MARCO MUSSO, “VENGO DAL MARE” E IL SORRISO DEGLI INVISIBILI

MARCO MUSSO, “VENGO DAL MARE” E IL SORRISO DEGLI INVISIBILI

Vengo dal mare”, edito da Vertigo nel 2019, è il racconto di Saeed un bimbo di solo 6 anni costretto a lasciare la sua terra per affrontare, insieme alla sua famiglia, un viaggio della speranza verso la libertà. Partire, abbandonare la propria casa di notte. “Perché?” chiede Saeed. “La nostra storia qui è scritta. Non c’è più spazio per noi. Domani, insieme ai nostri vicini, saliremo su un camion che ci porterà verso la libertà, dove nessuno partirà più, dove uscendo io saprò di poter tornare sereno senza la preoccupazione di non trovarvi più”.

L’autore è Marco Musso e “Vengo dal mare” è il suo primo libro: 54 pagine che si leggono tutte d’un fiato. Un viaggio nelle emozioni, nei sentimenti, nella drammaticità della vita e della morte, dove nulla è dato per scontato e nulla di quello che possiedi è tuo per davvero.

Nella postfazione ci racconti che fai il volontario presso VoCi Onlus, un’associazione di volontari che svolge un servizio di assistenza ai senza tetto di Milano. Nei tuoi viaggi serali incontri persone che hanno avuto una vita difficile, li definisci i “trasparenti”, uomini e donne che davanti a un the caldo e a un sorriso si aprono e raccontano il loro vissuto. Uno di loro è ZAC, un ragazzo proveniente dal Marocco, scappato da un insopportabile dolore famigliare. Quanto di quel ragazzo marocchino troviamo nel piccolo Saeed?

Saeed è nato da una mia personale proiezione di quanto io ho vissuto e di quanto il mio animo si è messo a confronto con persone come ZAC. Sono pochi i riferimenti concreti, ma sono tanti quelli emotivi. ZAC si è commosso e ha pianto quando gli ho letto la poesia che gli avevo dedicato. ZAC si faceva trovare sempre al solito punto con un mazzo di fiori o una piantina da regalare alle volontarie che insieme a me gli portavano sorrisi e calore umano. Viveva sempre nella stessa piazza di Milano, rannicchiato nel suo sacco a pelo sotto la pensilina di una scuola o in mezzo ai cespugli, nelle aiole, era conosciuto da tutti i ragazzi della scuola e ignorato da tutti gli adulti della zona, e malgrado ciò riusciva sempre a sfoderare un sorriso immenso al nostro arrivo, sorriso che molti di noi perdono per molto meno. Ho scelto il nome Saeed perché nella lingua del suo paese significa Felice.

Il 22 aprile 2021 l’ennesima strage nel Mediterraneo, decine e decine di morti che galleggiano in mare, tragedia vissuta anche da Saeed durante il suo viaggio, tragedie che passano davanti i nostri occhi nell’indifferenza. Perché permettiamo che accada?

Una domanda quasi mistica. Una domanda che non può avere una risposta semplice come semplice non è la soluzione del problema. La storia insegna che l’essere umano, per la sua sopravvivenza, migra in cerca di condizioni migliori. Ho voluto inserire nel viaggio di Saeed un pezzo di storia dei nostri tempi. La consapevolezza che vi sono persone in fuga da tragedie o carestie, che per disperazione lasciano quel poco che hanno per aggrapparsi all’unico valore che gli rimane, la speranza. La speranza che nella vita ti porta a salvarti, o almeno a cercare di farlo. Tragedie che a mio avviso non dovrebbero accadere o almeno essere permesse. Tragedie che nella loro moltitudine diventano ormai notizia ripetitiva da telegiornale. Io credo che il mondo occidentale si stia assopendo, stia silenziando come una funzione da cellulare la propria anima per egoismo o paura. Ogni volta che esco in servizio con VoCi tocco la realtà con mano, non vorrei mai finire il turno nell’idea di poter salvare ancora qualcuno e mi rendo conto che la distanza dalla realtà porta ad assopirsi. Da casa, filtrati da tv e smartphone, viviamo ogni situazione come distante, forse irreale, forse anche manipolata. C’è chi lo fa per la comodità di avere una scusa per non agire, e ci sono quelli che nella saturazione di notizie contrastanti iniziano a non crederci più. Eppure appena usciamo di casa incontriamo persone in gravi difficoltà, come mi è capitato ieri: un senzatetto di circa 60 anni, scalzo, con i piedi gonfi; l’alcol lo accompagna come la coperta di Linus e lo assopisce dalla realtà che vive, o forse lo assopisce dalla consapevolezza di essere trasparente agli altri. Cambiamo il nostro modo di agire! Forse si dovrebbero obbligare i giovani non tanto alla guerra come avveniva col servizio militare, ma alla socialità, allo svolgere mansioni che portino in primo piano il cuore. Perché quando guardo i senzatetto, dentro quegli occhi a volte timidi, a volte diffidenti, ci vedo il vero mondo reale.

