Nikas Safronov è una delle figure più iconiche della pittura russa contemporanea con all’attivo 320 mostre personali nel mondo, solo negli ultimi 10 anni.
Sperimenta, fa riferimento costantemente al Realismo e al Simbolismo. È ritrattista: sulle sue tele ha immortalato capi di Stato, celebrità e anche Papa Francesco Bergoglio al quale ha regalato il suo ritratto. Un dipinto in cui l’immagine del Pontefice sorridente è in primo piano. Sullo sfondo, libere e leggiadre in volo tante colombe bianche simbolo di fedeltà, amore eterno, pace e, inoltre simbolo dello Spirito Santo. Infatti tutti quattro gli evangelisti (Marco, Matteo, Luca, Giovanni) raccontano la discesa dello Spirito in forma di colomba durante il battesimo di Gesù nel fiume Giordano.

Safronov, che all’inizio degli anni 2000 aveva incontrato Papa Giovanni II, è tornato oggi in Vaticano per donare a Papa Francesco un altro suo dipinto. Un quadro che è stato in orbita in una missione spaziale e, insieme all’equipaggio, ha compiuto più di 3 mila giri intorno alla Terra. L’opera, in olio su tela di 64 x 45,5, è stata dipinta nel 2022 e raffigura il Santuario di San José de Flores, a Buenos Aires. Una Basilica a cui Bergoglio è molto legato perché è situata nel quartiere della sua infanzia, a pochi passi dalla sua casa, in calle Membrillar 531. Nel 1954, l’allora 16 enne Jorge entrò in quella chiesa come “chiamato” da una forza superiore, si recò lì al primo confessionale sulla sinistra. E quando terminò la confessione ebbe la certezza che doveva farsi sacerdote.
Il Santuario di San José de Flores sarà così più vicino al Papa e avrà un posto speciale nella collezione del capo della Chiesa cattolica cristiana.

Il Pontefice ha concesso a Safronov un’udienza personale che si è svolta in Vaticano, nella calda atmosfera della biblioteca del Palazzo Apostolico. “Sono incredibilmente felice e onorato di essere accolto con tanta considerazione… L’arte è destinata a unire le menti e i cuori, i Paesi e i popoli. Cerco sempre di diffondere la spiritualità attraverso le mie opere, sono una persona religiosa… Sono grato al Papa per l’incontro, che ha avuto luogo nonostante gli ostacoli legati alla difficile situazione politica del mio Paese. Abbiamo parlato molto della ricchezza della cultura russa e di quanto sia importante ricordare tutte le metespirituali raggiunte dall’umanità”, ha detto Safronov.
Papa Francesco. che promuove i valori culturali come uno degli elementi importanti per accrescere la spiritualità universale, ha dato la sua benedizione all’artista e lo ha esortato a tenere mostre in Europa e anche in Vaticano. Ha sottolineato l’importanza della cultura russa e la sua inseparabilità dalla cultura mondiale. L’augurio è che questo sia un simbolo di rinascita del ponte culturale che ha unito tra loro la Russia e il mondo occidentale.
Safronov è stato insignito di numerosi premi dalla Chiesa ortodossa russa e di un gran numero di altri riconoscimenti pubblici ed encomi per la sua arte e per i molti anni di attività di beneficenza. “Dio è importante per me e faccio beneficenza”, ha precisato l’artista.
Safronov, oggi è un affascinante ed elegante 69 enne considerato uno dei 100 migliori pittori del ХХ e ХХI secolo, è nato l’ 8 aprile 1956 a Ulyanovsk in una famiglia modesta papà militare e mamma infermiera.
Il suo nome completo è Nikolai Stepanovich Safronov. Si è diplomato presso la Scuola d’Arte di Rostov M.V.Grekov, l’Istituto Accademico d’Arte di Stato di Mosca V.I.Surikov, e ha conseguito la laurea in Psicologia presso l’Università Statale di Tecnologia e Management di Mosca K.G.Razumovsky. È docente dell’Accademia Russa delle Arti, Professore e Preside della Facoltà di Cultura e Arte dell’Università Statale di Ulyanovsk, Professore del Dipartimento di Disegno e Pittura dell’Università Statale Russa Kosygin (Arte, Design, Tecnologia).
