CARTIER IN MOSTRA AL VICTORIA AND ALBERT MUSEUM

CARTIER IN MOSTRA AL VICTORIA AND ALBERT MUSEUM

A Londra, dal 12 aprile al 16 novembre 2025, il Victoria and Albert Museum (V&A) inaugura una delle mostre più scintillanti mai realizzate da 30 anni a questa parte nel Regno Unito. Per l’occasione, il museo ospiterà più di 350 gioielli, pietre preziose e orologi interamente realizzati da Cartier e provenienti dalla Cartier Collection, dai musei internazionali, da collezioni private e dalla Royal Collection della Corona Inglese. La Maison parigina, oltre ad abbagliare gli sguardi dei visitatori, incanterà il pubblico con bozzetti inediti e molti aneddoti legati alla storia del brand. “Cartier è una delle case di gioielli più famose al mondo – dichiarano Helen Molesworth e Rachel Garrahan, curatrici della mostra –. L’esposizione evidenzierà come Louis, Pierre e Jacques Cartier, insieme al padre Alfred, adottarono una strategia di design originale, un’eccezionale artigianalità e l’espansione internazionale che trasformò il gioielliere di famiglia parigino in un nome familiare. Con la sua collezione di gioielli di fama mondiale, il V&A sarà il palcoscenico perfetto per celebrare i risultati pionieristici di Cartier e la sua capacità trasformativa di rimanere al centro della cultura e della creatività per oltre un secolo”.

L’avventura della famiglia Cartier ha inizio a Parigi nel 1847, anno in cui Louis-Francois Cartier rileva l’atelier del suo maestro Adolphe Picard. La svolta, però, avviene 9 anni dopo quando la principessa Matilde, nipote di Napoleone I e cugina dell’imperatore Napoleone III, sceglie Cartier per fare i suoi acquisti, seguita poi dall’imperatrice Eugenia, moglie di Napoleone III. La voce si sparge e Cartier, grazie all’enorme richiesta, trasferisce la sede in Boulevard des Italiens. Nel 1898 il timone della Maison viene ereditato da Alfred che, oltre a spostare l’azienda nell’attuale sede in Rue de la Paix, si espande all’estero. È Edoardo VII, principe del Galles, che proclama Cartier “gioielliere del re, re dei gioiellieri” e che per la sua incoronazione nel 1902 gli ordina 27 diademi. Da allora Cartier diventa il fornitore ufficiale di molte famiglie reali. Alfred coinvolge anche tre dei suoi figli: Jacques nel 1909 gestisce il primo negozio a Londra in New Bond Street, Pierre conquista il mercato americano con la sede di New York sulla Fifth Avenue, mentre Louis diventa direttore della casa madre di Parigi. Sotto la sua guida e grazie ai suoi collaboratori (fra cui Jeanne Toussaint, colei che ha fatto della pantera il simbolo del brand), Cartier produce alcuni dei gioielli e degli orologi più belli del mondo.

Da sempre, la Maison Cartier è considerata innovatrice e classicista allo stesso tempo, abile nel combinare infinite varietà di stili con una purezza di linee distintiva. Per questi motivi i suoi gioielli hanno conquistato uomini e donne del passato e del presente. Da Jean Cocteau a Truman Capote, da Lady Diana, Michelle Obama e Kate Middleton fino a Dua Lipa e Timothée Chalamet, e proprio durante la mostra si possono ammirare alcuni preziosi appartenuti a estimatori della Maison. I gioielli di Wallis Simpson e del duca di Windsor che al loro interno hanno fatto incidere messaggi segreti, i due anelli di fidanzamento, l’Eternity Band di rubini e diamanti e un enorme diamante taglio smeraldo di 11 carati, che Grace Kelly ha ricevuto da Ranieri di Monaco, ma anche il famoso diamante da 70 carati acquistato all’asta da Cartier a New York nel 1969 e successivamente donato a Elisabeth Taylor da Richard Burton.

Ciascun gioiello esposto, infatti, racconta una sua storia come la spilla Williamson Diamond commissionata dalla regina Elisabetta II nel 1953 realizzata proprio con il diamante Williamsom da 23,6 carati color rosa. Sarà presente la Scroll Tiara decorata da 1.040 diamanti indossata della contessa di Essex durante l’incoronazione di Edoardo VII nel 1902 e recentemente apparsa sulla chioma di Rihanna che, nel 2016, è stata immortalata sulla copertina di W Magazine.

