A Palazzo Reale a Milano sono in mostra riviste, documenti, video su Helmut Newton e 250 sue fotografie. Ci sono i ritratti di personaggi famosi e le sue modelle, nude, ma con le scarpe perché Newton non gliele faceva mai togliere. Erotiche ma eleganti. Ci sono anche numerosi scatti realizzati in Italia: a Capri, a Brescia, sul lago di Como. Newton veniva spesso in Italia perché il suo agente più importante, Davide Manfredi, era italiano e perché ha collaborato spesso con marchi italiani, Blumarine, Mario Valentino, Lavazza.

White Women

Accanto alle immagini iconiche, un corpus di scatti inediti, presentati per la prima volta in Italia, svela aspetti meno noti dell’opera dell’artista, con un focus specifico sui servizi di moda più anticonvenzionali. Polaroid e contact sheet permettono di comprendere il processo creativo che si cela dietro alcuni dei motivi più significativi del suo lavoro. Pubblicazioni speciali, materiali d’archivio e dichiarazioni del fotografo consentono di ricostruire il contesto nel quale è nata l’ispirazione di questo straordinario artista.

In allestimento, un percorso articolato in capitoli cronologici (’60 – ’70 – ’80 – ’90 – CONTEMPORANY) dove i visitatori possono attraversare le fasi e le evoluzioni della vita e della carriera di Newton, dagli esordi fino agli ultimi anni. La moda, il nudo, il ritratto, ma anche i tacchi, la lingerie, i collant, il rossetto e le pellicce sono i temi ricorrenti che attraversano tutte le stanze della mostra e l’intera produzione dell’artista.

Nel 1956 Newton collabora con Vogue Australia, Vogue Inghilterra e con Henry Talbot, nello studio che condividevano a Melbourne.

Negli anni sessanta, a Parigi, matura il suo stile inimitabile. La sua visione dinamica si manifesta, ad esempio, in una serie di fotografie delle produzioni dello stilista André Courrèges che Newton scatta per la rivista britannica Queen nel 1964, o nei suoi lavori per Vogue Francia ed Elle Francia.
In questo periodo, il fotografo sviluppa intense collaborazioni con Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld attraverso le quali cattura lo spirito del tempo, segnato dalla rivoluzione sessuale, senza limitarsi alla rappresentazione dell’abbigliamento come accessorio, con una fotografia dal taglio metafisico. A metà degli anni sessanta egli acquista una casa vicino a Saint-Tropez, luogo che diventerà sfondo per innumerevoli suoi scatti. Si fa strada allora l’interesse per il tema del sosia, che l’artista comincia a elaborare attraverso duplicazioni di immagini e accostamenti di manichini e modelli dal vivo. Le diverse commissioni da parte di riviste internazionali lo spingono a viaggiare a Venezia, Londra, Milano, Roma, Montréal e Tunisi.

Negli anni settanta, uscendo dai canoni della fotografia di moda classica, Newton realizza immagini sempre più provocatorie, stravolgendo set e impiegando modelli e stylist in modo non convenzionale. Allarga ulteriormente le possibilità creative dei suoi servizi fotografici: in elicottero, su una spiaggia alle Hawaii, in hotel parigini. Con la sua opera, testa i limiti sociali e morali, arrivando a ridefinirli. Le sue modelle appaiono eleganti ed erotiche, anarchiche e giocose. Immagini che catturano e ingannano l’occhio: solo a un esame più attento si distingue ciò che è reale da ciò che è ricostruzione o rievocazione delle sue idee e osservazioni. L’ ispirazione per questi scatti viene dalle fonti più disparate: il surrealismo, i racconti di fantasia di E.T.A. Hoffmann, le trasformazioni viste nel film “Metropolis” di Fritz Lang.

Nel 1981 pubblica l’innovativa serie “Naked and Dressed”, che appare nelle edizioni italiana e francese di Vogue e successivamente nei suoi libri. Il nuovo concetto visivo dei dittici consiste nel far posare, gli uni accanto agli altri, modelli nudi e vestiti, raccontando così lo spirito del tempo, ad esempio i cambiamenti del ruolo delle donne nella società occidentale. Parallelamente a queste immagini produce i primi cosiddetti “Big Nudes”, sia per la carta stampata che come stampe a grandezza naturale. A partire dal 1987 Newton crea la propria rivista di grande formato, “Helmut Newton’s Illustrated”, costituita da quattro numeri pubblicati a intervalli irregolari.