Per i suoi successi artistici, ha ricevuto un encomio dal Presidente della Federazione Russa ed è stato più volte premiato con medaglie d’oro dall’Accademia delle Arti e con onorificenze dalla CSI. È vincitore del “Premio Internazionale Pushkin” nella categoria “Arte. Pittura” (2024) e del Premio nazionale “Decano dell’anno” (2024).
Le sue opere si trovano in molti musei russi, tra i quali: l’Hermitage e il Museo Russo a San Pietroburgo, e a Mosca presso la Galleria Tretyakov, il Museo Statale di Belle Arti Puškin, il Museo Centrale di Storia Contemporanea della Russia. Parecchie delle sue tele si trovano anche nelle collezioni private di celebrità come Jack Nicholson, Madonna, Meryl Streep, Sofia Loren, Robert De Niro, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Elton John, Jean-Paul Belmondo e molte altre star mondiali. Nel corso della sua carriera, Safronov ha dipinto i ritratti di oltre 50 presidenti e re di tutto il mondo.
Nikas Safronov ha molti legami con l’Italia. È amico di Sofia Loren, cui ha dedicato diversi ritratti, e di Ornella Muti alla quale ha donato un dipinto esposto a San Pietroburgo che la raffigura in abito ottocentesco.
Clementina Speranza
Giacomo Balla, pittore, scultore e scenografo, è nato a Torino il 18 luglio 1871. In occasione dei 150 anni dalla sua nascita la Galleria d’Arte Moderna di Milano (GAM) dedica un approfondimento a una delle sue opere più note: “Bambina che corre sul balcone”, abitualmente esposta nella Collezione Grassi, ora al centro di uno spazio al primo piano del museo.
La bambina ritratta nel dipinto è una delle sue figlie, la piccola Luce di 8 anni.
Balla inizia a realizzare “Bambina che corre sul balcone” nel 1912 e, con la tecnica divisionista, ricrea una scena quotidiana dando espressione al “dinamismo”, uno dei concetti chiave del movimento futurista.
Le linee verticali e orizzontali dell’inferriata del balcone si sovrappongono alle parti del corpo in movimento fino a fondersi in un’unica visione dinamica. Grazie alla sequenza dei fotogrammi leggermente sfasati e sovrapposti Balla ottiene l’effetto della velocità e del movimento. Per realizzare “Bambina che corre sul balcone”, l’artista aveva approfondito gli esperimenti condotti in fotografia a proposito di questo tema.
I colori sono vivaci e squillanti, eredità del periodo divisionista di Balla e delle sperimentazioni seguite a un viaggio a Düsseldorf, dove aveva potuto osservare alcune opere del fauvismo, corrente che usava il colore in modo puro ed emotivo. Balla sottolinea la vivacità della bambina con la scelta di tinte accese: azzurro, verde, giallo, marrone, che creano una sorta di mosaico in movimento.
Il balcone del quadro in questione è quello della casa romana di Balla, in via Paisiello e, a conferma di questo, sono esposti anche un olio di Armando Spadini che ritrae la strada e una fotografia del pittore con la famiglia proprio sul balcone rappresentato. Il dipinto è un olio su tela, di 125 x 125.
Accanto a “Bambina che corre sul balcone”, a Milano, fino al 13 marzo, sono esposti i disegni, gli schizzi preparativi e le bozze di Giacomo Balla sullo studio del movimento. Composizioni quasi astratte che consentono di capire l’intero processo alla base di quest’opera e ci danno notizie delle ricerche condotte dall’artista in quel periodo.
Clementina Speranza e Andrea Cordio
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Dopo le edizioni di successo di Parigi, Barcellona e Praga, la mostra “THE WORLD OF BANKSY – THE IMMERSIVE EXPERIENCE”, a Milano, riunisce opere di proprietà privata e riproduzioni di murales realizzate da giovani artisti anonimi di tutta Europa. Nel cuore del Teatro Nuovo si rivive l’atmosfera di strada. In una mostra, rigorosamente non autorizzata dall’artista da sempre contrario alla mercificazione dell’arte, si possono ammirare 60 splendide opere in versione stampata e più di 30 murales a grandezza naturale.
