BAMBINA CHE CORRE SUL BALCONE. DISEGNI E SCHIZZI DI BALLA IN MOSTRA AL GAM

BAMBINA CHE CORRE SUL BALCONE. DISEGNI E SCHIZZI DI BALLA IN MOSTRA AL GAM

Giacomo Balla, pittore, scultore e scenografo, è nato a Torino il 18 luglio 1871. In occasione dei 150 anni dalla sua nascita la Galleria d’Arte Moderna di Milano (GAM) dedica un approfondimento a una delle sue opere più note: “Bambina che corre sul balcone”, abitualmente esposta nella Collezione Grassi, ora al centro di uno spazio al primo piano del museo.

La bambina ritratta nel dipinto è una delle sue figlie, la piccola Luce di 8 anni. 

Balla inizia a realizzare “Bambina che corre sul balcone” nel 1912 e, con la tecnica divisionista, ricrea una scena quotidiana dando espressione al “dinamismo”, uno dei concetti chiave del movimento futurista.

Le linee verticali e orizzontali dell’inferriata del balcone si sovrappongono alle parti del corpo in movimento fino a fondersi in un’unica visione dinamica. Grazie alla sequenza dei fotogrammi leggermente sfasati e sovrapposti Balla ottiene l’effetto della velocità e del movimento. Per realizzare “Bambina che corre sul balcone”, l’artista aveva approfondito gli esperimenti condotti in fotografia a proposito di questo tema.

I colori sono vivaci squillanti, eredità del periodo divisionista di Balla e delle sperimentazioni seguite a un viaggio a Düsseldorf, dove aveva potuto osservare alcune opere del fauvismo, corrente che usava il colore in modo puro ed emotivo. Balla sottolinea la vivacità della bambina con la scelta di tinte accese: azzurro, verde, giallo, marrone, che creano una sorta di mosaico in movimento.

Il balcone del quadro in questione è quello della casa romana di Balla, in via Paisiello e, a conferma di questo, sono esposti anche un olio di Armando Spadini che ritrae la strada e una fotografia del pittore con la famiglia proprio sul balcone rappresentato. Il dipinto è un olio su tela, di 125 x 125.

Accanto a “Bambina che corre sul balcone”, a Milano, fino al 13 marzo, sono esposti i disegni, gli schizzi preparativi e le bozze di Giacomo Balla sullo studio del movimento. Composizioni quasi astratte che consentono di capire l’intero processo alla base di quest’opera e ci danno notizie delle ricerche condotte dall’artista in quel periodo.

Clementina Speranza e Andrea Cordio

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IL MONDO DI BANKSY

IL MONDO DI BANKSY

Dopo le edizioni di successo di Parigi, Barcellona e Praga, la mostra “THE WORLD OF BANKSY – THE IMMERSIVE EXPERIENCE”, a Milano, riunisce opere di proprietà privata e riproduzioni di murales realizzate da giovani artisti anonimi di tutta Europa. Nel cuore del Teatro Nuovo si rivive l’atmosfera di strada. In una mostra, rigorosamente non autorizzata dall’artista da sempre contrario alla mercificazione dell’arte, si possono ammirare 60 splendide opere in versione stampata e più di 30 murales a grandezza naturale. 

Lui è Banksy, l’artista più misterioso di tutti i tempi che ha conquistato il pubblico con ironia, denuncia, politica, intelligenza e protesta.

Ma chi Banksy? Nessuno lo conosce, ma si conosce il suo nome. Probabilmente è il più famoso artista di graffiti del mondo. Artista e writer inglese, attivo dagli anni ’90, ha rapidamente creato il suo mito con  uno stile provocatorio e un’incessante ricerca dell’invisibilità. La sua fama non è dovuta solo all’arte, ma anche alla sua identità che, nonostante il successo, continua a rimanere ignota. “Non so perché le persone siano così ansiose di mettere in pubblico i dettagli della loro vita privata. Dimenticano che l’invisibilità è un superpotere” è infatti una sua frase.

