con le pinze per raccogliere i rifiuti, perché vorrei che la gente avesse più amore per il luogo in cui vive”.

Dal 2014, il brand ddm diventa un’azienda a Impatto Zero® grazie al progetto di LifeGate, un’impresa attiva sul territorio italiano che salvaguarda l’ecosostenibilità ambientale. La collaborazione fra le due realtà permette di compensare la produzione di CO2 generata dai diversi consumi dell’atelier milanese in termini di energia e materiali, come carta e acqua. A fronte del calcolo stimato di tali consumi, vengono creati e tutelati oltre 2200 mq in Madagascar e non solo: il piano operativo comprende anche la riqualificazione dell’area rurale vicina alla nuova foresta, in modo da preservarne il naturale ecosistema e poterne tutelare il mantenimento nel corso degli anni.

Il brand è presente in: Giappone, Francia, Olanda, Regno Unito, Turchia, Libano, Polonia, Russia, Canada, Ghana e Australia. Per stare al passo con l’evoluzione tecnologica e con i ritmi che caratterizzano la vita moderna, è inoltre possibile l’acquisto dei preziosi online, direttamente dal sito del marchio.

Il lusso, per il mio brand è una coccola. Creare un gioiello customizzato e poter fornire consigli all’acquirente al fine di realizzare orecchini, anelli o collane unici che rispecchino il suo gusto è impagabile”.

Ma cos’è il lusso per Daniela de Marchi? “Il lusso per me è avere accanto delle persone che mi aiutano, su cui posso fare affidamento. Avere una cuoca, perché la cucina mi mette ansia. E creare gioielli, per tutta la vita”.

Simone Lucci

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