Lui è Banksy, l’artista più misterioso di tutti i tempi che ha conquistato il pubblico con ironia, denuncia, politica, intelligenza e protesta.
Ma chi Banksy? Nessuno lo conosce, ma si conosce il suo nome. Probabilmente è il più famoso artista di graffiti del mondo. Artista e writer inglese, attivo dagli anni ’90, ha rapidamente creato il suo mito con uno stile provocatorio e un’incessante ricerca dell’invisibilità. La sua fama non è dovuta solo all’arte, ma anche alla sua identità che, nonostante il successo, continua a rimanere ignota. “Non so perché le persone siano così ansiose di mettere in pubblico i dettagli della loro vita privata. Dimenticano che l’invisibilità è un superpotere” è infatti una sua frase.
Nel 2010 è stato descritto dal Times Magazine come una delle 100 persone più influenti al mondo, insieme a Obama, Steve Jobs e Lady Gaga.
Nel corso degli anni, Banksy ha trasformando le strade di tutto il mondo, da Londra a New York, da Berlino a Timbuctù, da Gaza a Tokyo, in tele giganti.
In mostra al Teatro Nuovo c’è “Rat and champagne” che l’artista ha realizzato a Parigi nel 2018, nel quartiere di Montmartre: lungo una scalinata, un secchiello del ghiaccio e una bottiglia di champagne aperta. Il tappo si trova in alto, in pieno volo, pilotato da un topo (l’animale preferito da Banksy).
C’è anche “Soldiers Painting”, dipinto a Londra nel 2005. L’immagine era apparsa per la prima volta fuori dalle camere del Parlamento durante una protesta contro la guerra guidata da Brian Haw, un attivista inglese che aveva vissuto per un decennio nel campo della pace di Westminster. Il coinvolgimento del Regno Unito nella guerra in Iraq del 2003 era stato portato alla luce e il fatto che milioni di persone protestassero contro l’invasione era stato ignorato. Lo stampino fu confiscato per presunta violazione delle leggi riguardanti le proteste. Si ipotizza che “Soldiers Painting”, oltre a fungere da protesta contro la guerra, denunci la repressione della libertà di parola.
“I più grandi crimini del mondo non sono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Sono le persone che seguono gli ordini che sganciano bombe e massacrano i villaggi”, anche questa frase di Banksy è presente a parete in inglese e in italiano.
C’è “If graffiti changed anything”. Banksy ha creato questo stencil il lunedì di Pasqua nel 2011 su un muro a Fitzrovia, nel centro di Londra. Il colore rosso sangue è usato per la frase e anche per il topo che segna con la sua zampa l’autorità della frase. L’opera, che richiama un vecchio slogan anarchico coniato da Emma Goldman: “Se il voto cambiasse qualcosa, lo renderebbero illegale”, è apparsa in un momento in cui gli artisti di strada venivano arrestati e talvolta imprigionati (per esempio, Invader e Revok a Los Angeles).
A Bristol, negli anni ’80, i graffiti emergono come una forma di espressione praticata principalmente da giovani provenienti dalla classe medio bassa. In quegli anni, John Nation, di un quartiere di Bristol, Barton Hill, visita Amsterdam, rimane affascinato dai vibranti graffiti delle strade cittadine, inizia a documentarsi e condivide il materiale raccolto con il Barton Hill Youth Club, gruppo di artisti di strada appena nato. A Bristol, si comincia così a “taggare” utilizzando vernice spray, e le forze dell’ordine iniziano a reprimere i primi graffitari, tra cui vi è Bansky, considerandoli “delinquenti”.
Come diceva Bansky: “Non c’è niente di più pericoloso di qualcuno che vuole rendere il mondo un posto migliore”.
Clementina Speranza
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Emiliano di adozione, creativo, autentico, comunicativo. Lui è Filippo Bragatt, artista famoso per le installazioni e per i grandi ritratti di personaggi famosi. Di recente, un suo bellissimo dipinto nella copertina della rivista Arbiter e “Never Let Your Brain Sit”, l’installazione donata al comune di Santa Margherita Ligure: una panchina rosa, bianca e blu attraversata da un albero. “Quella panchina nasce per dimostrare che la natura si può ribellare: in una panchina su cui ci rilassiamo, leggiamo il giornale, ci baciamo, irrompe un albero. Vuole essere un monito per trovare una convivenza sostenibile”.