Per tornare alla domanda specifica, mi viene da rispondere di getto. Nel mondo i Paesi ricchi hanno sempre campato su quelli poveri. La ricchezza esiste perché esiste la povertà, un po’ come nella fotografia, in cui noi riusciamo a distinguere la presenza della luce grazie alla presenza dell’ombra, il buono c’è perché esiste il cattivo. Le banche esistono e fanno profitti perché ci sono poveri che hanno bisogno di prestiti. In questo perenne equilibrio, o disequilibrio, le persone tendono a chiudersi in sé, a cercare di difendere il proprio “orticello”, la propria presunta serenità senza rendersi conto che su quei barconi, aggrappati alla speranza in mari in tempesta un giorno potrebbero esserci loro o i loro figli. Ogni giorno ci alteriamo se ci viene limitata la libertà di un aperitivo, e poi ci giriamo dall’altra parte davanti alla realtà di chi scappa alla ricerca di sopravvivenza per sé o per i propri figli.

Leggendo il libro si incontrano tante metafore. “La sensazione di sentirsi nudi anche se vestiti” rappresenta lo stato d’animo più intimo del piccolo Saeed in fila sul pontile con una coperta sulle spalle. Nonostante le tante attenzioni dei soccorsi è questa la sensazione che vivono i migranti?

Credo che ogni persona abbia un proprio modo di approcciarsi alla vita e agli altri. Ognuno possiede una caratteristica. Quando ho descritto la sensazione di Saeed ho voluto descrivere l’emozione che provo davanti alle avversità della vita. Ho provato a visualizzare la “temperatura emotiva” che trovo quando entro in relazione con quelle persone che osteggiano la vita, l’amore, la relazione, il contatto che genera scambio.

Se pensiamo alla Natura, che forse è il più nobile esempio di Vita, ritroviamo un mutuo scambio di stati fisici e reazioni. Ogni relazione esiste perché sussiste lo scambio che genera trasformazione. Solo gli esseri umani, per paura, ostacolano i cambiamenti fino al punto in cui, come accade per un torrente che forzatamente si cerca di arginare, si creano reazioni abnormi.

Marco Musso

Nasce a Bellano e fin da piccolo si avvicina al mondo della comunicazione, con la telecamera realizza originali videoclip e cortometraggi a tema. Nel 1996 realizza il cortometraggio “El Me Milan”, un documentario che racconta la città dal punto di vista di un c, ricevendo critiche positive nei principali festival. I riconoscimenti negli short movie riempiranno negli anni la sua carriera professionale. Si appassiona alla fotografia e realizza “Emotion”, un libro fotografico con sue poesie. Ha così inizio la stagione editoriale con il suo primo libro di poesie e riflessioni dal titolo “Lacrime dal cielo”, a diffusione nazionale attraverso le librerie Feltrinelli. La produzione editoriale continua con “Il mio testamento emotivo”, “M.E. My Emotions” e “Crescerò Domani”, tre libri ricchi di riflessioni e poesie intime su temi di attualità. “Sotto una coperta di brividi” è in ordine di tempo l’ultima raccolta di poesie, un progetto inedito e multimediale, anticipato da un trailer e da un canale di Youtube dove legge alcune sue poesie.