Nel 2010 è stato descritto dal Times Magazine come una delle 100 persone più influenti al mondo, insieme a Obama, Steve Jobs e Lady Gaga.

Nel corso degli anni, Banksy ha trasformando le strade di tutto il mondo, da Londra a New York, da Berlino a Timbuctù, da Gaza a Tokyo, in tele giganti.

In mostra al Teatro Nuovo c’è “Rat and champagne” che l’artista ha realizzato a Parigi nel 2018, nel quartiere di Montmartre: lungo una scalinata, un secchiello del ghiaccio e una bottiglia di champagne aperta.  Il tappo si trova in alto, in pieno volo, pilotato da un topo (l’animale preferito da Banksy).

C’è anche “Soldiers Painting”, dipinto a Londra nel 2005. L’immagine era apparsa per la prima volta fuori dalle camere del Parlamento durante una protesta contro la guerra guidata da Brian Haw, un attivista inglese che aveva vissuto per un decennio nel campo della pace di Westminster. Il coinvolgimento del Regno Unito nella guerra in Iraq del 2003 era stato portato alla luce e il fatto che milioni di persone protestassero contro l’invasione era stato ignorato. Lo stampino fu confiscato per presunta violazione delle leggi riguardanti le proteste. Si ipotizza che “Soldiers Painting”, oltre a fungere da protesta contro la guerra, denunci la repressione della libertà di parola.

“I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini che sganciano bombe e massacrano i villaggi”, anche questa frase di Banksy è presente a parete in inglese e in italiano.

C’è “If graffiti changed anything”. Banksy ha creato questo stencil il lunedì di Pasqua nel 2011 su un muro a Fitzrovia, nel centro di Londra. Il colore rosso sangue è usato per la frase e anche per il topo che segna con la sua zampa l’autorità della frase. L’opera, che richiama un vecchio slogan anarchico coniato da Emma Goldman: “Se il voto cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale”, è apparsa in un momento in cui gli artisti di strada venivano arrestati e talvolta imprigionati (per esempio, Invader e Revok a Los Angeles).

A Bristol, negli anni ’80, i graffiti emergono come una forma di espressione praticata principalmente da giovani provenienti dalla classe medio bassa. In quegli anni, John Nation, di un quartiere di Bristol, Barton Hill,  visita Amsterdam, rimane affascinato dai vibranti graffiti delle strade cittadine, inizia a documentarsi e condivide il materiale raccolto con il Barton Hill Youth Club, gruppo di artisti di strada appena nato. A Bristol, si comincia così a “taggare” utilizzando vernice spray, e le forze dell’ordine iniziano a reprimere i primi graffitari, tra cui vi è Bansky, considerandoli  “delinquenti”.

Come diceva Bansky: “Non c’è niente di più pericoloso di qualcuno che vuole rendere il mondo un posto migliore”.

Clementina Speranza

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L’ARTE DI FILIPPO BRAGATT

L’ARTE DI FILIPPO BRAGATT

Emiliano di adozione, creativo, autentico, comunicativo. Lui è Filippo Bragatt, artista famoso per le installazioni e per i grandi ritratti di personaggi famosi. Di recente, un suo bellissimo dipinto nella copertina della rivista Arbiter e “Never Let Your Brain Sit”, l’installazione donata al comune di Santa Margherita Ligure: una panchina rosa, bianca e blu attraversata da un albero. “Quella panchina nasce per dimostrare che la natura si può ribellare: in una panchina su cui ci rilassiamo, leggiamo il giornale, ci baciamo, irrompe un albero. Vuole essere un monito per trovare una convivenza sostenibile”.

Ho conosciuto Bragatt mentre facevo un ordine per i miei negozi in un’azienda di streetwear (Progetto 27) dove Bragatt è consulente creativo. Inizialmente sulle stampe delle t-shirt reinterpretava, e in parte dissacrava, alcuni personaggi storici italiani famosi in tutto il mondo: Dante Alighieri, Garibaldi, Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi. Così i geni diventavano moda e la moda diventava arte. 