Ho conosciuto Bragatt mentre facevo un ordine per i miei negozi in un’azienda di streetwear (Progetto 27) dove Bragatt è consulente creativo. Inizialmente sulle stampe delle t-shirt reinterpretava, e in parte dissacrava, alcuni personaggi storici italiani famosi in tutto il mondo: Dante Alighieri, Garibaldi, Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi. Così i geni diventavano moda e la moda diventava arte.
La sinergia creata tra l’artista e il fashion brand ha fatto sì, che i capi venissero indossati anche da personaggi dello spettacolo.
Il nostro incontro più recente avviene a Firenze, in un bar. Mi saluta con un gran sorriso e inizia con questa frase la nostra intervista, “Grazie Cristiano per essere qua, vedi ogni storia è un cammino in cui l’emozione più bella è negli inizi, iniziamo questo piccolo viaggio insieme in maniera solare”. Mi colpisce la sua frase, e mi colpisce la storia della sua carriera: un percorso, fatto di scelte, incontri, scontri e fortune, partendo dalla provincia di Milano. Bragatt comincia la sua carriera esibendosi in spettacoli comici in locali di provincia, ma capisce presto che preferisce le arti grafiche, un metodo veloce e diretto per arrivare alle persone.
Mentre parliamo poggia sul tavolo la tazza di caffè, sorride e dice “L’arte salva chi la fa”. E mi spiega, che il bello di fare arte è proprio partire dalle sconfitte e risalire la china.
Un suo sogno? Esporre al Moma di New York.
Ma quale opera esporrebbe? “Un’idea che riguarda la capacità di sognare, semplice e densa di significato allo stesso tempo: un cassetto gigante, vicino a un piccolo comodino. Realizzato, ovviamente, in marmo di Carrara!
Sappiamo ancora concederci il tempo per vedere i sogni che stanno nel nostro cassetto, o il cassetto è solo un posto per riporre ciò che non usiamo?”, aggiunge Bragatt.
Basquiat, Keith Haring, Pollock, Schifano, Guido Cagnacci, Gino de Dominicis, Domenico Gnoli, Jeff Koons, Damien Hirst, Julian Schnabel, Francesco Vezzoli, sono le fonti dalle quali Filippo Bragatt trae ispirazione e stimoli per esprimere il suo genio creativo. “Mi incuriosiscono e mi interessano le loro vite, ancor prima delle loro opere. Vite che si incrociano con città, metropoli, epoche e periodi storici completamente diversi”, spiega.
E mi racconta di Mario Schifano, uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale degli anni Sessanta. Un Andy Warhol tutto italiano, dal carattere eccentrico e poliedrico, amante della bella vita e innamorato della sua Roma. “Con i soldi della sua prima mostra compra una MG bianca, e la guida senza patente, distruggendola contro un palo poco dopo”, riferisce accennando un sorriso.
Il tempo vola, e quando si avvicina il momento del saluto Bragatt conclude con un messaggio: “L’arte è rappresentazione della vita, allora è proprio da essa che si deve partire”.
Cristiano Gassani
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Sono i moduli più famosi al mondo. Più di un milione di mattoncini assemblabili e costruzioni che incantano. Un caleidoscopio di colori per I LOVE LEGO, una mostra pensata per sognare, divertirsi, scoprire il proprio lato ludico e creativo scrutando tra i dettagli di mondi in miniatura.
Opere di architettura e ingegneria, decine di metri quadrati di scenari interamente realizzati con mattoncini Lego®. Città moderne e monumenti antichi, dalla città contemporanea ideale alle avventure leggendarie dei pirati, dai paesaggi medievali agli splendori dell’Antica Roma, ricostruiti e minuziosamente progettati.
Tra le diverse installazioni sono presenti anche 17 oli ispirati a grandi capolavori della storia dell’arte reinterpretati e trasformati in “uomini lego” dall’artista contemporaneo Stefano Bolcato, che unisce la sua passione per i Lego® e la sua arte. Attraverso una tecnica pittorica a olio, l’autore crea forme di assemblaggio ispirate dal “magnetismo” dei ritratti rinascimentali.