Stefano Rovelli

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L’ALFABETO CELESTE: UN LIBRO PER PARLARE AI BAMBINI DELL’ALDILÀ

L’ALFABETO CELESTE: UN LIBRO PER PARLARE AI BAMBINI DELL’ALDILÀ

Alta, bionda, seriosa ma non troppo, sempre gentile e sorridente, lei è Monica Assanta, giornalista specializzata nell’ambito medico scientifico che, dopo la laurea in Scienze Politiche, si dedica alla didattica sia in ambito scolastico che per aziende. “Sono cattolica e studio anche le altre religioni. Fin da giovanissima mi interesso di spiritualità, così partecipo a corsi e seminari, in Italia e all’estero… Durante la docenza nelle scuole inizio a percepire quanto i bambini siano curiosi di sapere del mondo spirituale. Ho raccolto le loro domande e, in collegamento con la mia guida spirituale, ho risposto a molte di esse”, spiega Monica Assanta.

Bambini che vivono in famiglie religiose, atee, agnostiche e che con purezza chiedono concetti concreti. Dove ero prima di nascere? Dove vanno i nonni quando si addormentano? Ma lo fanno per sempre o si risvegliano? Com’è il paradiso? Dove si va quando si muore? Il mio cane è in paradiso? Gli angeli esistono? Dio che faccia ha?

“L’Alfabeto Celeste: a scuola con gli angeli e un maestro speciale” è nato per rispondere alla loro esigenza di sapere.

Nel libro si racconta di Anna, una bambina di 7 anni in grado di ‘sentire le vibrazioni provenienti da altri mondi. Un giorno, mentre giocava con il vecchio baule della nonna Adele, scorse un abecedario con la copertina scolorita. Capì subito di essersi imbattuta in qualcosa di speciale leggere.

A…. COME ANGELI, AMORE E ARCOBALENO

Gli Angeli esistono? Ma hanno le ali? Come si manifestano? E l’Arcobaleno è il ponte per arrivare al Cielo?

E lì trovò scritte le risposte a quelle domande che poneva alla mamma senza ottenere risposte esaurienti.

Il piccolo volume, con un linguaggio molto semplice, procedendo in ordine alfabetico dalla A alla Z, tratta temi riguardanti il mondo dello spirito. È corredato da disegni a colori realizzati dai bambini e da quelli in bianco e nero, pensati dall’artista Fiorella Zoppi su ispirazione medianica. “Il libro non vuole imporre qualcosa, ma aiuta i piccoli a ottenere risposte sulla vita spirituale per permettergli di viverla in pienezza”, afferma l’autrice.

È possibile ordinare il libro tramite il sito dell’editore Fabiano Gruppo Editoriale (e-mail: ordini@fgeditore.it) oppure nelle librerie online. Costa € 10 e l’intero ricavato sarà destinato in beneficienza a due Onlus: Ridolina e FenomenAle.

 

 

L’Associazione Ridolina nasce dalla decennale esperienza dei clown-dottori e dei volontari del sorriso nella realtà toscana. È un’associazione senza scopo di lucro, la cui attività trova ragione e ispirazione nella “terapia del sorriso”. Tale disciplina, anche se di recente acquisizione, gode ormai di riconosciuti crediti scientifici e in virtù dei risultati raggiunti è oggetto di una costante e progressiva diffusione. La sua principale finalità è quella di umanizzare la degenza nei reparti ospedalieri, con primaria attenzione ai bambini ricoverati nei reparti pediatrici e oncoematologici. I clown-dottori portano il loro sorriso dal 2001.

L’Associazione FenomenAle, è stata fondata dai genitori di Alessandro Cecchi, dopo la morte prematura del noto pasticciere viareggino deceduto giovanissimo in un tragico incidente stradale, per ricordarne la memoria tramite numerose iniziative a scopo sociale.

EMME22

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MORTE DI UNA SIRENA: HANS CHRISTIAN ANDERSEN DETECTIVE PER TRE GIORNI RACCONTA LE ORIGINI DELLA SIRENETTA

MORTE DI UNA SIRENA: HANS CHRISTIAN ANDERSEN DETECTIVE PER TRE GIORNI RACCONTA LE ORIGINI DELLA SIRENETTA

Ricordate La Sirenetta? Attenzione, non parlo della principessa Disney con i capelli rossi, ma di quella creata da Hans Christian Andersen, che per amore si trasforma in spuma del mare, senza riuscire a ottenere il tanto desiderato “e vissero felici e contenti” con il principe.