Ora non resta che prenotare un volo per Londra e vivere una fiaba firmata Cartier dove la creatività, l’artigianato, le storie e soprattutto i gioielli sono i grandi protagonisti da mille e una notte.

Simone Lucci

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IL PITTORE RUSSO PER LA PACE REGALA UNA SUA OPERA AL PAPA

IL PITTORE RUSSO PER LA PACE REGALA UNA SUA OPERA AL PAPA

Nikas Safronov è una delle figure più iconiche della pittura russa contemporanea con all’attivo 320 mostre personali nel mondo, solo negli ultimi 10 anni.

Sperimenta, fa riferimento costantemente al Realismo e al Simbolismo. È ritrattista: sulle sue tele ha immortalato capi di Stato, celebrità e anche Papa Francesco Bergoglio al quale ha regalato il suo ritratto. Un dipinto in cui l’immagine del Pontefice sorridente è in primo piano. Sullo sfondo, libere e leggiadre in volo tante colombe bianche simbolo di fedeltà, amore eterno, pace e, inoltre simbolo dello Spirito Santo. Infatti tutti quattro gli evangelisti (Marco, Matteo, Luca, Giovanni) raccontano la discesa dello Spirito in forma di colomba durante il battesimo di Gesù nel fiume Giordano.

Safronov, che all’inizio degli anni 2000 aveva incontrato Papa Giovanni II, è tornato oggi in Vaticano per donare a Papa Francesco un altro suo dipinto. Un quadro che è stato in orbita in una missione spaziale e, insieme all’equipaggio, ha compiuto più di 3 mila giri intorno alla Terra. L’opera, in olio su tela di 64 x 45,5, è stata dipinta nel 2022 e raffigura il Santuario di San José de Flores, a Buenos Aires. Una Basilica a cui Bergoglio è molto legato perché è situata nel quartiere della sua infanzia, a pochi passi dalla sua casa, in calle Membrillar 531. Nel 1954, l’allora 16 enne Jorge entrò in quella chiesa come “chiamato” da una forza superiore, si recò lì al primo confessionale sulla sinistra. E quando terminò la confessione ebbe la certezza che doveva farsi sacerdote.

Il Santuario di San José de Flores sarà così più vicino al Papa e avrà un posto speciale nella collezione del capo della Chiesa cattolica cristiana.

Il Pontefice ha concesso a Safronov un’udienza personale che si è svolta in Vaticano, nella calda atmosfera della biblioteca del Palazzo Apostolico. “Sono incredibilmente felice e onorato di essere accolto con tanta considerazione… L’arte è destinata a unire le menti e i cuori, i Paesi e i popoli. Cerco sempre di diffondere la spiritualità attraverso le mie opere, sono una persona religiosa… Sono grato al Papa per l’incontro, che ha avuto luogo nonostante gli ostacoli legati alla difficile situazione politica del mio Paese. Abbiamo parlato molto della ricchezza della cultura russa e di quanto sia importante ricordare tutte le metespirituali raggiunte dall’umanità”, ha detto Safronov.

Papa Francesco. che promuove i valori culturali come uno degli elementi importanti per accrescere la spiritualità universale, ha dato la sua benedizione all’artista e lo ha esortato a tenere mostre in Europa e anche in Vaticano. Ha sottolineato l’importanza della cultura russa e la sua inseparabilità dalla cultura mondiale. L’augurio è che questo sia un simbolo di rinascita del ponte culturale che ha unito tra loro la Russia e il mondo occidentale.

Safronov è stato insignito di numerosi premi dalla Chiesa ortodossa russa e di un gran numero di altri riconoscimenti pubblici ed encomi per la sua arte e per i molti anni di attività di beneficenza. “Dio è importante per me e faccio beneficenza”, ha precisato l’artista.

Safronov, oggi è un affascinante ed elegante 69 enne considerato uno dei 100 migliori pittori del ХХ e ХХI secolo, è nato l’ 8 aprile 1956 a Ulyanovsk in una famiglia modesta papà militare e mamma infermiera.