Così, l’artista propone la sua versione di Canto d’amore, del 1914 opera di Giorgio De Chirico, del ritratto di Dante Alighieri realizzato da Sandro Botticelli e di quello di Guidobaldo da Montefeltro di Raffaello, dell’autoritratto con scimmia di Frida Kahlo, della Gioconda di Leonardo da Vinci, de L’uomo senza memoria di Renè Magritte. E poi ancora i ritratti di Lady Diana, Maria Montessori e Yayoi Kusama. Con acrilico su tela: Angel di Keith Haring, Brick Having di Keith Haring, Stepping out di Roy Lichtenstein.
Sette fantastici diorami sono stati costruiti grazie alla collaborazione di un gruppo di appassionati collezionisti.
Classic Space
Ideato e progettato da uno dei più grandi collezionisti di set e pezzi originali della serie Anni ’80 Lego® Classic Space, Massimiliano Valentini, il grande diorama “Spazio” riproduce un insediamento minerario lunare. In questo futuristico scenario l’uomo si avvale dell’aiuto di astronavi, droidi e macchinari per la ricerca di nuove risorse. La sua realizzazione è in continuo divenire in quanto di volta in volta si arricchisce di nuovi elementi unici e irripetibili creati dal costruttore che trae ispirazione oltre che dalla serie originale anche dalle più importanti saghe di fantascienza cinematografiche.
Grande Diorama City
Il Grande Diorama City (work in progress dal 2016) è la massima espressione del tema cittadino rappresentato da costruzioni uniche e irripetibili, realizzate interamente con mattoncini originali utilizzando sia tecniche di costruzione tradizionali sia tecniche anticonvenzionali: 200 mila pezzi.
I costruttori progettano e realizzano indipendentemente le loro opere usando modelli e stili diversi, utilizzando schizzi, disegni tecnici ma anche software di progettazione dedicati ai mattoncini Lego. La collezione di queste creazioni viene arricchita costantemente da nuove opere composte da migliaia di mattoncini e ricche di particolari.
L’assetto urbano viene definito usando software CAD più convenzionali; si delineano così quartieri del centro storico, tratte ferroviarie, zone verdi e aree ricreative.
Roma e i fori imperiali – Il foro di Nerva
Antonio Cerretti con un diorama di 80 mila mattoncini fa il Foro di Nerva o Transitorio, uno dei fori definiti come imperiali, un insieme di monumentali piazze che costituivano il centro della città di Roma in epoca imperiale. Iniziato dall’imperatore Domiziano, fu inaugurato dal suo successore Marco Cocceio Nerva nel 97 d.C.
La pianta del Foro di Nerva fu condizionata dallo spazio disponibile tra i complessi precedenti: la piazza ebbe una pianta stretta e allungata. Al centro del foro era presente il tempio di Giano, realizzato come arco quadrifronte. All’estremità la piazza era dominata da un tempio dedicato a Minerva dietro al quale era posizionata la Porticus Absidata, un ingresso monumentale all’area dei fori dal quartiere limitrofo. Il lato breve opposto al tempio, a ridosso del Foro Romano, aveva pianta curvilinea. Su questo lato doveva esistere un ingresso dal Foro Romano, forse identificabile con l’Arcus Nervae citato in alcune fonti medioevali.
Pirati
È ispirato alle avventure leggendarie nei lontani mari caraibici.
Le opere contenute hanno richiesto svariati tentativi e modifiche, di natura sia stilistica che strutturale. L’atollo di origine vulcanica è ritenuto il posto perfetto per nascondere i tesori di mille scorribande mentre gli indigeni sono pronti a difendere il proprio territorio. I gendarmi sono appostati per recuperare il bottino e imprigionare i malviventi.
Il kraken, mostro marino leggendario dalle dimensioni abnormi (5.350 pezzi) è stato progettato interamente in digitale con successive modifiche estetico/strutturali.