La sinergia creata tra l’artista e il fashion brand ha fatto sì, che i capi venissero indossati anche da personaggi dello spettacolo.

Il nostro incontro più recente avviene a Firenze, in un bar. Mi saluta con un gran sorriso e inizia con questa frase la nostra intervista, “Grazie Cristiano per essere qua, vedi ogni storia è un cammino in cui l’emozione più bella è negli inizi, iniziamo questo piccolo viaggio insieme in maniera solare”. Mi colpisce la sua frase, e mi colpisce la storia della sua carriera: un percorso, fatto di scelte, incontri, scontri e fortune, partendo dalla provincia di Milano. Bragatt comincia la sua carriera esibendosi in spettacoli comici in locali di provincia, ma capisce presto che preferisce le arti grafiche, un metodo veloce e diretto per arrivare alle persone.

Mentre parliamo poggia sul tavolo la tazza di caffè, sorride e dice “L’arte salva chi la fa”. E mi spiega, che il bello di fare arte è proprio partire dalle sconfitte e risalire la china.

Un suo sogno? Esporre al Moma di New York. 

Ma quale opera esporrebbe? “Un’idea che riguarda la capacità di sognare, semplice e densa di significato allo stesso tempo: un cassetto gigante, vicino a un piccolo comodino. Realizzato, ovviamente, in marmo di Carrara!

Sappiamo ancora concederci il tempo per vedere i sogni che stanno nel nostro cassetto, o il cassetto è solo un posto per riporre ciò che non usiamo?”, aggiunge Bragatt.

Basquiat, Keith Haring, Pollock, Schifano, Guido Cagnacci, Gino de Dominicis, Domenico Gnoli, Jeff Koons, Damien Hirst, Julian Schnabel, Francesco Vezzoli, sono le fonti dalle quali Filippo Bragatt trae ispirazione e stimoli per esprimere il suo genio creativo. “Mi incuriosiscono e mi interessano le loro vite, ancor prima delle loro opere. Vite che si incrociano con città, metropoli, epoche e periodi storici completamente diversi”, spiega.

E mi racconta di Mario Schifano, uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale degli anni Sessanta. Un Andy Warhol tutto italiano, dal carattere eccentrico e poliedrico, amante della bella vita e innamorato della sua Roma. “Con i soldi della sua prima mostra compra una MG bianca, e la guida senza patente, distruggendola contro un palo poco dopo”, riferisce accennando un sorriso. 

Il tempo vola, e quando si avvicina il momento del saluto Bragatt conclude con un messaggio: “L’arte è rappresentazione della vita, allora è proprio da essa che si deve partire”.

Cristiano Gassani

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LA DIVERTENTE MOSTRA “I LOVE LEGO”

LA DIVERTENTE MOSTRA “I LOVE LEGO”

Sono i moduli più famosi al mondo. Più di un milione di mattoncini assemblabili e costruzioni che incantano. Un caleidoscopio di colori per I LOVE LEGO, una mostra pensata per sognare, divertirsi, scoprire il proprio lato ludico e creativo scrutando tra i dettagli di mondi in miniatura.
Opere di architettura e ingegneria, decine di metri quadrati di scenari interamente realizzati con mattoncini Lego®. Città moderne e monumenti antichi, dalla città contemporanea ideale alle avventure leggendarie dei pirati, dai paesaggi medievali agli splendori dell’Antica Roma, ricostruiti e minuziosamente progettati.

Tra le diverse installazioni sono presenti anche 17 oli ispirati a grandi capolavori della storia dell’arte reinterpretati e trasformati in “uomini lego” dall’artista contemporaneo Stefano Bolcato, che unisce la sua passione per i Lego® e la sua arte. Attraverso una tecnica pittorica a olio, l’autore crea forme di assemblaggio ispirate dal “magnetismo” dei ritratti rinascimentali.