Il suo nome completo è Nikolai Stepanovich Safronov. Si è diplomato presso la Scuola d’Arte di Rostov M.V.Grekov, l’Istituto Accademico d’Arte di Stato di Mosca V.I.Surikov, e ha conseguito la laurea in Psicologia presso l’Università Statale di Tecnologia e Management di Mosca K.G.Razumovsky. È docente dell’Accademia Russa delle Arti, Professore e Preside della Facoltà di Cultura e Arte dell’Università Statale di Ulyanovsk, Professore del Dipartimento di Disegno e Pittura dell’Università Statale Russa Kosygin (Arte, Design, Tecnologia).

Per i suoi successi artistici, ha ricevuto un encomio dal Presidente della Federazione Russa ed è stato più volte premiato con medaglie d’oro dall’Accademia delle Arti e con onorificenze dalla CSI. È vincitore del “Premio Internazionale Pushkin” nella categoria “Arte. Pittura” (2024) e del Premio nazionale “Decano dell’anno” (2024).

Le sue opere si trovano in molti musei russi, tra i quali: l’Hermitage e il Museo Russo a San Pietroburgo, e a Mosca presso la Galleria Tretyakov, il Museo Statale di Belle Arti  Puškin, il Museo Centrale di Storia Contemporanea della Russia. Parecchie delle sue tele si trovano anche nelle collezioni private di celebrità come Jack Nicholson, Madonna, Meryl Streep, Sofia Loren, Robert De Niro, Montserrat Caballé, Luciano Pavarotti, Elton John, Jean-Paul Belmondo e molte altre star mondiali. Nel corso della sua carriera, Safronov ha dipinto i ritratti di oltre 50 presidenti e re di tutto il mondo.

Nikas Safronov ha molti legami con l’Italia. È amico di Sofia Loren, cui ha dedicato diversi ritratti, e di Ornella Muti alla quale ha donato un dipinto esposto a San Pietroburgo che la raffigura in abito ottocentesco.

Clementina Speranza

 

 

MANUALE DEL VINTAGE

MANUALE DEL VINTAGE

La moda non è solo questione di abiti, ma anche di storie che resistono al tempo. Ogni capo vintage racchiude in sé un frammento di memoria e un ricordo di epoche lontane che si intreccia con il presente.

In un’epoca dominata dalla velocità e dal consumismo riscoprire il passato attraverso la moda diventa un gesto non solo estetico, ma anche etico. Indossare un capo vintage significa abbracciare un’identità unica, costruire un dialogo tra ciò che è stato e ciò che sarà. Il vintage sta vivendo un periodo di grande interesse collettivo, è una scelta etica, estetica ed esclusiva, e sposa l’economia circolare, valorizzando l’unicità. “Ogni capo che scegliamo ha una storia, indossare un abito d’altri tempi non significa solo optare per qualcosa di bello, ma immergersi in una narrazione che continua. È questo che cerco di trasmettere con il mio lavoro e il mio libro”, afferma Francesco Salamano.

Il riferimento è al suo Manuale di moda maschile Vintage, edito da Demetra. Una guida che non si limita a dare consigli di stile, ma invita il lettore a esplorare l’essenza di una moda che non si consuma con il tempo. Il libro offre un affascinante viaggio nel mondo del vintage maschile. Una guida pratica per scoprire, scegliere e indossare capi iconici, raccontando la storia e la curiosità che si celano dietro di essi.

 

Cosa l’ha spinta a scrivere il Manuale di Moda Maschile Vintage?

Mi ha spinto la mia passione per la moda maschile e per il vintage, che mi ha portato a diventare negli anni un collezionista. Sono stato mosso anche dal mio grande interesse per la cultura pop. Desideravo creare un libro che fosse anche pratico, che quindi orientasse le persone interessate a questo mondo e insegnasse a vestire vintage in modo contemporaneo.

Quali sono gli aspetti del vintage maschile che considera più affascinanti?

Il fascino del vintage è legato alla memoria e a tutti i personaggi che nel tempo hanno indossato certi capi rendendoli iconici.

Nel libro sottolinea il legame tra moda vintage, etica ed economia circolare. Come crede che il vintage contribuisca a promuovere la sostenibilità?

