LUKE ARNOLD, DA BLACK SAILS ALLA SCRITTURA:  L’ULTIMO SORRISO DI SUNDER CITY, IL SUO ROMANZO DI ESORDIO

LUKE ARNOLD, DA BLACK SAILS ALLA SCRITTURA: L’ULTIMO SORRISO DI SUNDER CITY, IL SUO ROMANZO DI ESORDIO

Lo avete visto solcare i mari nelle vesti del pirata Long John Silver nella fortunata serie televisiva Black Sails, vincitrice di ben tre Emmy, ma adesso preparatevi a scoprire un lato di lui che forse non conoscete: Luke Arnold, attore australiano di 36 anni, oltre a essere sceneggiatore e regista, è anche scrittore. L’ultimo sorriso di Sunder City, il suo romanzo d’esordio, edito in Italia da Nua Edizioni nella traduzione di Emanuela Piasentini, in libreria da maggio 2020, è un fantasy a tinte fosche in cui viene messo in scena un mondo senza magia. Che cosa succede se muore qualunque forma di incanto? Ma soprattutto, che conseguenze può avere questa improvvisa mancanza sulla natura e sulla vita dell’uomo stesso?

Protagonista del romanzo è il misterioso investigatore Fetch Phillips, “Uomo al soldo”, come si legge sulla porta del suo ufficio, le cui azioni hanno contribuito a prosciugare il mondo da qualunque residuo magico. Nel tentativo di espiare le sue colpe, Phillips si aggira adesso per le strade di Sunder City, accettando lavori occasionali e seguendo alcune tassative regole, tra cui quella di non lavorare per gli umani. Anche lui è umano, badate bene, ma durante la guerra tra esseri umani e creature magiche si è schierato dalla parte sbagliata e adesso aiuta solo chi ne ha davvero bisogno, soccorre le vite che lui stesso ha distrutto. Per esempio quella del professor Rye, un vampiro di quattrocento anni, sopravvissuto in un mondo in cui, a causa della fine della magia, la maggior parte dei vampiri si è già polverizzata.

Quando scompare anche una giovane sirena, Phillips capisce che i mostri che credeva sopiti sono ancora in agguato, e che dovrà lottare affinché non tornino in superficie, mettendo da parte l’alcol cui fino a quel momento si era aggrappato come a un’ancora di salvataggio. Non a caso un’altra delle sue regole è: “la mia sobrietà vi costa un extra”!

L’ultimo sorriso di Sunder City è un fantasy che si mescola egregiamente ad altri generi letterari, in primis al noir, di cui richiama le atmosfere cupe, ma anche al romanzo distopico e al giallo. La scelta del fantasy è legata alla volontà di raccontare una storia, ideata prima della pandemia, che mostra innegabili legami con il presente. Lo stile narrativo, fluido, scorrevole, venato di un’ironia sottile, rende la lettura piacevole e originale. L’ironia si concentra nel protagonista, un uomo cinico e amaro, oppresso dal peso di una terribile colpa che spera di espiare con i propri interventi tra le strade di una città morente.

Per gli amanti di Black Sails, e in generale del piccolo schermo, Luke Arnold non ha certo bisogno di presentazioni: come già detto, è il tormentato pirata John Silver di Black Sails, la serie prequel dell’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson, in onda per quattro stagioni, dal 2014 al 2017.Questo il ruolo che ne ha consacrato il successo, ma Arnold ha recitato anche nella miniserie australiana INXS: Never Tear Us Apart, nei panni del celebre musicista Michael Hutchence. Nel 2017 è apparso nella seconda stagione della serie tv Glitch, mentre nel 2018 ha recitato nel film commedia Half Magic nel ruolo di Freedom. Tra gli altri suoi ruoli ricordiamo quello nella commedia Dealing with Destiny (2011) e quelli nei thriller Murder in the Dark e The Tunnel.

Ma non finisce qui, perché Luke Arnold, oltre a essere attore, regista e sceneggiatore, e adesso pure scrittore, è anche ambasciatore di Save the Children Australia. Insomma, possiamo ben dirlo: un artista dalle mille sfaccettature.

Eugenia Dal Bello

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MORTE DI UNA SIRENA: HANS CHRISTIAN ANDERSEN DETECTIVE PER TRE GIORNI RACCONTA LE ORIGINI DELLA SIRENETTA

MORTE DI UNA SIRENA: HANS CHRISTIAN ANDERSEN DETECTIVE PER TRE GIORNI RACCONTA LE ORIGINI DELLA SIRENETTA

Ricordate La Sirenetta? Attenzione, non parlo della principessa Disney con i capelli rossi, ma di quella creata da Hans Christian Andersen, che per amore si trasforma in spuma del mare, senza riuscire a ottenere il tanto desiderato “e vissero felici e contenti” con il principe.