Il mito di questo animale (che infestava gli incubi dei marinai di tutto il mondo, di dimensioni abnormi, generalmente immaginato come un gigantesco cefalopode tipo calamaro con tentacoli così lunghi da avvolgere una nave) si è sviluppato soprattutto fra il Seicento e l’Ottocento. La nave pirata Sea Reaper è ispirata alla famosa nave HMS Victory, un vascello di prima classe, a tre ponti da 104 cannoni della RoyalNavy, costruita negli anni 1760. La paratia laterale è apribile, al fine di mostrare i ponti e le cabine arredate.
La nave pirata Snake Wing è di libera ispirazione e presenta ponte e cabine arredate. Le vele e i cordami sono realizzati con pezzi originali presi dai set della serie “Pirates”.
Nido dell’aquila
Ispirato alla saga A Song of Ice and Fire dello scrittore americano George R.R. Martin e alla pluripremiata serie tv Game of Thrones, l’inespugnabile roccaforte di Nido dell’Aquila (The Eyrie) è la residenza della casata Arryn, protettrice dell’Est.
Lo spettacolare progetto conta circa 300 mila mattoncini. Inizia a prendere corpo nella mente del progettista, Manuel Montaldo nel 2014, e dopo 2 anni di intenso lavoro viene esposta per la prima volta al “Lucca Comics and Games 2016” tra lo stupore del pubblico.
Lo scenario, a cui continuano ad aggiungersi nuovi dettagli anno dopo anno, occupa una superficie di quasi 3 metri quadrati, mentre la sommità del castello raggiunge 1,80 m di altezza. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati oltre 300 mila pezzi, reperiti in oltre 3 anni di ricerca.
Grande Diorama Castello
Il diorama medievale nasce da un’idea di Marco Cancellieri e Jonathan Petrongari nel lontano 2011, partecipa alla costruzione anche Marcello Amalfitano. Vengono utilizzati 250 mila pezzi, soggetti a numerosi cambiamenti nel corso degli anni. Del progetto iniziale è rimasta soltanto l’imponente città fortificata che sorge nella parte sud; tutto il resto è stato costruito tra il 2013 e il 2015.
Questo diorama può raggiungere la superfice record di 27 metri quadrati.
Partendo da sud troviamo una piccola foresta abitata dai Forestman, un piccolo forte dei Black Falcons (personaggi della serie originale Lego® Classic Castle), e la città fortificata sviluppata intorno alla Basilica. Da questa parte il sentiero porta a un piccolo villaggio e all’entrata della foresta.
Oltre la foresta ci sono il villaggio alle porte di Winterfell e la dimora della casata Stark, ultimo castello presente nel profondo Nord, ispirato alla serie tv Game of Thrones. Nel Castello, il giardino con l’Albero Cuore.
Porto
Il diorama Porto nasce da un progetto di Andrea Battaglia, nel 2019, ed è composto da 150 mila moduli Lego.
In questa installazione viene riprodotta una porzione del porto antistante la città: i grandi palazzi si stagliano sul lungo molo dove approdano gli yacht delle celebrità e i motoscafi dei cittadini che si concedono un giorno di svago godendosi il mare.
Tra le navi più belle spiccano il catamarano “Queen Mary” da 3.800 pezzi, il “Nemesi” (quello con la chiglia verde) da 3.100 pezzi e il colossale “Prince Marie” (tutto nero) da 2.900 pezzi.
Per arricchire il mare sono stati utilizzati ben 75 milaplate tondi… posati a mano.
Poi in mostra “Legolize”, la pagina umoristica che crea installazioni comiche utilizzando proprio i LEGO. Fondata da tre ragazzi (Mattia Marangon, Samuele Rovituso e Pietro Alcaro) la pagina è nata nel 2016 e attualmente conta più di mezzo milione di fan su Instagram e altrettanti su Facebook.
I LOVE LEGO racconta l’incredibile evoluzione di quello che da giocattolo tra i più comuni e conosciuti, negli anni, si è trasformato in arte. È una mostra promossa dalla Fondazione per la Cultura Pontedera in collaborazione con il Comune di Pontedera, PALP e Arte Per Non Dormire, ed è organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia. Fa parte del progetto “Arte Per Non Dormire – Pontedera ed Oltre XXI Secolo”, l’ampio progetto di arte contemporanea per la Regia di Alberto Bartalini.
Dal 27 gennaio 2021, al PALP Palazzo Pretorio di Pontedera.
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