I TREND MASCHILI DELL’ESTATE 2023

I TREND MASCHILI DELL’ESTATE 2023

Stiamo vivendo una primavera che non è quasi mai sbocciata, una stagione estiva che si fa desiderare e una nostalgia verso i capi d’abbigliamento del passato.

Quali sono allora le tendenze e gli outfit giusti del guardaroba maschile, per tenersi al passo con i tempi, magari con un occhio rivolto al futuro?

In questa stagione sembra tutto permesso, dal look a torso nudo, o meglio quel “tamarro chic” (che sotto-sotto alla fine piace a molti), a un abbigliamento più composto da ufficio. Visitando diversi negozi abbiamo notato, che il jeans ha un richiamo agli anni ’70, diventando più ampio e largo, puntando quindi alla comodità.

L’uomo per questa stagione vuole vestire sempre casual, sostituendo però sotto la giacca, la camicia con la canotta. Anni fa questo nuovo trend sarebbe risultato quasi fastidioso allo sguardo, ma oggi fa sentire più “fighi”. Voi penserete che non è un outfit adatto a tutti, e su questo siamo d’accordo. Infatti apriamo una piccola parentesi, come molte “mode”, anche quella citata sopra, non è adatta a tutti gli uomini. Per questo, se siete indecisi quando fate qualche acquisto, vi consigliamo di rivolgervi sempre al Vostro commesso di fiducia, o ancora meglio per chi ha la possibilità, di consultare un Personal Stylist/Shopper. 

La camicia a manica corta continua a essere uno dei must della stagione, con tante varianti di fantasie e colori. E a proposito di colore: magenta, lilla, malva e ginepro, sono i veri protagonisti delle collezioni proposte per questa estate 2023. Seta e raso, protagonisti delle precedenti estati, continuano a essere presenti nelle collezioni, ma in maniera minore per lasciare spazio a tessuti più freschi, come il lino, e adatti alle stagioni estive sempre più calde a causa del surriscaldamento globale. Anche per questo il nostro guardaroba è sempre più attento al pianeta, grazie a tessuti più “green”.

Il look streetstyle, dove primeggiano anche questa estate sneakers di Nike e Off-White, in un trend che sembra non voler finire, è completato da completi monocolore oversize, che spesso prevedono l’ausilio della canotta. Quest’ultimo indumento infatti, come potete aver già capito è uno dei principali must-have dell’armadio per la Summer 23. C’è anche un ritorno dello scollo V, ma anche questo come il pantalone a vita bassa è ancora impercettibile.

Le fantasie Jungle e il colore rosa, continuano ad aver il loro seguito di persone che li acquistano e li indossano, magari mescolandoli con capi Vintage, sì perché il Vintage sembra non voler abbandonare più il nostro armadio.

Un consiglio? Sbizzarritevi, perché in estate qualcosa in più ci è permesso… ma sempre con gusto.

CRISTIANO GASSANI

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L’ARTE INCONTRA LA MODA

L’ARTE INCONTRA LA MODA

Il rapporto tra arte e moda è profondo. È un insieme di scambi creativi e, in un momento storico confuso come quello che stiamo vivendo, la connessione tra Harim e YKK, nello scenario di Fiumara d’Arte, è particolarmente significativa.

Per chi non la conoscesse, Harim Accademia Euromediterranea, con sede a Catania, è per la rivista Vogue tra i migliori istituti di moda e design italiani, con una storia lunga più di 25 anni, che punta a formare nuovi professionisti in diversi ambiti lavorativi.

Mentre YKK (Yoshida Kogyo KabushikiKaisha) è una multinazionale giapponese nata nel 1934, tra le maggiori produttrici mondiali di accessori da chiusura, cioè di cerniere. L’azienda Made in Tokyo oggi è presente in 73 nazioni ed è un colosso che supera la produzione annua di 2 milioni di km di chiusure lampo.

Gli abiti sono realizzati a mano dallo staff di Harim. Satin, crêpe e chiffon. Tre tessuti e abiti differenti, ma con lo stesso bagno di colore. Comune denominatore: le cerniere.

Alla leggerezza dei tessuti hanno abbinato cerniere metalliche a catena, con inciso a laser nero su oro “Back to dreaming” (ovvero “Torniamo a sognare”), nome della capsule. “L’idea era quella di dettare i canoni dell’alta moda e dello streetwear creando un forte contrasto che mette in risalto le cerniere”, afferma Gabriella Ferrera, fondatrice di Harim e sorella della stilista Marella Ferrera. Una tradizione familiare quella delle sorelle Ferrera, nata grazie ai genitori che aprirono la loro prima boutique a Catania a fine anni ’50.

La partenrship tra Harim e YKK ha dato vita a un videoclip realizzato in occasione dell’edizione 2021 del MADEINMEDI, girato a Fiumara d’Arte, museo a cielo aperto, uno tra i più grandi parchi monumentali di arte contemporanea in Europa, voluto e ideato dal mecenate Antonio Presti. Le riprese sono state effettuate presso le sculture monumentali del parco: “Monumento per un Poeta Morto” di Tano Festa (Comune di Reitano), “Il labirinto di Arianna” di Italo Lanfredini (Comune di Castel di Lucio), “Piramide – 38° Parallelo” di Mauro Staccioli ed “Energia mediterranea” (Comune di Motta d’Affermo). Uno cambio energetico tra opere d’arte e un linguaggio contemporaneo della moda. Creative Director del video Gabriella Ferrera e Producer Marco Aloisi, suo socio nell’Accademia. 