Il vintage contribuisce a promuovere la sostenibilità grazie al fatto che acquistando vintage si rimettono in circolo capi che altrimenti resterebbero negli armadi o che verrebbero gettati via. Inoltre grazie alla loro qualità superiore rispetto agli indumenti di oggi si evitano gli sprechi e gli acquisti compulsivi tipici del fast fashion.

Ci sono capi iconici che, secondo lei, non dovrebbero mai mancare nel guardaroba di un gentleman?

Pensando ai capi classici direi il cappotto di cammello e il blazer. Poi sicuramente il jeans che è il pantalone più rivoluzionario di sempre, una giacca militare e infine un giubbotto di pelle, in questo caso non posso non citare il chiodo.

Nel libro menziona riferimenti culturali come musica, letteratura e cinema. Come questi elementi arricchiscono la narrazione della moda vintage?

Questi elementi arricchiscono la narrazione perché la moda vintage è stata creata grazie all’immaginario legato ad artisti, musicisti, attori e personaggi iconici che nel tempo hanno indossato certi capi segnando così anche delle epoche.

Quali sono i suoi consigli per chi desidera avvicinarsi al mondo del vintage, magari partendo da zero?

Sicuramente fare ricerca e capire da dove provengano certi capi, valutando le epoche e i personaggi a cui sono associati. Poi avere molto chiaro che un capo vintage, non essendo nuovo, ha dei fisiologici difetti che derivano dal tempo e che allo stesso modo ne conferiscono però il suo vero fascino.
Infine consiglio di interpretare il vintage senza perdere il proprio stile, andando così ad arricchirlo.

Ha un capo vintage a cui è particolarmente affezionato e che rappresenta per lei qualcosa di speciale?

Direi due: un giubbotto di lana degli anni 60 che mi fu regalato da mio suocero e la prima camicia di jeans che mi comprai a 15 anni.

Come vede l’evoluzione dello stile maschile contemporaneo rispetto al passato? Pensa che il vintage abbia influenzato il gusto moderno?

Assolutamente si. Teniamo presente che la moda formale maschile contemporanea fa ancora riferimento a quella che è chiamata la golden age, ovvero gli anni 30 del secolo scorso e che i fondamenti del casual hanno origini antiche perché derivano da capi funzionali pensati ai tempi per il lavoro, lo sport e le divise militari. Inoltre sempre di più le azienda stanno investendo nella ricerca degli archivi segno che le ispirazioni al mondo vintage sono oggi molto forti.

Crede che ci sia una crescente attenzione verso il vintage perché oggi si preferisce comunicare la propria personalità piuttosto che seguire i marchi?

Credo che esistano entrambe le tendenze e mai come nel mondo di oggi ognuno debba seguire il proprio stile e le proprie inclinazioni.

A suo avviso, quali sono le differenze principali tra il vintage accessibile e quello più esclusivo?

Il vintage accessibile è più vicino al second hand, quindi a capi non troppo datati nel tempo o legati a brand specifici ma che meritano comunque una seconda vita. Il vintage esclusivo è invece strettamente legato al concetto temporale e alla difficoltà di reperire certi capi, specie se in buone condizioni, e anche ovviamente alle marche che ne definiscono già a monte il prezzo.

Quali luoghi o mercati consiglia per acquistare capi vintage,  in Italia e all’estero?

Ogni città più o meno grande ha mercatini o flairy market dedicati al vintage nei quali si possono trovare veri e propri tesori, sia in Italia che all’estero. Tra i più famosi ci sono il mercato Chatuchak di Bangkok, quello di Pasadena in California e il mercato di Waterloo Plain ad Amsterdam.

La moda vintage può essere considerata una forma di racconto culturale e sociale? Se sì, in che modo?

Lo è assolutamente perché la moda vintage trae ispirazione da tutta la cultura pop in genere. Proprio per questo motivo nel mio libro ho abbinato a ogni capo della mia collezione un riferimento culturale legato al cinema, alla musica, alla letteratura o personaggi iconici che mi hanno ispirato. Inoltre, i capi vintage sono spesso lo specchio della società nella quale sono stati indossati.

C’é un capo vintage che sarà sempre di moda?

Sicuramente il jeans non passerà mai di moda perché ha attraversato intere generazioni, movimenti culturali e tribù metropolitane senza perdere mai la sua essenza e rimanendo nell’armadio di tutti noi.