Così, l’artista propone la sua versione di Canto d’amore, del 1914 opera di Giorgio De Chirico, del ritratto di Dante Alighieri realizzato da Sandro Botticelli e di quello di Guidobaldo da Montefeltro di Raffaello, dell’autoritratto con scimmia di Frida Kahlo, della Gioconda di Leonardo da Vinci, de L’uomo senza memoria di Renè Magritte. E poi ancora i ritratti di Lady Diana, Maria Montessori e Yayoi Kusama. Con acrilico su tela: Angel di Keith Haring, Brick Having di Keith Haring, Stepping out di Roy Lichtenstein.

Sette fantastici diorami sono stati costruiti grazie alla collaborazione di un gruppo di appassionati collezionisti.

Classic Space
Ideato e progettato da uno dei più grandi collezionisti di set e pezzi originali della serie Anni ’80 Lego® Classic Space, Massimiliano Valentini, il grande diorama “Spazio” riproduce un insediamento minerario lunare. In questo futuristico scenario l’uomo si avvale dell’aiuto di astronavi, droidi e macchinari per la ricerca di nuove risorse. La sua realizzazione è in continuo divenire in quanto di volta in volta si arricchisce di nuovi elementi unici e irripetibili creati dal costruttore che trae ispirazione oltre che dalla serie originale anche dalle più importanti saghe di fantascienza cinematografiche.

Grande Diorama City

Il Grande Diorama City (work in progress dal 2016) è la massima espressione del tema cittadino rappresentato da costruzioni uniche e irripetibili, realizzate interamente con mattoncini originali utilizzando sia tecniche di costruzione tradizionali sia tecniche anticonvenzionali: 200 mila pezzi.
I costruttori progettano e realizzano indipendentemente le loro opere usando modelli e stili diversi, utilizzando schizzi, disegni tecnici ma anche software di progettazione dedicati ai mattoncini Lego. La collezione di queste creazioni viene arricchita costantemente da nuove opere composte da migliaia di mattoncini e ricche di particolari.

L’assetto urbano viene definito usando software CAD più convenzionali; si delineano così quartieri del centro storico, tratte ferroviarie, zone verdi e aree ricreative.

Roma e i fori imperiali – Il foro di Nerva

Antonio Cerretti con un diorama di 80 mila mattoncini fa il Foro di Nerva o Transitorio, uno dei fori definiti come imperiali, un insieme di monumentali piazze che costituivano il centro della città di Roma in epoca imperiale. Iniziato dall’imperatore Domiziano, fu inaugurato dal suo successore Marco Cocceio Nerva nel 97 d.C.

La pianta del Foro di Nerva fu condizionata dallo spazio disponibile tra i complessi precedenti: la piazza ebbe una pianta stretta e allungata. Al centro del foro era presente il tempio di Giano, realizzato come arco quadrifronte. All’estremità la piazza era dominata da un tempio dedicato a Minerva dietro al quale era posizionata la Porticus Absidata, un ingresso monumentale all’area dei fori dal quartiere limitrofo. Il lato breve opposto al tempio, a ridosso del Foro Romano, aveva pianta curvilinea. Su questo lato doveva esistere un ingresso dal Foro Romano, forse identificabile con l’Arcus Nervae citato in alcune fonti medioevali.

Pirati

È ispirato alle avventure leggendarie nei lontani mari caraibici.
Le opere contenute hanno richiesto svariati tentativi e modifiche, di natura sia stilistica che strutturale. L’atollo di origine vulcanica è ritenuto il posto perfetto per nascondere i tesori di mille scorribande mentre gli indigeni sono pronti a difendere il proprio territorio. I gendarmi sono appostati per recuperare il bottino e imprigionare i malviventi.
Il kraken, mostro marino leggendario dalle dimensioni abnormi (5.350 pezzi) è stato progettato interamente in digitale con successive modifiche estetico/strutturali.

Il mito di questo animale (che infestava gli incubi dei marinai di tutto il mondo, di dimensioni abnormi, generalmente immaginato come un gigantesco cefalopode tipo calamaro con tentacoli così lunghi da avvolgere una nave) si è sviluppato soprattutto fra il Seicento e l’Ottocento. La nave pirata Sea Reaper è ispirata alla famosa nave HMS Victory, un vascello di prima classe, a tre ponti da 104 cannoni della RoyalNavy, costruita negli anni 1760. La paratia laterale è apribile, al fine di mostrare i ponti e le cabine arredate.