Cristiano Gassani

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PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

PRESENTE E PASSATO DEL MADE IN ITALY

Quante volte molti di noi comprando un capo d’abbigliamento, scarpe o accessori, si domandano: “Sto acquistando realmente un prodotto Made in Italy?”

Il gusto, la manifattura, l’artigianalità, la qualità del nostro Paese sono invidiate in tutto il mondo, tanto che i brand italiani sono corteggiati e spesso anche acquisiti da società estere.

Il sentore che qualcosa nel Fashion System stia cambiando e che molte aziende siano adocchiate da realtà estere lo avvertono i buyer andando a comprare per i vari show-room e dialogando con i rappresentanti. E purtroppo in tanti casi è già vero: molte aziende non sono più italiane.

Era il 1967 quando venne fondato il brand Fiorucci, lo stilista Elio che negli anni 70-80 ebbe la sua massima popolarità. Purtroppo non tutto è destinato a durare, infatti, nel 1990, l’azienda Fiorucci venne rilevata dalla Edwin International, società giapponese che possedeva la licenza e la proprietà di diverse aziende, per poi passare alla Società inglese Schaeffer, che finora è a capo del marchio.

Ci sono fondi di investimento, come il francese Kering, un vero e proprio colosso globale del lusso che ha acquistato diverse maison tra cui il brand Gucci, fondato da Guccio Gucci nel 1921 a Firenze. Marchio di fama internazionale e un’icona della Dolce Vita che oggi, sotto la guida dello stilista Alessandro Michele, sta avendo nuovamente un enorme successo.  Gli italianissimi Bottega Veneta, Pomellato, Dodo e Brioni sono passati anch’essi al gruppo Kering.

La rinomata e amata Maison Valentino nasce negli anni ’60, quando si afferma la Dolce Vita, e resta italiana fino al 2012, anno in cui il fondo di investimento Mayhoola, con sede in Qatar, acquista l’azienda.

Emilio Pucci, Loro Piana, Fendi e Bulgari sono state acquistate negli anni dal gruppo LMVH, multinazionale francese che conta oltre 70 marchi ed è quotata alla Borsa di Parigi.

Tra i casi che hanno tenuto alta l’attenzione degli italiani, c’è quello di Versace, il cui brand è stato venduto allo stilista americano Michael Kors per 2 miliardi di dollari, anche se Donatella Versace, che ha preso le redini dell’azienda dopo la morte del fratello Gianni nel 1995, ha mantenuto assieme al fratello Santo una piccola quota.

Era il 1991, in gran voga il jeans a vita bassa e Miss Sixty, leader di questa tipologia di pantalone. C’era anche Energie, balzato nell’olimpo per la vestibilità più street del jeans. Un destino comune quello delle due aziende che, insieme al marchio Roberta di Camerino, Murphy Nye e RefrigiWear®, vengono cedute nel 2012 a un fondo di investimento panasiatico.

Le aziende vendute a società estere sono tante, ma in tutto questo notiamo anche qualche azione in contro tendenza: nel 2003 l’azienda francese Moncler è stata acquistata dall’imprenditore italiano Remo Ruffini e, nel 2020 Stone Island entra a far parte di Moncler.

Diesel, dello stilista veneto Renzo Rosso, Dolce & Gabbana, fondato nel 1985 da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sono altri esempi di brand nati e conservati nel nostro Paese. Poi ancora: Moschino, Max Mara, Salvatore FerragamoEtro e Missoni. E Prada (fondata a Milano nel 1913 dai fratelli Mario e Martino Prada con il nome Fratelli Prada, e poi negli anni gestita da Miuccia Prada e dal marito Patrizio Bertelli) è diventata una SPA, alla quale appartengono altri brand, tra cui Miu Miu, Church’s, Car Shoe, Fondazione Prada, e mantiene il domicilio in Italia. E poi c’è lui, re Giorgio (Armani), con la sua azienda fondata insieme a Sergio Galeotti nel 1975.

Una cosa è certa: venduti oppure no, i marchi del Made in Italy hanno una marcia in più.

Cristiano Gassani

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L’ARTE DI FILIPPO BRAGATT

L’ARTE DI FILIPPO BRAGATT

Emiliano di adozione, creativo, autentico, comunicativo. Lui è Filippo Bragatt, artista famoso per le installazioni e per i grandi ritratti di personaggi famosi. Di recente, un suo bellissimo dipinto nella copertina della rivista Arbiter e “Never Let Your Brain Sit”, l’installazione donata al comune di Santa Margherita Ligure: una panchina rosa, bianca e blu attraversata da un albero. “Quella panchina nasce per dimostrare che la natura si può ribellare: in una panchina su cui ci rilassiamo, leggiamo il giornale, ci baciamo, irrompe un albero. Vuole essere un monito per trovare una convivenza sostenibile”.