La visione di Salamano non si ferma agli abiti, infatti, vede ogni elemento, dagli accessori agli oggetti d’uso quotidiano, come parte di un mosaico più grande. “Un orologio d’epoca o un vecchio Borsalino raccontano altrettanto quanto un buon completo. Sono frammenti di vite che oggi possiamo riportare alla luce”.

Salamano, esperto e collezionista di lunga data, con il suo manuale ha saputo trasformare la sua passione in un punto di riferimento per chi desidera riscoprire un modo di vestire autentico.

Con lui è come aprire un baule pieno di tesori. Ogni dettaglio che cita, che sia una giacca a doppio petto degli anni ’40 o un paio di scarpe inglesi lucidate a mano, porta con sé immagini di epoche lontane. Ma dietro l’estetica, c’è un messaggio profondo che sintetizziamo con una sua frase: In un mondo sempre più frenetico e usa e getta, guardare indietro può essere un gesto rivoluzionario. La qualità di ieri insegna a scegliere meglio oggi.

Cristiano Gassani

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IL MEDITERRANEO CULLA DELLA CULTURA CON AGRIGENTO

IL MEDITERRANEO CULLA DELLA CULTURA CON AGRIGENTO

“Ad Agrigento, di fronte a questo suggestivo ‘mare africano, immenso e geloso’, inizia oggi un nuovo cammino. E sarà intersecato da opportunità che occorre cogliere, da sogni operosi da trasformare in nuove iniziative culturali e imprenditoriali, sorrette dall’impegno per realizzazioni concrete. Questa antica città, così come la Sicilia intera, è culla della cultura, della civiltà, della filosofia, della letteratura, del diritto…”. È quanto afferma il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani durante la cerimonia di apertura di Agrigento Capitale italiana della Cultura 2025, che si è svolta il 18 gennaio al Teatro Pirandello, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella; del ministro della Cultura, Alessandro Giuli; del presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno; del sindaco di Agrigento, Francesco Micciché; del commissario straordinario del Libero Consorzio di Agrigento, Giovanni Bologna e di tutte le autorità locali.

“La nomina di Agrigento a capitale italiana della cultura premia non solo la città, ma il progetto di valorizzazione di uno dei territori più ricchi del Mediterraneo, culla di culture differenti che ancora oggi dialogano insieme. Agrigento va letta in controluce soffermandosi sui templi, sul teatro che sta venendo pian piano alla luce, sulle abitazioni e sulle ville antiche che riemergono dall’oblio del tempo. È un unico filo che collega la maestosità della Valle ai tanti siti minori a cui dedichiamo attenzione continua: sarà un anno bellissimo, in cui racconteremo al mondo il nostro lavoro e il nostro sogno di una Sicilia contemporanea che fa tesoro del suo passato ma guarda al futuro”. Aveva detto in conferenza stampa, a Roma, l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinati.

Un rilevante sostegno finanziario offerto dalla Regione aveva promosso il concerto natalizio trasmesso dalla Valle dei templi in televisione. Un evento che ha avuto successo a livello nazionale, un importante investimento culturale, un’opportunità per tutta la Sicilia, così come lo sarà Gibellina prima Capitale italiana dell’Arte contemporanea nel 2026. “Agrigento, con l’isola di Lampedusa e i comuni della provincia, ha assunto come ispirazione, riferimento tematico e obiettivo di questo anno la relazione fra l’individuo, il prossimo e la natura, ponendo come fulcro l’accoglienza e la mobilità. Il programma delle iniziative presentato a un pubblico nazionale e internazionale è di grande interesse. Partendo dalla straordinaria eredità culturale del territorio, infatti, valorizza una variegata offerta culturale, nella quale tradizione, intersezioni e contaminazioni culturali consentono di definire una dimensione innovativa che guarda con fiducia allo sviluppo socio-economico che, con fatica ma con determinazione, la Sicilia ha già avviato”. È questo uno dei passaggi centrali del saluto del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani.