La nave pirata Snake Wing è di libera ispirazione e presenta ponte e cabine arredate. Le vele e i cordami sono realizzati con pezzi originali presi dai set della serie “Pirates”.

Nido dell’aquila

Ispirato alla saga A Song of Ice and Fire dello scrittore americano George R.R. Martin e alla pluripremiata serie tv Game of Thrones, l’inespugnabile roccaforte di Nido dell’Aquila (The Eyrie) è la residenza della casata Arryn, protettrice dell’Est.
Lo spettacolare progetto conta circa 300 mila mattoncini. Inizia a prendere corpo nella mente del progettista, Manuel Montaldo nel 2014, e dopo 2 anni di intenso lavoro viene esposta per la prima volta al “Lucca Comics and Games 2016” tra lo stupore del pubblico.

Lo scenario, a cui continuano ad aggiungersi nuovi dettagli anno dopo anno, occupa una superficie di quasi 3 metri quadrati, mentre la sommità del castello raggiunge 1,80 m di altezza. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati oltre 300 mila pezzi, reperiti in oltre 3 anni di ricerca.

Grande Diorama Castello

Il diorama medievale nasce da un’idea di Marco Cancellieri e Jonathan Petrongari nel lontano 2011, partecipa alla costruzione anche Marcello Amalfitano. Vengono utilizzati 250 mila pezzi, soggetti a numerosi cambiamenti nel corso degli anni. Del progetto iniziale è rimasta soltanto l’imponente città fortificata che sorge nella parte sud; tutto il resto è stato costruito tra il 2013 e il 2015.

Questo diorama può raggiungere la superfice record di 27 metri quadrati.
Partendo da sud troviamo una piccola foresta abitata dai Forestman, un piccolo forte dei Black Falcons (personaggi della serie originale Lego® Classic Castle), e la città fortificata sviluppata intorno alla Basilica. Da questa parte il sentiero porta a un piccolo villaggio e all’entrata della foresta.
Oltre la foresta ci sono il villaggio alle porte di Winterfell e la dimora della casata Stark, ultimo castello presente nel profondo Nord, ispirato alla serie tv Game of Thrones. Nel Castello, il giardino con l’Albero Cuore.

Porto

Il diorama Porto nasce da un progetto di Andrea Battaglia, nel 2019, ed è composto da 150 mila moduli Lego.
In questa installazione viene riprodotta una porzione del porto antistante la città: i grandi palazzi si stagliano sul lungo molo dove approdano gli yacht delle celebrità e i motoscafi dei cittadini che si concedono un giorno di svago godendosi il mare.

Tra le navi più belle spiccano il catamarano “Queen Mary” da 3.800 pezzi, il “Nemesi” (quello con la chiglia verde) da 3.100 pezzi e il colossale “Prince Marie” (tutto nero) da 2.900 pezzi.

Per arricchire il mare sono stati utilizzati ben 75 milaplate tondi… posati a mano.

Poi in mostra “Legolize”, la pagina umoristica che crea installazioni comiche utilizzando proprio i LEGO. Fondata da tre ragazzi (Mattia Marangon, Samuele Rovituso e Pietro Alcaro) la pagina è nata nel 2016 e attualmente conta più di mezzo milione di fan su Instagram e altrettanti su Facebook.

I LOVE LEGO racconta l’incredibile evoluzione di quello che da giocattolo tra i più comuni e conosciuti, negli anni, si è trasformato in arte. È una mostra promossa dalla Fondazione per la Cultura Pontedera in collaborazione con il Comune di Pontedera, PALP e Arte Per Non Dormire, ed è organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia. Fa parte del progetto “Arte Per Non Dormire – Pontedera ed Oltre XXI Secolo”, l’ampio progetto di arte contemporanea per la Regia di Alberto Bartalini.

