FENDI BY VERSACE E VERSACE BY FENDI

FENDI BY VERSACE E VERSACE BY FENDI

Lei è Donatella Versace, sorella di Gianni Versace e stilista dell’omonimo brand della “Medusa”. Lui è Kim Jones, fashion designer inglese, laureato presso la Central Saint Martins College of Art and Design e attualmente direttore artistico di Fendi. Insieme hanno dato vita a uno scambio creativo. Fendi e Versace hanno invertito i ruoli e disegnato per il marchio opposto e creato una capsule collection pre-fall 2022, disponibile da maggio esclusivamente nelle rispettive boutique.

I rumors sull’inattesa collaborazione sono iniziati a circolare lo scorso luglio, quando Kim Kardashian West ha pubblicato una foto a Roma al fianco di Donatella Versace e Kim Jones intitolandola: “Leggende”. Le voci di corridoio si sono moltiplicate e infine concretizzate durante la settimana della moda milanese.

L’incontro tra le due maison ha permesso la nascita di Fendace. La F e la V maiuscole sui capi non sono solo le iniziali dei brand, ma indicano anche Libertà (Freedom), Divertimento (Fun) e Virtuosismo, facendo allontanare per la prima volta Donatella Versace e Silvia Venturini Fendi dalle rispettive case di famiglia per ispirarsi alla visione dell’altro. Kim Jones, invece, ha indicato la strada del progetto. Il risultato è una sfilata-spettacolo con top model iconiche di ieri e di oggi (Naomi Campbell, Kate Moss, Amber Valletta, Shalom Harlow, Esther Cañadas, Irina Shayk, Gigi Hadid) che hanno portato sulla passerella i codici di Versace e Fendi tra motivi d’archivio e nuove visioni.

Versace by Fendi è ispirata al periodo da metà a fine degli anni novanta ed espressa esplicitamente nella fusione del monogramma Fendi con il motivo della “Greca di Versace”. I capi sono camaleontici e artigianali, caratteristica tipica dell’atelier Fendi. Un approccio multigenerazionale è incarnato anche da Fendi by Versace, in cui Donatella Versace ha portato delle inclinazioni punk rock con pizzi, spille da balia e applicazioni di cristalli.

Dopo la sfilata di Gucci e Balenciaga, questa è la seconda coppia di maison che ha lanciato una collezione in edizione limitata con la differenza che Fendi e Versace fanno parte di gruppi concorrenti, ovvero LVMH e Capri Holdings. Fendace, infatti, racconta il bisogno di sincerità nella moda di oggi, andando controcorrente rispetto alla priorità rappresentate dalla strategie di marketing e come ha dichiarato Jones: “Amici, idoli, mentori… La bellezza è nello stare insieme”.

Simone Lucci

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PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

Quante volte molti di noi comprando un capo d’abbigliamento, scarpe o accessori, si domandano: “Sto acquistando realmente un prodotto Made in Italy?”

Il gusto, la manifattura, l’artigianalità, la qualità del nostro Paese sono invidiate in tutto il mondo, tanto che i brand italiani sono corteggiati e spesso anche acquisiti da società estere.

Il sentore che qualcosa nel Fashion System stia cambiando e che molte aziende siano adocchiate da realtà estere lo avvertono i buyer andando a comprare per i vari show-room e dialogando con i rappresentanti. E purtroppo in tanti casi è già vero: molte aziende non sono più italiane.

Era il 1967 quando venne fondato il brand Fiorucci, lo stilista Elio che negli anni 70-80 ebbe la sua massima popolarità. Purtroppo non tutto è destinato a durare, infatti, nel 1990, l’azienda Fiorucci venne rilevata dalla Edwin International, società giapponese che possedeva la licenza e la proprietà di diverse aziende, per poi passare alla Società inglese Schaeffer, che finora è a capo del marchio.

Ci sono fondi di investimento, come il francese Kering, un vero e proprio colosso globale del lusso che ha acquistato diverse maison tra cui il brand Gucci, fondato da Guccio Gucci nel 1921 a Firenze. Marchio di fama internazionale e un’icona della Dolce Vita che oggi, sotto la guida dello stilista Alessandro Michele, sta avendo nuovamente un enorme successo.  Gli italianissimi Bottega Veneta, Pomellato, Dodo e Brioni sono passati anch’essi al gruppo Kering.

La rinomata e amata Maison Valentino nasce negli anni ’60, quando si afferma la Dolce Vita, e resta italiana fino al 2012, anno in cui il fondo di investimento Mayhoola, con sede in Qatar, acquista l’azienda.

Emilio Pucci, Loro Piana, Fendi e Bulgari sono state acquistate negli anni dal gruppo LMVH, multinazionale francese che conta oltre 70 marchi ed è quotata alla Borsa di Parigi.

Tra i casi che hanno tenuto alta l’attenzione degli italiani, c’è quello di Versace, il cui brand è stato venduto allo stilista americano Michael Kors per 2 miliardi di dollari, anche se Donatella Versace, che ha preso le redini dell’azienda dopo la morte del fratello Gianni nel 1995, ha mantenuto assieme al fratello Santo una piccola quota.

Era il 1991, in gran voga il jeans a vita bassa e Miss Sixty, leader di questa tipologia di pantalone. C’era anche Energie, balzato nell’olimpo per la vestibilità più street del jeans. Un destino comune quello delle due aziende che, insieme al marchio Roberta di Camerino, Murphy Nye e RefrigiWear®, vengono cedute nel 2012 a un fondo di investimento panasiatico.

Le aziende vendute a società estere sono tante, ma in tutto questo notiamo anche qualche azione in contro tendenza: nel 2003 l’azienda francese Moncler è stata acquistata dall’imprenditore italiano Remo Ruffini e, nel 2020 Stone Island entra a far parte di Moncler.

Diesel, dello stilista veneto Renzo Rosso, Dolce & Gabbana, fondato nel 1985 da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sono altri esempi di brand nati e conservati nel nostro Paese. Poi ancora: Moschino, Max Mara, Salvatore FerragamoEtro e Missoni. E Prada (fondata a Milano nel 1913 dai fratelli Mario e Martino Prada con il nome Fratelli Prada, e poi negli anni gestita da Miuccia Prada e dal marito Patrizio Bertelli) è diventata una SPA, alla quale appartengono altri brand, tra cui Miu Miu, Church’s, Car Shoe, Fondazione Prada, e mantiene il domicilio in Italia. E poi c’è lui, re Giorgio (Armani), con la sua azienda fondata insieme a Sergio Galeotti nel 1975.

Una cosa è certa: venduti oppure no, i marchi del Made in Italy hanno una marcia in più.

Cristiano Gassani

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