Questa è la storia di chi ha scelto di vivere. La storia di chi, si è aggrappato a una potente arma difensiva, uno scudo, l’amore.

L’amore per l’arte in tutte le sue forme e per la vita, ha salvato Babak, protagonista di una storia dolorosa. Dolore sì, rabbia, ma le studentesse del collegio d’eccellenza Marianum, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ne hanno trovato dei risvolti pedagogici interessanti. Babak ha scatenato lacrime di commozione ma anche tante domande, che sono state occasioni di approfondimento. Un approfondimento che, ha aperto ancora di più gli occhi su quelle, che sono le guerre culturali e religiose, vere e proprie barbarie, che sono la realtà, la quotidianità in Medio Oriente. Infatti, come racconta Babak Monazzami, artista poliedrico, dal 1979, nella sua Iran, che, egli sogna sempre a colori, non si possono bere alcolici, né cantare, né portare i Jeans, né semplicemente amare. Che mondo è? Un mondo che vuole ucciderti. E quel mondo, quel suo mondo, dove è nato e dove lui non può più tornare, ha cercato di ucciderlo, più volte. La giornalista Clementina Speranza, Direttrice della rivista EMME22, raccoglie questi vividi ricordi di Babak all’interno di un documentario dal taglio giornalistico. Insieme, Clementina e Babak hanno ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui: Premio per la Pace rilasciato dell’Ambasciata Svizzera in Italia all’interno del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, Premio Cuore Italia e Premio Cinemigrare all’interno della X edizione di Via dei Corti, il Festival indipendente di cinema breve.

Non è un caso che il documentario si chiami Stai fermo lì. Perché questo monito è stato per tanto tempo il lait motive della sua vita. Babak voleva solo esprimersi, studiare, sfruttare le grandi doti che aveva, tra cui, anche la sua immagine, ma non solo, la curiosità per la natura, per la sua terra, per le lingue, per la medicina e per l’Occidente. Ma questo è inammissibile per una religione fondamentalista che utilizza un credo storpiato, per flagellare gli abitanti di quella terra. Un crimine. Ed ecco che improvvisamente Babak è diventato un dissidente, un criminale per il suo Paese e per chi gli ha inflitto tanto dolore. Per loro Babak ha meritato di essere torturato fisicamente e psicologicamente. Le sue ali sono state del tutto tarpate. Forse una delle cose più assurde per le giovani studentesse universitarie, che sedute udivano la sua storia, è stato il fatto che, persino l’amore venisse considerato un crimine. Babak infatti, era ritenuto pericoloso, poiché con il suo fascino, anche lontanamente occidentale, e con la sua bella presenza, rischiava di scatenare pensieri impuri nelle donne e distrarle quindi dalla dittatura di pensiero che il regime in Iran impone.

Davanti a tutto questo Babak, ha sofferto, ma quella sera, era lì, al Marianum, a raccontare la sua storia. A commuoversi, ma anche a scherzare e a motivare le studentesse a non restare in silenzio davanti a tutto questo. Il fatto che la giornalista Clementina Speranza, abbia voluto raccontare questa storia e i riconoscimenti, che le sono stati dati, sono la prova del non rimanere in silenzio. Non si può rimanere in silenzio davanti a tali barbarie, non si può non interessarsi a queste fanatiche guerre di religione, anche se si è in Italia. Proprio l’Italia che per Babak, infatti, e questo ci fa onore, è stata un’ancora di salvezza. Un’Italia che, gli ha fatto respirare la vera vita, la possibilità di reinventarsi, pur rimanendo sempre se stesso, pieno di vita e di coraggio. Il documentario ce lo racconta. Babak, amante del teatro dei travestimenti, si è reinventato in Jack Sparrow, riscuotendo successo tra le strade, ha fatto il modello, ma soprattutto ha dipinto tele. Tele evocative, che raffigurano tristi racconti della sua terra, che malgrado tutto lui continua ad amare.

La sposa bambina, è il ritratto che ha portato durante la conferenza organizzata dalla lista Astra Cattolica presso la sede dell’Associazione Children in Crisis, a Milano. Il dipinto raffigura rappresenta un’altra delle barbarie che lui non accetta.

Abbiamo visto, poi, Babak protagonista pure di un video musicale realizzato da Giusy Ferreri, che non a caso portava lo stesso nome del documentario Stai fermo lì.

