Era il 1967 quando Domenico Modugno intonava il famoso ritornello “il vecchietto dove lo metto, dove lo metto non si sa, Mi dispiace, ma non c’è posto. Non c’è posto, per carità”. Di tempo ne è trascorso e il problema dell’anziano è stato in parte risolto. In passato lo assistevano soltanto la famiglia, i vicini di casa. Oggi, la situazione sta cambiando. Introduce così il suo discorso il dottor Gaetano Roberto Valastro, direttore F.R. Lungodegenza Fondazione Internazionale Pallesch per l’Aiuto all’Anziano.

“Si sente spesso parlare di paziente fragile – afferma Valastro –, ma un anziano con una discreta situazione economica e di salute, con un supporto familiare o di amici che possano fornirgli assistenza nel momento del bisogno, non ci sentiamo di chiamarlo fragile. Non avremmo chiamato fragile un paziente come Giovanni Agnelli, seppure con tutte le sue malattie.

Comorbilità, cioè una pluripatologia, il rischio di aggravare la propria situazione, il rischio di non poter ottemperare alla terapia in modo specifico, non avere un supporto familiare, non prodigarsi per una situazione terapeutica ottimale, è questa la vera fragilità dell’anziano.

È necessaria un’integrazione tra ospedale e territorio, improntata non solo sull’importanza del medico ospedaliero, ma anche con il supporto dell’infermiere, di collaboratori socio-sanitari che possano prestare assistenza sia nell’ambito ospedaliero che in quello territoriale, e del medico di medicina generale (medico di famiglia). È necessario che tutte queste figure abbiano nozioni di geriatria. Si deve partire dal principio che l’anziano ha diritto alle stesse cure di uno giovane”.

 

Il tema dei problemi chirurgici dell’anziano è stato affrontato da Nicola Costa, dirigente medico UOC di chirurgia Ospedale Santa Marta e S. Venera di Acireale.

“L’ospedale deve uniformarsi alle nuove esigenze, deve modificarsi l’approccio, l’atteggiamento di noi medici. Dobbiamo sensibilizzare gli enti preposti alla creazione delle strutture, è necessaria un’attenzione per evitare le cadute, per esempio il letto deve avere le sponde e deve esserci la presenza di una luce. Sarebbe bene ci fosse un reparto specifico di geriatria. La figura del geriatra è importante perché gli anziani hanno la tendenza ad alcune patologie specifiche: l’ipertrofia prostatica, il cancro della prostata, le malattie reumatiche, l’osteoporosi. Ed è necessario che anche il personale socio sanitario sia formato per prevenire le complicazioni legate al ricovero, come per esempio le piaghe da decubito. Finito il trattamento ospedaliero il paziente deve essere indirizzato all’assistenza domiciliare o presso le RSA, facendo capo al medico di famiglia”.

 

Con il dottor Giuseppe Squillaci, dirigente medico, responsabile UVP area metropolitana, Catania, si è parlato del rapporto del paziente anziano con il territorio. “Fino a poco tempo fa prima che il paziente venisse dimesso, la UVM (Unità Valutativa Multidimensionale) era chiamata a fare una valutazione multidimensionale in ospedale, il che comportava tempo e organizzazione. Da quest’anno la situazione è cambiata: si attiva, in via sperimentale, via internet una modalità di dimissioni protetta con il coinvolgimento del Medico del Reparto – continua Giuseppe Squillaci – e dell’UVM, l’unità del distretto che funziona da catalizzatore di tutti i problemi sanitari, si occupa dell’assistenza dell’ADI, delle cure palliative, dei ricoveri in RSA, e decide se dare assistenza a casa, in RSA o ADI o cure palliative. Successivamente va fatto un progetto in cui si coinvolge il medico di medicina generale. Il progetto assistenziale consiste nel considerare tutti i bisogni del paziente e fornire le dovute soluzioni Se per esempio il paziente ha delle lesioni da decubito si deve individuarne la causa (se è da troppo tempo allettato, malnutrizione, ecc.) e si fa assistenza educativa al caregiver per evitare recidive, si danno i presidi per la medicazione e per la prevenzione. Si inizia subito un’assistenza infermieristica. Per l’assistenza riabilitativa si fa un progetto per capire quali sono le possibilità di recupero e per attivare un sistema di assistenza domiciliare e riabilitativa.

Il paziente verrà visto in ospedale e sarà poi condotto a casa.

Il problema dell’ADI consiste nelle numerose richieste di fisioterapia che spesso non sono soddisfatte in breve tempo per la carenza dei professionisti”.

 

Con il dottor Salvatore Scala, direttore del Dipartimento dell’Ospedalità Pubblica e Privata ASP di Catania, si è accennato all’importanza dell’Unità operativa nell’Ospedale Generale.

“L’anamnesi è fondamentale in ogni paziente e ancor di più nell’anziano perché noi dobbiamo venire a conoscenza delle problematiche di patologie correlate all’evento acuto che lo ha portato al ricovero.

È necessario un esame clinico scrupoloso, bisogna avere informazioni sugli eventuali interventi chirurgici pregressi. Per far questo può essere utile avvalersi della collaborazione dei parenti, perché a volte il paziente anziano non riesce a relazionarsi da solo con il medico in maniera ottimale. Fenomeni di disidratazione o/e anemia, ipoalbuminemia, obesità devono essere valutati perché possono creare complicanze non indifferenti. Così come i fattori di rischio: terapie con anticoagulanti o problematiche cardiovascolari, endocrine, respiratorie”.

Clementina Speranza

Disegno: Alessandro Marano

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