Ho conosciuto Bragatt mentre facevo un ordine per i miei negozi in un’azienda di streetwear (Progetto 27) dove Bragatt è consulente creativo. Inizialmente sulle stampe delle t-shirt reinterpretava, e in parte dissacrava, alcuni personaggi storici italiani famosi in tutto il mondo: Dante Alighieri, Garibaldi, Leonardo da Vinci, Giuseppe Verdi. Così i geni diventavano moda e la moda diventava arte. 

La sinergia creata tra l’artista e il fashion brand ha fatto sì, che i capi venissero indossati anche da personaggi dello spettacolo.

Il nostro incontro più recente avviene a Firenze, in un bar. Mi saluta con un gran sorriso e inizia con questa frase la nostra intervista, “Grazie Cristiano per essere qua, vedi ogni storia è un cammino in cui l’emozione più bella è negli inizi, iniziamo questo piccolo viaggio insieme in maniera solare”. Mi colpisce la sua frase, e mi colpisce la storia della sua carriera: un percorso, fatto di scelte, incontri, scontri e fortune, partendo dalla provincia di Milano. Bragatt comincia la sua carriera esibendosi in spettacoli comici in locali di provincia, ma capisce presto che preferisce le arti grafiche, un metodo veloce e diretto per arrivare alle persone.

Mentre parliamo poggia sul tavolo la tazza di caffè, sorride e dice “L’arte salva chi la fa”. E mi spiega, che il bello di fare arte è proprio partire dalle sconfitte e risalire la china.

Un suo sogno? Esporre al Moma di New York. 

Ma quale opera esporrebbe? “Un’idea che riguarda la capacità di sognare, semplice e densa di significato allo stesso tempo: un cassetto gigante, vicino a un piccolo comodino. Realizzato, ovviamente, in marmo di Carrara!

Sappiamo ancora concederci il tempo per vedere i sogni che stanno nel nostro cassetto, o il cassetto è solo un posto per riporre ciò che non usiamo?”, aggiunge Bragatt.

Basquiat, Keith Haring, Pollock, Schifano, Guido Cagnacci, Gino de Dominicis, Domenico Gnoli, Jeff Koons, Damien Hirst, Julian Schnabel, Francesco Vezzoli, sono le fonti dalle quali Filippo Bragatt trae ispirazione e stimoli per esprimere il suo genio creativo. “Mi incuriosiscono e mi interessano le loro vite, ancor prima delle loro opere. Vite che si incrociano con città, metropoli, epoche e periodi storici completamente diversi”, spiega.

E mi racconta di Mario Schifano, uno dei più importanti artisti italiani della scena nazionale e internazionale degli anni Sessanta. Un Andy Warhol tutto italiano, dal carattere eccentrico e poliedrico, amante della bella vita e innamorato della sua Roma. “Con i soldi della sua prima mostra compra una MG bianca, e la guida senza patente, distruggendola contro un palo poco dopo”, riferisce accennando un sorriso. 

Il tempo vola, e quando si avvicina il momento del saluto Bragatt conclude con un messaggio: “L’arte è rappresentazione della vita, allora è proprio da essa che si deve partire”.

Cristiano Gassani

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UNA PRIMAVERA DAL SAPORE MIMETICO

UNA PRIMAVERA DAL SAPORE MIMETICO

Potremmo definirlo #stylearmy. È lo stile incarnato da giacche militari, applicato anche su camicie, pantaloni e non solo. Fantasie camouflage, una tendenza che sembra essere tornata per la primavera/estate 2021. 

Il tema bellico, reinventato in tutte le salse, per alcune aziende fa parte ormai di un must che si ripresenta ogni stagione. Infatti diverse case di moda vedono in questo tema un elemento stilistico che avvicina diverse fasce di clientela traducendo l’anima dura dell’abbigliamento d’assalto in capi cool.

Uno dei capi military più diffusi è la sahariana, una giacca che deriva dalle uniformi con quattro grandi tasche, le mostrine sulle spalle e la cintura elastica. C’è la versione proposta dal brand Etro, con una raffinata stampa vegetale: foglie di forme e colori diversi. 

Anche se le vacanze sembrano un miraggio, molte aziende hanno pensato a un perfetto look da viaggio in stile militare, perché alla fine sognare costa poco e possiamo farlo con qualsiasi restrizione sociale.

La tendenza army è reinterpretata in chiave street style nella nuova collezione uomo Celine primavera estate 2021. Il gilet in stampa camouflage, a macchie di colore nei toni del beige e marrone, è dotato di maxi tasche applicate e dettagli da biker jacket. Si abbina a felpe in maglia, jeans strappati e sneakers in tela, in un outfit perfetto per un pomeriggio tra amici allo skate park.

Quindi, che si scelga un outfit con richiami street style come quello proposto da MSGM o più sofisticato che richiami un mood più british, l’importante è che la stagione in corso sia accompagnata da un mimetismo urbano, che a noi piace tanto e che approviamo a pieni voti.

Cristiano Gassani

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