Il 23 aprile si è alzato il sipario sulla 59a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia che proseguirà fino al 27 novembre 2022. L’esposizione si celebra in un anno pari a causa dello spostamento della Biennale dell’architettura che è stata spostata dal 2020 al 2021 e che ha quindi finito col creare l’effetto domino. Ed è anche la prima edizione curata da una donna italiana: Cecilia Alemani. “Come prima donna italiana a rivestire questa posizione, mi riprometto di dare voce ad artiste e artisti per realizzare progetti unici che riflettano le loro visioni e la nostra società”, aveva dichiarato Alemani.

Cecilia Alemani è una curatrice con all’attivo numerose mostre su artisti contemporanei, responsabile e capo curatore di High Line Art, programma di arte pubblica della High Line, il parco urbano sopraelevato di New York, e alla direzione del Padiglione Italia alla Biennale Arte 2017. La curatrice milanese ha subito dato un’impronta fortemente di genere alla “sua” Biennale: su 213 presenze provenienti da 58 paesi (26 sono italiani), 191 sono artiste e 22 artisti; per 180 si tratta della prima volta in Laguna e sono ospitate oltre 1400 tra opere e istallazioni. La Mostra è affiancata da 80 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni, ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia. Cinque i Paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e Uganda. La Repubblica del Kazakhstan, la Repubblica del Kyrgyzstan e la Repubblica dell’Uzbekistan che per la prima volta sono a Venezia con un proprio Padiglione.

Curato da Eugenio Viola, il Padiglione Italia è sostenuto e promosso dal Ministero della Cultura, Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanee Periferie Urbane. È costituito da una sola opera di Gian Maria Tosatti che occupa l’intero spazio delle Tese delle Vergini, nell’Arsenale altri artisti italiani sono impegnati nei padiglioni esteri e tra questi il biellese Lorenzo Puglisi, che nel padiglione di un paese musulmano propone uno dei simboli cardine del cristianesimo.

La mostra Il latte dei sogni si articola negli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini e in quelli delle Corderie, delle Artiglierie e negli spazi esterni delle Gaggiandre e del Giardino delle Vergini nel complesso dell’Arsenale.

Il latte dei sogni include più di duecento artiste e artisti provenienti da 61 nazioni. Oltre 180 artiste e artisti non hanno mai partecipato all’Esposizione Internazionale d’Arte prima d’ora. Per la prima volta negli oltre 127 anni di storia dell’istituzione veneziana, la Biennale include una maggioranza preponderante di artiste donne e soggetti non binari, scelta che riflette un panorama internazionale di grande fermento creativo ed è anche un deliberato ridimensionamento della centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e della cultura attuali.

La mostra presenta opere contemporanee e nuove produzioni concepite appositamente per la Biennale Arte, presentate in dialogo con lavori storici che datano dall’Ottocento fino ai nostri giorni.

“La mostra Il latte dei sogni prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington (1917-2011), in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé – spiega Cecilia Alemani -. L’esposizione nasce dalle numerose conversazioni intercorse con molte artiste e artisti in questi ultimi mesi. Da questi dialoghi sono emerse molte domande. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?

Questi sono alcuni degli interrogativi che fanno da guida a questa edizione della Biennale Arte, la cui ricerca si concentra in particolare attorno a tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; la relazione tra gli individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra”.

C’è poi il Padiglione Venezia, voluto dal Sindaco Brugnaro, che come tre anni fa sarà più un’esperienza sensuale che solo visiva. Il titolo? Alloro. Simbolo per eccellenza della metamorfosi, la pianta profumata viene celebrata dal duo di artiste Goldschmied & Chiari, che ha creato una sorta di tempio celebrativo della femminilità. Qui vi sono due sale costruite come un gioco di luci e ombre; c’è poi il centro del percorso, introdotto da “Best Wishes” di Ottorino De Lucchi, che propone l’istallazione “Lympha”, il mito di Dafne e Apollo reso in chiave moderna dall’artista Paolo Fantin con il gruppo Ophicina e accompagnato dalla musica, intitolata “Gocce di Alloro”, del maestro Pino Donaggio.

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