Ricordate La Sirenetta? Attenzione, non parlo della principessa Disney con i capelli rossi, ma di quella creata da Hans Christian Andersen, che per amore si trasforma in spuma del mare, senza riuscire a ottenere il tanto desiderato “e vissero felici e contenti” con il principe.

Vi siete mai chiesti da dove lo scrittore danese potrebbe aver tratto l’idea per creare questa fiaba dal fascino immortale? In quel caso Morte di una sirena di Thomas Rydhal e A. J. Kazinski, edito da Neri Pozza nella traduzione dal danese di Eva Kampmann e in libreria dal 15 ottobre, è il romanzo che fa per voi. Personalmente, da amante della Sirenetta, non sono riuscita a resistere alla tentazione di immergermi in questa lettura cupa e coinvolgente, da cui è difficile separarsi.

Morte di una sirena parte da un presupposto interessante: per quasi tutti i giorni della sua vita adulta, dal 1825 al 1875, anno della sua morte, Andersen scrisse un diario. L’unico vuoto dura un anno e mezzo ed è l’estate del 1834, il periodo immediatamente successivo il viaggio dello scrittore in Italia, dal quale ritorna sul lastrico. Nessuno conosce le motivazioni di questo buco, e Morte di una sirena cerca di colmarlo prendendo le mosse proprio dal punto in cui il diario s’interrompe.

La storia si svolge in una Copenaghen che non ci aspettiamo, violenta e minacciosa, una vera e propria “fabbrica che produce malattia e indigenza”: qui facciamo la conoscenza di Anna, la bella prostituta che lavora per mantenere Piccola Marie, la figlia di sei anni. Ma la storia della giovane donna si conclude tragicamente: il suo corpo senza vita viene ritrovato in un’alba gelida nel canale della città, con i capelli scintillanti di conchiglie, proprio come quelli di una sirena. Molly è la sorella minore di Anna e non ha dubbi su chi sia l’assassino: deve trattarsi per forza di quello “scrittorucolo” da strapazzo, quello svitato che andava a trovare Anna soltanto per osservarla e realizzare ritagli di carta che le somigliavano. E d’altronde è anche l’ultima persona che è stata vista uscire dall’appartamento della giovane, quindi il questore non si fa troppe domande e accusa Hans Christian Andersen di omicidio. A quei tempi Andersen è uno sconosciuto, i suoi scritti sono stati rifiutati da tutti i critici e lui vive grazie alla carità di un amico influente, il quale riesce a far sì che Andersen ottenga un’ultima chance: tre giorni per trovare l’assassino di Anna, oppure sarà lui a essere decapitato.

Inizia così per lo scrittore una corsa contro il tempo, un viaggio che lo porterà nei meandri più oscuri e poveri della città, dove le persone sono costrette a svolgere i lavori più umili per tirare avanti, in uno stridente contrasto con lo sfarzo dorato della casa reale che organizza feste in maschera e banchetti sontuosi. Ad accompagnarlo Molly, prostituta anche lei come la sorella, con i riccioli rossi e il desiderio di vendicare la morte di Anna, ma anche di assicurare un futuro alla nipote, un futuro migliore di quello toccato a lei e Anna.

L’Andersen che conosciamo in Morte di una sirena è ancora ben lontano dalla fama, ma in lui emergono già alcuni di quei tratti che lo renderanno immortale: lui “vede cose che gli altri non vedono”, e d’altronde è questo “lo svantaggio della vita dello scrittore, l’avere un rapporto particolare con ogni dettaglio, l’essere schiavo della bellezza come gli altri sono schiavi di un carattere collerico”. Sono proprio queste sue caratteristiche, abbinate all’intraprendenza e al coraggio di Molly, che lo aiuteranno nella lotta contro un nemico terribile, il più pericoloso di tutti, perché nulla è più temibile di chi combatte contro se stesso.

Morte di una sirena è un crime che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, un magistrale intreccio di vicende e personaggi dai quali è impossibile staccarsi, una denuncia spietata della disparità tra le classi sociali; ma è anche un’appassionata sfida contro se stessi e il mondo intero, il tentativo disperato di elevarsi dalla propria condizione, e una lotta per diventare ciò che si desidera essere, a dispetto di quanto possa sembrare difficile. E quale modo migliore di descrivere il cambiamento, o meglio la volontà del cambiamento, se non tramite il racconto? Perché a dispetto di chiunque desideri soffocarlo o modificarlo a proprio piacimento, il racconto ha vita propria e soprattutto “trova sempre una via. Come l’erbaccia nell’acciottolato, spunta là dove è più necessario”. Ed è questo il grande regalo di Hans Christian Andersen ad Anna, a Molly, a Piccola Marie e in fondo a tutti noi: quello di avere dato una voce a chi non ce l’aveva, di averci fatto arrivare quelle storie meravigliose che ancora oggi vivono, di averci descritto “il folle mondo degli uomini” e il “desiderio di tutti di essere qualcos’altro”.

Nato dalla penna di alcuni tra i più famosi autori danesi, Morte di una sirena è stato accolto da uno straordinario successo di pubblico e di critica al suo apparire in Danimarca. Thomas Rydhal è conosciuto per L’Eremita, romanzo vincitore dello Harald Mogensen Award e del Glass Key, il premio per il miglior poliziesco scandinavo. A. J. Kazinski è lo pseudonimo di Anders Rønnow Klarlund, autore, regista e sceneggiatore danese, e di Jacob Weinreich, scrittore danese; tra le loro opere si ricorda L’ultimo uomo buono, pubblicato in 26 paesi. 

Eugenia Dal Bello

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