Dal 27 gennaio 2021, al PALP Palazzo Pretorio di Pontedera.

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LE SIGNORE DELL’ARTE E LA PASSIONE DI RICOLA, LA CARAMELLA SVIZZERA

LE SIGNORE DELL’ARTE E LA PASSIONE DI RICOLA, LA CARAMELLA SVIZZERA

Si chiama “Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ’500 e ’600” ed è una mostra tutta al femminile. L’obiettivo è esplorare l’universo “donna” in tutte le sue sfumature, in linea con il palinsesto I talenti delle donne, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano.

C’è Artemisia Gentileschi, figlia di Orazio, la cui arte rivaleggia con quella dei pittori dell’epoca. È la prima donna accolta all’Accademia delle arti del disegno, un prestigioso riconoscimento. Ottiene importanti commissioni dalle famiglie fiorentine (Medici compresi), stringe amicizia con Galileo Galilei, che nutre per lei grande stima, e con Michelangelo Buonarroti il giovane, il quale le commissiona una tela per celebrare il suo illustre antenato e intrattiene con lei una corrispondenza. Per l’accusa di stupro subita si è sottoposta a diverse visite mediche e ha anche accettato un interrogatorio sotto tortura (per questo ha rischiato di perdere le dita, danno incalcolabile per una pittrice della sua levatura) volto a verificare la veridicità delle sue dichiarazioni.

C’è la cremonese Sofonisba Anguissola, protagonista nella vita artistica delle corti italiane data anche la sua competenza letteraria e musicale. È citata nelle “Vite” di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva avesse talento. Era stato il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c’era anche “Fanciullo morso da un gambero”, nel quale la giovane artista aveva colto l’espressione del dolore infantile, che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel “Ragazzo morso da un ramarro” di Caravaggio. Nel 1559, Sofonisba approda alla corte di Filippo II di Spagna come dama di corte della regina Elisabetta e diviene la ritrattista della famiglia reale fino alla morte della sua protettrice, nel 1568. Un ritratto di Elisabetta di Valois conservato al Museo del Prado è attribuito a lei. Nel 1573, l’Anguissola sposa il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferisce in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò, dove continua la sua attività di pittrice e dove lascia la tela Madonna dell’Itria.

C’è Lavinia Fontana che a 25 anni sposa il pittore Giovan Paolo Zappi alla sola condizione di poter continuare a dipingere, e fa poi del marito il proprio assistente. Chiamata a Roma dal nuovo papa Gregorio XIII, suo conterraneo, grazie a tale alta protezione esegue innumerevoli lavori per l’entourage della corte papale, nobiltà romana e rappresentanze diplomatiche, tanto da essere soprannominata “la Pontificia Pittrice”. Nonostante le undici gravidanze, la sua produzione è corposa: oltre ai numerosissimi ritratti di nobildonne, diplomatici e personalità d’ogni sorta, Lavinia dipinge un centinaio di pale d’altare (ne sopravvivono 30 firmate e 25 con attribuzione contrastata) e realizza diverse sculture di uomini in battaglia. In mostra con 14 opere, tra cui l’Autoritratto nello studio (1579) degli Uffizi, la Consacrazione alla Vergine (1599) del Muséedes Beaux-Arts di Marsiglia, e alcuni dipinti di soggetto mitologico di rara sensualità.

 

La mostra porta il visitatore alla scoperta di 34 artiste, dalla più nota Artemisia Gentileschi fino a quelle meno conosciute ma non meno importanti, che tra il ’500 e il ’600 hanno saputo infondere vitalità e creatività al femminile all’interno del panorama artistico dell’epoca. Attraverso le circa 130 opere esposte, provenienti da 67 prestatori differenti, nazionali e non, tra le quali vi sono opere mai esposte prima, i visitatori potranno scoprire non solo il talento artistico, ma anche le vicende personali che hanno portato le protagoniste della mostra a distinguersi nel contesto artistico culturale in cui hanno vissuto.