Vi siete mai chiesti da dove lo scrittore danese potrebbe aver tratto l’idea per creare questa fiaba dal fascino immortale? In quel caso Morte di una sirena di Thomas Rydhal e A. J. Kazinski, edito da Neri Pozza nella traduzione dal danese di Eva Kampmann e in libreria dal 15 ottobre, è il romanzo che fa per voi. Personalmente, da amante della Sirenetta, non sono riuscita a resistere alla tentazione di immergermi in questa lettura cupa e coinvolgente, da cui è difficile separarsi.

Morte di una sirena parte da un presupposto interessante: per quasi tutti i giorni della sua vita adulta, dal 1825 al 1875, anno della sua morte, Andersen scrisse un diario. L’unico vuoto dura un anno e mezzo ed è l’estate del 1834, il periodo immediatamente successivo il viaggio dello scrittore in Italia, dal quale ritorna sul lastrico. Nessuno conosce le motivazioni di questo buco, e Morte di una sirena cerca di colmarlo prendendo le mosse proprio dal punto in cui il diario s’interrompe.

La storia si svolge in una Copenaghen che non ci aspettiamo, violenta e minacciosa, una vera e propria “fabbrica che produce malattia e indigenza”: qui facciamo la conoscenza di Anna, la bella prostituta che lavora per mantenere Piccola Marie, la figlia di sei anni. Ma la storia della giovane donna si conclude tragicamente: il suo corpo senza vita viene ritrovato in un’alba gelida nel canale della città, con i capelli scintillanti di conchiglie, proprio come quelli di una sirena. Molly è la sorella minore di Anna e non ha dubbi su chi sia l’assassino: deve trattarsi per forza di quello “scrittorucolo” da strapazzo, quello svitato che andava a trovare Anna soltanto per osservarla e realizzare ritagli di carta che le somigliavano. E d’altronde è anche l’ultima persona che è stata vista uscire dall’appartamento della giovane, quindi il questore non si fa troppe domande e accusa Hans Christian Andersen di omicidio. A quei tempi Andersen è uno sconosciuto, i suoi scritti sono stati rifiutati da tutti i critici e lui vive grazie alla carità di un amico influente, il quale riesce a far sì che Andersen ottenga un’ultima chance: tre giorni per trovare l’assassino di Anna, oppure sarà lui a essere decapitato.

Inizia così per lo scrittore una corsa contro il tempo, un viaggio che lo porterà nei meandri più oscuri e poveri della città, dove le persone sono costrette a svolgere i lavori più umili per tirare avanti, in uno stridente contrasto con lo sfarzo dorato della casa reale che organizza feste in maschera e banchetti sontuosi. Ad accompagnarlo Molly, prostituta anche lei come la sorella, con i riccioli rossi e il desiderio di vendicare la morte di Anna, ma anche di assicurare un futuro alla nipote, un futuro migliore di quello toccato a lei e Anna.

L’Andersen che conosciamo in Morte di una sirena è ancora ben lontano dalla fama, ma in lui emergono già alcuni di quei tratti che lo renderanno immortale: lui “vede cose che gli altri non vedono”, e d’altronde è questo “lo svantaggio della vita dello scrittore, l’avere un rapporto particolare con ogni dettaglio, l’essere schiavo della bellezza come gli altri sono schiavi di un carattere collerico”. Sono proprio queste sue caratteristiche, abbinate all’intraprendenza e al coraggio di Molly, che lo aiuteranno nella lotta contro un nemico terribile, il più pericoloso di tutti, perché nulla è più temibile di chi combatte contro se stesso.

Morte di una sirena è un crime che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, un magistrale intreccio di vicende e personaggi dai quali è impossibile staccarsi, una denuncia spietata della disparità tra le classi sociali; ma è anche un’appassionata sfida contro se stessi e il mondo intero, il tentativo disperato di elevarsi dalla propria condizione, e una lotta per diventare ciò che si desidera essere, a dispetto di quanto possa sembrare difficile. E quale modo migliore di descrivere il cambiamento, o meglio la volontà del cambiamento, se non tramite il racconto? Perché a dispetto di chiunque desideri soffocarlo o modificarlo a proprio piacimento, il racconto ha vita propria e soprattutto “trova sempre una via. Come l’erbaccia nell’acciottolato, spunta là dove è più necessario”. Ed è questo il grande regalo di Hans Christian Andersen ad Anna, a Molly, a Piccola Marie e in fondo a tutti noi: quello di avere dato una voce a chi non ce l’aveva, di averci fatto arrivare quelle storie meravigliose che ancora oggi vivono, di averci descritto “il folle mondo degli uomini” e il “desiderio di tutti di essere qualcos’altro”.

