IL PROCURATORE AMICO

IL PROCURATORE AMICO

Giuseppe Piraino, per tutti Peppe, classe 1979, nasce a Palermo: giovanili in rosanero e diverse esperienze in serie minori. Centrocampista, a 27 anni, per un problema fisico abbandona il calcio giocato. Oggi è un procuratore sportivo ed è un piacere parlare di calcio con lui. È interessante perché si percepisce la passione che lo muove e che gli ha fatto scegliere un lavoro dove il calcio è la quotidianità e la sua attività è il fulcro di chi col pallone ci vuol vivere. Diventare procuratore per Peppe è stata una scelta dettata un po’ dal caso. “Volevo fare l’allenatore però, alla fine del corso, il giorno prima della prova pratica, giocando con gli amici mi sono procurato uno stiramento del polpaccio – ricorda Piraino –. Ma al test attitudinale mi sono presentato ugualmente, con le stampelle, anche se, ovviamente non ho potuto sostenere la prova: volevo dimostrare che non era mia intenzione scappare. Il destino poi mi ha portato tre mesi dopo a tentare il primo esame per diventare procuratore”. Una volta imboccata la via, Peppe l’ha seguita con determinazione e tenacia conseguendo l’autorizzazione già nel 2013. Ben prima, quindi, della giungla regolamentare del triennio 2015/18 quando era consentito intraprendere la professione senza sostenere esami, il che scatenava confusione e pressapochismo. Dal luglio 2019, per fortuna, per potersi iscrivere nei registri nazionali degli Agenti della FGCI (Federazione Italiana Gioco Calcio) e del CONI si è ritornati a un’attenta valutazione e a una severa abilitazione; si tratta infatti di un mestiere molto ambito ma delicato e di responsabilità.

Il procuratore sportivo, o agente come sarebbe meglio definirlo adesso, è la persona che negozia, per conto degli atleti, i contratti con le società sportive ottenendo, in cambio, una percentuale dell’ingaggio. “In tutta Europa sta assumendo un ruolo determinante nelle trattative di mercato tanto che spesso l’interlocutore per una contrattazione non è più la società di provenienza ma l’agente del giocatore, ed è lui a decidere e gestire la trama dei trasferimenti”, precisa Piraino. Va da sé che i procuratori dei giocatori più famosi, dei top player, sono essi stessi diventati “top manager” gestendo e organizzando a volte trasferimenti di portata pari alla manovra finanziaria di piccoli stati, e guadagnando di conseguenza. Il calcio non è però solo CR7 o Neymar, ma è un sistema che si fonda su un’ampia e solida base di appassionati, gli agenti come Peppe Piraino gestiscono quindi anche la quotidianità di ragazzi che col calcio ci devono vivere. Ed ecco che il ruolo del procuratore diventa quello di psicologo, di confidente, a volte di fratello maggiore. “Mi chiedono consigli sull’auto da acquistare, sulla casa o sul mutuo, o più semplicemente su dove andare a divertirsi per una serata perché, in fondo, spesso sono ragazzi di vent’anni o poco più – racconta Piraino –. Ma capita anche di frenarli nelle uscite se la squadra non va bene. A volte, poi, può servire qualche consiglio sul look. Ovviamente tutti sono sui social, e se arrivano a un buon livello vengono seguiti anche da più social manager, come dei veri Vip”.

Piraino non ha gestito solo giovani promesse, ma anche professionisti come Iturbe, Mandragora o La Gumina, ed è stato protagonista del trasferimento di un top player come Paulo Dybala dal Palermo alla Juventus. L’esperienza che il pur giovane procuratore siciliano può vantare, garantisce ai suoi assistiti di poter ricevere sempre il sostegno e il suggerimento giusto.“Oggi i giocatori mi conoscono grazie al passaparola, mi cercano anche perché sanno che sono sempre molto presente – precisa Piraino –. Per me, il tempo da dedicare a un giocatore di serie A o di serie C è lo stesso anche se, ovviamente, i guadagni sono molto più alti se si seguono le stelle del calcio. Bisogna comunque considerare che nelle serie inferiori ci sono bravi giocatori che aspettano solo l’occasione giusta”. In queste parole traspare la passione che Peppe regala perché sa che, se fatto bene, il suo lavoro può portare al successo, alla fama ma anche a far sì che un buon “pedatore”, come li chiamava Gianni Brera, possa alla fine pagarsi un mutuo e mantenere una famiglia con una professione affascinante ma effimera e incerta come quella del calciatore.

Fabio Conte

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