Negli anni novanta, l’artista usa un approccio ancora più innovativo e all’avanguardia, lavorando sia per editoriali di moda che per grandi commissioni e campagne pubblicitarie di stilisti quali Chanel, Thierry Mugler, YSL, Wolford, e clienti come Swarovski e Lavazza. In questo periodo le immagini di moda iniziano ad affermarsi nel mercato dell’arte con quotazioni “stellari” alla luce della crescente consapevolezza del significato culturale del genere. Newton riceve premi in Francia, Monaco e Germania come riconoscimento della sua totale dedizione alla fotografia.

L’ultima selezione di scatti vede intrecciarsi ancora una volta, nel modo unico di Newton, i principali temi approfonditi nel corso della sua carriera: la moda, il nudo e il ritratto. Si tratta di un’ultima potente testimonianza del carattere unico e della straordinaria visione del fotografo.
Fino alla fine della sua vita Helmut Newton ha continuato a incantare e provocare con la propria  singolare interpretazione della femminilità. Il suo lavoro per oltre sei decenni ha sfidato ogni tentativo di categorizzazione. Nessun altro fotografo è mai stato pubblicato quanto Helmut Newton, e alcune delle sue immagini più iconiche sono diventate parte della nostra memoria visiva collettiva.

Il vero nome del fotografo era Helmut Neustädter, lui nasce a Berlino nel 1920 da una ricca famiglia di origine ebraica ed esprime presto il suo interesse per la fotografia. Inizia la propria formazione all’età di 16 anni affiancando la famosa fotografa di moda Yva, ma presto lascia la Germania per sfuggire alla persecuzione nazista. Dopo alcuni viaggi in cui lavora come fotoreporter, apre a Melbourne un piccolo studio con il supporto della futura moglie, l’attrice June Brunell, sua musa e fotografa, nota con lo pseudonimo di Alice Springs perché Newton voleva che ci fosse un solo fotografo col suo cognome. Lei lo affiancherà per tutta la vita: 55 anni insieme, fino alla morte di lui (Helmut Newton è scomparso nel 2004, lei nel 2021, ndr).

La mostra milanese di Newton ha visto l’impiego di materiali sostenibili, riciclati, riciclabili e riutilizzabili: il rivestimento della pavimentazione è una moquette di nylon rigenerato ECONYL® realizzato dal Gruppo Aquafil con Radici; le pareti hanno pannellature in MDF rivestite da tessuto di cotone fornito da Tessuti di Sondrio/Gruppo Marzotto. A fine mostra i tessuti diventeranno parte del Best Stock di Cittadella dell’Arte Fashion Best Fondazione Pistoletto Onlus. Una speciale Tote bag disegnata da Tiziano Guardini, sustainability consultant della rassegna, è stata realizzata in Vegea, tessuto simile alla pelle ricavato dagli scarti dei processi di vinificazione.

La mostra, pensata per il centenario della nascita di Newton, nel 2020, e rimandata a causa della pandemia, già passata per Berlino e Vienna, dopo la tappa milanese approderà anche a Roma e Venezia. A Milano sarà visitabile fino al 25 giugno 2023. È promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte, in collaborazione con la Helmut Newton Foundation di Berlino.

 L’esposizione è parte di Milano Art Week (11 – 16 aprile 2023), la manifestazione diffusa coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, in collaborazione con miart, che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e le fondazioni private della città che si occupano di arte moderna e contemporanea, con una programmazione dedicata di mostre e attività.

È stata curata da Matthias Harder e da Denis Curti. Matthias Harder ha lavorato anche alla mostra sulla moglie di di Newton, inaugurata a Berlino, il 2 giugno 2023, che girerà poi in tutto il mondo.

 

Matthias Harder ha studiato Storia dell’arte, Archeologia classica e Filosofia a Kiel e Berlino. È membro della Società tedesca di fotografia e del consiglio consultivo del Mese europeo della fotografia. Dal 2004 lavora come capo curatore presso la Fondazione Helmut Newton di Berlino (dal 2019 anche come direttore della Fondazione), pubblica regolarmente su autorevoli riviste internazionali, come Art in America, Foam, Aperture, Eikon, Photonews, e ha scritto numerosi articoli per libri e cataloghi di mostre.

Denis Curti è direttore artistico del nuovo centro di fotografia veneziano, Le Stanze della Fotografia, nonché consulente e curatore di mostre di fotografia e arte contemporanea. Direttore della Fondazione Italiana per la Fotografia di Torino negli anni novanta e curatore delle prime aste fotografiche di Sotheby’s tra il 2002 e il 2003, per oltre 15 anni è stato giornalista e critico fotografico per Vivimilano e il Corriere della Sera. È direttore dell’Agenzia Contrasto e del mensile Il Fotografo. Nel 2014 ha fondato la galleria STILL Fotografia.

EMME22

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