Figlie, mogli, sorelle di pittori, o a volte donne di religione: la mostra Le Signore dell’Arte presenta attraverso 5 sezioni la grande abilità compositiva di queste pittrici e, tramite il racconto delle loro storie personali, guarda al ruolo da loro rivestito nella società del tempo, al successo raggiunto da alcune di esse presso le grandi corti internazionali, alla loro capacità di sapersi relazionare, distinguere, affermare, trasformandosi in vere e proprie imprenditrici. La mostra pone in evidenza una costellazione di giovani talentuose che, seppur con storie e percorsi differenti, fanno comprendere come il ruolo delle donne acquisito nel corso del XVI e XVII secolo non è legato solo a episodi sporadici o straordinari, ma è un fenomeno che abbraccia tutta l’Italia. Ognuna delle loro storie è un racconto avvincente, che parla di viaggi attraverso l’Italia e l’Europa o di lunghe clausure, di percorsi interrotti precocemente o di vite quasi centenarie, di produzioni artistiche prolifiche o limitate, di comportamenti trasgressivi o condotte morigerate. Autoritratti volitivi come segno della consapevolezza del loro ruolo di artiste, ritratti di intensa penetrazione psicologica, eroine dell’antichità come esempi di ribellione e forza d’animo, figure storiche mitologiche e allegoriche, composizioni naturalistiche o simboliche di fiori, frutti e animali, scene religiose e mistiche che riflettono il complesso dibattito del tempo: ogni soggetto è accuratamente indagato dall’occhio attento delle artiste. I misteri della psiche, le virtù femminili, l’eroismo intimo e quotidiano, ma anche il pathos del tradimento, dell’inganno, del pentimento: tutti i sentimenti sono svelati attraverso una poetica pittorica intensa e partecipata. 

Organizzata da Palazzo Reale e da Arthemisia (azienda leader nell’organizzazione di grandi mostre), la mostra è promossa dal Comune di Milano, con il sostegno di Fondazione Bracco. L’azienda Ricola, partner della mostra, continua a sostenere Arthemisia e le sue iniziative offrendo anche i propri prodotti: i visitatori potranno infatti assaporare le note caramelle messe a disposizione del pubblico.

L’amore per l’arte è nel DNA di Ricola, proprio grazie alla sua famiglia fondatrice: la Ricola Holding AG, infatti, colleziona sin dagli anni Settanta arte contemporanea svizzera che espone negli edifici della sede del Gruppo Ricola. Nel corso del tempo si è creata così una collezione di notevole spessore qualitativo che comprende anche opere giovanili di artisti ormai affermati. La collezione vanta dipinti di Richard Paul Lohse, Max Bill, Camille Graeser e Verena Loewensberg, divenuti famosi col nome di “Zürcher Konkrete”, e riunisce in particolare svariati dipinti costruttivisti e teorici, fotografie e lavori su carta, nonché opere di matrice espressionista che hanno il corpo come protagonista. Fra le acquisizioni più importanti si contano opere, o gruppi di opere, firmate da Christoph Büchel, Jacques Herzog, Bruno Jakob, Karim Noureldin, Vaclav Pozarek, Shirana Shahbazi, Anselm Stalder e Erik Steinbrecher. La famiglia Richterich condivide la sua passione per l’arte con i dipendenti dell’azienda e con i visitatori esterni che possono partecipare a visite guidate presso la sede.

“Sostenere Arthemisia per noi è un atto di grande valore, ora più che mai, in un momento di ripartenza così delicato. Arte e cultura sono alla base del benessere dell’individuo, e portare il gusto di Ricola ai visitatori per noi significa dimostrare che l’azienda ha a cuore il consumatore a partire dalle attività di qualità che decide di svolgere nel tempo libero. Le mostre di Arthemisia ne sono un chiaro e riuscitissimo esempio”, afferma Luca Morari,  Amministratore Delegato Divita srl, azienda che dal 2006 si occupa della distribuzione dei prodotti Ricola in Italia.

La mostra è stata prorogata fino al  22 agosto 2021.

Clementina Speranza

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