Vi siete mai chiesti da dove lo scrittore danese potrebbe aver tratto l’idea per creare questa fiaba dal fascino immortale? In quel caso Morte di una sirena di Thomas Rydhal e A. J. Kazinski, edito da Neri Pozza nella traduzione dal danese di Eva Kampmann e in libreria dal 15 ottobre, è il romanzo che fa per voi. Personalmente, da amante della Sirenetta, non sono riuscita a resistere alla tentazione di immergermi in questa lettura cupa e coinvolgente, da cui è difficile separarsi.

Morte di una sirena parte da un presupposto interessante: per quasi tutti i giorni della sua vita adulta, dal 1825 al 1875, anno della sua morte, Andersen scrisse un diario. L’unico vuoto dura un anno e mezzo ed è l’estate del 1834, il periodo immediatamente successivo il viaggio dello scrittore in Italia, dal quale ritorna sul lastrico. Nessuno conosce le motivazioni di questo buco, e Morte di una sirena cerca di colmarlo prendendo le mosse proprio dal punto in cui il diario s’interrompe.

La storia si svolge in una Copenaghen che non ci aspettiamo, violenta e minacciosa, una vera e propria “fabbrica che produce malattia e indigenza”: qui facciamo la conoscenza di Anna, la bella prostituta che lavora per mantenere Piccola Marie, la figlia di sei anni. Ma la storia della giovane donna si conclude tragicamente: il suo corpo senza vita viene ritrovato in un’alba gelida nel canale della città, con i capelli scintillanti di conchiglie, proprio come quelli di una sirena. Molly è la sorella minore di Anna e non ha dubbi su chi sia l’assassino: deve trattarsi per forza di quello “scrittorucolo” da strapazzo, quello svitato che andava a trovare Anna soltanto per osservarla e realizzare ritagli di carta che le somigliavano. E d’altronde è anche l’ultima persona che è stata vista uscire dall’appartamento della giovane, quindi il questore non si fa troppe domande e accusa Hans Christian Andersen di omicidio. A quei tempi Andersen è uno sconosciuto, i suoi scritti sono stati rifiutati da tutti i critici e lui vive grazie alla carità di un amico influente, il quale riesce a far sì che Andersen ottenga un’ultima chance: tre giorni per trovare l’assassino di Anna, oppure sarà lui a essere decapitato.

Inizia così per lo scrittore una corsa contro il tempo, un viaggio che lo porterà nei meandri più oscuri e poveri della città, dove le persone sono costrette a svolgere i lavori più umili per tirare avanti, in uno stridente contrasto con lo sfarzo dorato della casa reale che organizza feste in maschera e banchetti sontuosi. Ad accompagnarlo Molly, prostituta anche lei come la sorella, con i riccioli rossi e il desiderio di vendicare la morte di Anna, ma anche di assicurare un futuro alla nipote, un futuro migliore di quello toccato a lei e Anna.

L’Andersen che conosciamo in Morte di una sirena è ancora ben lontano dalla fama, ma in lui emergono già alcuni di quei tratti che lo renderanno immortale: lui “vede cose che gli altri non vedono”, e d’altronde è questo “lo svantaggio della vita dello scrittore, l’avere un rapporto particolare con ogni dettaglio, l’essere schiavo della bellezza come gli altri sono schiavi di un carattere collerico”. Sono proprio queste sue caratteristiche, abbinate all’intraprendenza e al coraggio di Molly, che lo aiuteranno nella lotta contro un nemico terribile, il più pericoloso di tutti, perché nulla è più temibile di chi combatte contro se stesso.

Morte di una sirena è un crime che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, un magistrale intreccio di vicende e personaggi dai quali è impossibile staccarsi, una denuncia spietata della disparità tra le classi sociali; ma è anche un’appassionata sfida contro se stessi e il mondo intero, il tentativo disperato di elevarsi dalla propria condizione, e una lotta per diventare ciò che si desidera essere, a dispetto di quanto possa sembrare difficile. E quale modo migliore di descrivere il cambiamento, o meglio la volontà del cambiamento, se non tramite il racconto? Perché a dispetto di chiunque desideri soffocarlo o modificarlo a proprio piacimento, il racconto ha vita propria e soprattutto “trova sempre una via. Come l’erbaccia nell’acciottolato, spunta là dove è più necessario”. Ed è questo il grande regalo di Hans Christian Andersen ad Anna, a Molly, a Piccola Marie e in fondo a tutti noi: quello di avere dato una voce a chi non ce l’aveva, di averci fatto arrivare quelle storie meravigliose che ancora oggi vivono, di averci descritto “il folle mondo degli uomini” e il “desiderio di tutti di essere qualcos’altro”.

Nato dalla penna di alcuni tra i più famosi autori danesi, Morte di una sirena è stato accolto da uno straordinario successo di pubblico e di critica al suo apparire in Danimarca. Thomas Rydhal è conosciuto per L’Eremita, romanzo vincitore dello Harald Mogensen Award e del Glass Key, il premio per il miglior poliziesco scandinavo. A. J. Kazinski è lo pseudonimo di Anders Rønnow Klarlund, autore, regista e sceneggiatore danese, e di Jacob Weinreich, scrittore danese; tra le loro opere si ricorda L’ultimo uomo buono, pubblicato in 26 paesi. 

Eugenia Dal Bello

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