Nato dalla penna di alcuni tra i più famosi autori danesi, Morte di una sirena è stato accolto da uno straordinario successo di pubblico e di critica al suo apparire in Danimarca. Thomas Rydhal è conosciuto per L’Eremita, romanzo vincitore dello Harald Mogensen Award e del Glass Key, il premio per il miglior poliziesco scandinavo. A. J. Kazinski è lo pseudonimo di Anders Rønnow Klarlund, autore, regista e sceneggiatore danese, e di Jacob Weinreich, scrittore danese; tra le loro opere si ricorda L’ultimo uomo buono, pubblicato in 26 paesi. 

Eugenia Dal Bello

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DIARIO DI UN CERVELLO IN FUGA NEL XXI SECOLO: PER CHI HA IL CORAGGIO DI INSEGUIRE I PROPRI SOGNI

DIARIO DI UN CERVELLO IN FUGA NEL XXI SECOLO: PER CHI HA IL CORAGGIO DI INSEGUIRE I PROPRI SOGNI

È il 2008 quando Tiziana e il suo fidanzato, Damiano, decidono di partire lasciandosi alle spalle gli amici e la famiglia: destinazione Inghilterra, nello specifico Newcastle Upon Tyne. Da questa esperienza, durata 220 giorni, nasce Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo di Tiziana Lilò, edito da PubMe nella collana I Read It/Io me lo leggo. Si tratta di un vero e proprio diario di viaggio che racconta le esperienze dei due protagonisti in chiave tragicomica, conciliando i momenti divertenti che servono a far sorridere il lettore con un argomento delicato come quello dell’emigrazione, delle difficoltà si devono affrontare pur di non rinunciare ai propri sogni.

I motivi che spingono Tiziana e Damiano a partire sono il desiderio di vivere in condizioni migliori rispetto a quelle offerte dall’Italia, la ricerca di nuove opportunità e la speranza di un futuro più roseo; i due se ne vanno senza troppi preparativi, “zaino in spalla e via”. Pieni di aspettative, carichi di positività. Ma l’arrivo in un paese straniero e la condizione di emigrati, nonché il doversi cimentare con l’inglese, gli fanno capire immediatamente che è necessario ridimensionarsi, spingendoli persino a dubitare della scelta compiuta.

Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo ci mette di fronte alle sfide che Tiziana e Damiano hanno dovuto affrontare e agli ostacoli che hanno dovuto superare per raggiungere il loro obiettivo; ci ricorda che, sebbene un pizzico di fortuna non guasti, alla fine ciò che conta è il coraggio di compiere delle scelte drastiche, a volte contro il parere di tutti, lasciandosi guidare soltanto dalla voce interiore che ci parla e ci sprona a non mollare; e soprattutto ci insegna, con ironia e delicatezza, che in ognuno di noi sono presenti quelle facoltà necessarie per raggiungere i propri sogni, e che a volte basta soltanto armarsi del coraggio e della pazienza necessari per rincorrerli fino a non avere più fiato.

Tiziana Lilò, nata Mastrolillo, classe 1980, è un’aspirante scrittrice e questa è la sua prima opera.  Sogna di aprire una sala da tè dove sfornare cupcake dai mille colori. Ma è anche un’appassionata di Ligabue: i titoli dei capitoli di Diario di un cervello in fuga nel XXI secolo, infatti, sono tratti dalle sue canzoni. Per poter far questo, l’autrice ha ottenuto un nullaosta dalla Warner Chappell Music Italiana. Se non siete fan di Ligabue e non lo avete ancora immaginato, ve lo svelo io: il titolo del primo capitolo è Voglio un mondo all’altezza dei sogni che ho!

Eugenia Dal Bello

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