E adesso Babak? Non è più fermo, gira le scuole, le sale stampe, i Festival, raccontando ciò che accade e aprendo lunghi dibattiti con il mondo, mondo che, dovrebbe fare qualcosa.

Babak ha amato l’Italia e continua ad amarla, vedendola simbolo di accoglienza, di vita vera, di libertà e si commuove per i giovani che hanno la possibilità di respirare questo dono. Babak ama l’Occidente, un po’ meno la Germania (dove attualmente vive) perché è un altro Paese che gli ha dato del filo da torcere in termini di accoglienza e di opportunità lavorative. Vorrebbe ricominciare davvero in Italia. Ma in verità Babak, ogni notte, sogna di ritornare nelle sue montagne, da uomo libero da figlio della sua terra. Come ha raccontato al Marianum, infatti, la sua terra e la sua cultura pullulano di aneddoti che affondano le radici in tradizioni antiche, miti e leggende. C’è un mondo da scoprire, che non viene assaporato proprio perché le brutali barbarie che vengono compiute cercano di cancellare tanta bellezza. Bellezza che lui prova a citare, a raccontare nelle tele e negli scritti, bellezza che Babak, rappresenta portando il suo esempio di amore per la vita, di resilienza e di lotta, non fisica, ma verbale e artistica. Bellezza che Babak racconta ogni giorno studiando, informandosi, appassionandosi di culture di altri popoli, provando a creare connessioni. Bellezza che Babak racconta dialogando con i giovani, con il suo sguardo magnetico, sguardo di chi ne ha vissute tante, ma ha ancora tanto da dare. Forse lo avrà colpito, ma anche fatto riflettere una delle domande che gli sono state poste durante la conferenza.

Ma perché tanto male?  Babak se lo chiede da tempo. Ma con i perché e le domande non si raggiungono grandi obbiettivi. Sono un punto di partenza per agire tramite un attivismo vero e partecipativo, tramite l’informazione politica, il non fermarsi alle apparenze e soprattutto la non indifferenza. Talvolta infatti, trattandosi di mondi lontani dai nostri, decidiamo consapevolmente di voltare le spalle. Questo è lo sbaglio più grande che alimenta ancora di più l’impossibilità di progredire e di sconfiggere questi regimi, in tanti Paesi non soltanto in Iran. Lì, la coscienza civica e l’istruzione di un popolo non bastano, serve molto di più proveniente da tutto il resto del mondo.

“Da generazioni e generazioni, le battaglia più lunghe dell’umanità sono state per la libertà e per i diritti. Democrazia, libertà e pace sono state ottenute con sangue, sacrifici, sofferenze, lacrime. Oggi voi potete scegliere gli studi da intraprendere, lo sport da praticare, il lavoro da svolgere e tanto altro. In molti Paesi si sogna una condizione come la vostra – afferma Babak –. Ma tutti questi valori ogni secondo possono essere persi e la riconquista non è garantita, perciò il mio invito è a combattere per questi valori e diritti. Ogni giorno bisogna difendere la libertà e trasmettere questo alle prossime generazioni. Voi studenti siete luce per la generazione dei vostri genitori, per portare avanti questa missione e anche un giorno per trasmettere queste parole ai vostri figli e nipoti”.

Caro Babak da parte del collegio Marianum, ma anche della lista universitaria della Cattolica Astra impegnata nel sociale e anche nei diritti umani tramite la beneficienza, speriamo di essere le future generazioni che nei più svariati campi del sapere e del lavoro sociale e umano, riusciremo a cambiare le cose. Ti ringraziamo per la tua energia, per la tua luce, che sono forza per noi. Grazie a questo incontro al Marianum è rimasto un messaggio profondo: aggrappatevi a un credo, un credo di libertà, un credo di lotta che vi dia un motivo per vivere e realizzare i vostri sogni, amandovi, senza violenza e aiutando il prossimo. Questo il Marianum, lo sa bene, vivendo all’interno di un luogo di formazione, che ogni giorno con i suoi insegnamenti spirituali parte dall’offerta formativa dell’università, ti insegna ad amare, attraverso lo studio la convivenza e le esperienze come queste che, arricchiscono l’anima.

Alice Di Caro

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