“Mentre nel Mediterraneo inizia a spirare un flebile vento di pace, Agrigento, Capitale italiana della Cultura, darà l’opportunità di far conoscere quell’incrocio di civiltà che è stato e che è grazie alla capacità di comporre le differenze, di metterle a sistema, di ricondurre le antitesi a sintesi proprio attraverso la cultura e la sua bellezza senza tempo”, sottolinea il governatore Renato Schifani.

EMME22

 

 

OSTEOGENESI IMPERFETTA: UNO STUDIO INTERNAZIONALE

OSTEOGENESI IMPERFETTA: UNO STUDIO INTERNAZIONALE

Sono stati Recentemente presentati, a Milano, i risultati dell’IMPACT Survey, il più grande studio internazionale mai condotto sull’osteogenesi imperfetta (OI), una rara malattia genetica rara che colpisce il tessuto osseo e conosciuta come ‘la malattie delle ossa fragili’ . L’indagine, condotta su oltre 2.200 persone da 16 paesi, ha fatto luce su aspetti cruciali di questa patologia, evidenziando come sia ancora largamente sottodiagnosticata e poco conosciuta, anche in Italia, dove si stima colpisca tra le 3 mila e le 4 mila persone.

La frattura come indicatore primario, ma non l’unico

L’ osteogenesi imperfetta è nota principalmente per il suo alto tasso di fratture, che rappresentano un campanello d’allarme soprattutto nei bambini. Tuttavia, ciò che emerge dai nuovi dati è che anche molti adulti con OI continuano a subire fratture: un quinto di loro ha riportato almeno una frattura nell’ultimo anno. Questa patologia non colpisce solo le ossa, ma ha un impatto significativo sulla qualità della vita delle persone affette, con sintomi che variano dal dolore cronico alla fatica, fino ai problemi dentali e respiratori.

“L’IMPACT Survey ha messo in luce come dolore e astenia siano sintomi difficili da gestire per la maggior parte delle persone con questa condizione”, afferma Leonardo Panzeri, presidente dell’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta (As.It.O.I.).

Impatto sociale e lavorativo

Uno degli aspetti più preoccupanti che emerge dall’indagine è l’effetto debilitante dell’OI sulla vita lavorativa e personale degli adulti. In Italia, più della metà delle persone intervistate ha dichiarato che la malattia ha influenzato negativamente la propria carriera e le possibilità di indipendenza. Un terzo di loro ha riscontrato gravi difficoltà nel condurre una vita autonoma, a causa delle limitazioni fisiche imposte dalla malattia.

“Dobbiamo sensibilizzare i medici e le strutture sanitarie, soprattutto nei pronto soccorso, dove possono presentarsi bambini con fratture ricorrenti e inspiegabili”, evidenzia Franco Antoniazzi, Professore Associato di Pediatria presso l’Università di Verona. Che sottolinea quindi l’importanza di un intervento precoce per ridurre l’impatto della malattia nel corso della vita.

Prospettive di cura e iniziative future

Un importante passo avanti è rappresentato dal progetto SATURN, in corso presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. Questa iniziativa si prefigge di raccogliere dati real-world per creare una base comune europea per la gestione dell’OI, migliorando l’accesso ai centri specializzati e rafforzando le reti di assistenza, anche attraverso strumenti di telemedicina. “Le reti di cura e assistenza devono essere vicine alle famiglie, con un supporto costante, anche tramite la telemedicina, per non gravare ulteriormente sulle famiglie”, sottolinea Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare.

Il futuro della ricerca sull’OI appare promettente grazie a progetti come SATURN e all’impegno di enti come ERN BOND, che puntano a migliorare la qualità della vita delle persone affette. L’ osteogenesi imperfetta è una patologia che richiede un’attenzione crescente a livello clinico e scientifico. “L’Italia ha sempre svolto un ruolo di primo piano nella ricerca sull’OI”, afferma Luca Sangiorgi, direttore della Struttura di Malattie Rare Scheletriche dell’Istituto Rizzoli.

La sfida.

I nuovi dati dell’IMPACT Survey rappresentano un’importante pietra miliare nella comprensione dell’osteogenesi imperfetta, gettando luce su aspetti ancora poco conosciuti della malattia. La sfida ora è migliorare la diagnosi precoce, l’accesso alle cure e la qualità della vita delle persone affette, puntando su reti di assistenza integrate e strategie di trattamento personalizzate.

Stefano Rovelli