MODA UOMO PER L’AUTUNNO

MODA UOMO PER L’AUTUNNO

Con il finire dell’estate anche il nostro modo di vestire cambia, soprattutto se non viviamo in città come Miami. E allora, quali sono le tendenze per la Moda Uomo per l’autunno 2021 ormai alle porte?

Dopo aver passato in rassegna le sfilate A/I 2021-2022 e i look book dei principali marchi, abbiamo catturato gli outfit più originali e ci siamo fatti un’idea di cosa fosse cool e cosa no.

C’è una gran voglia di tornare agli anni ’70: il pantalone a zampa, lo stivaletto alla Tony Manero, i tessuti optical, magari abbinati a un bel completo in maglia…

Si sa la moda è ciclica e tutto torna, come il bomber con i loghi dei College americani che anche alcuni brand del luxury hanno cercato di imitare, magari dopo una ricerca nelle bancarelle del vintage.

Anche per l’uomo c’è un ritorno all’animalier, un gusto sempre ispirato ai favolosi anni ’70, possibilmente in una New York in pieno boom economico. 

Cappotti oversize, da portare in qualsiasi ora della giornata, con un abbigliamento dal gusto streetwear, ma anche con completi più eleganti. Fanno impazzire, soprattutto per i tagli sartoriali, quelli del brand siciliano Dolce&Gabbana. La vestibilità, anche nel casual, diventa più morbida e talvolta pure maxi.

Continua il trend dei maxi loghi in vista, anche se crediamo che che lo vedremo ancora per poco!

Ci convincono meno, invece, i bermuda da indossare in inverno con l’ausilio di calze lunghe proposti da Louis Vuitton e Fendi, tranne che non vengano portati per lo sport con l’uso di appositi leggings, un abbinamento che invece ci piace.

Diverse sono le “icons” a cui si ispirano i brand e ci sono molte contaminazioni che provengono dai musicisti anni ’70. Rivediamo, infatti, i pantaloni di velluto nei colori pastello e gli stivaletti ispirati a quel periodo.

Intramontabile l’uso delle sneakers bianche e dei mocassini da abbinare a uno stile formale. Sui social tanti testimonial, musicisti compresi, postano gli outfit studiati appositamente per loro dai vari brand.

A voi quale tendenza piace? Qual è il vostro parere?

Cristiano Gassani

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LA DIVERTENTE MOSTRA “I LOVE LEGO”

LA DIVERTENTE MOSTRA “I LOVE LEGO”

Sono i moduli più famosi al mondo. Più di un milione di mattoncini assemblabili e costruzioni che incantano. Un caleidoscopio di colori per I LOVE LEGO, una mostra pensata per sognare, divertirsi, scoprire il proprio lato ludico e creativo scrutando tra i dettagli di mondi in miniatura.
Opere di architettura e ingegneria, decine di metri quadrati di scenari interamente realizzati con mattoncini Lego®. Città moderne e monumenti antichi, dalla città contemporanea ideale alle avventure leggendarie dei pirati, dai paesaggi medievali agli splendori dell’Antica Roma, ricostruiti e minuziosamente progettati.

Tra le diverse installazioni sono presenti anche 17 oli ispirati a grandi capolavori della storia dell’arte reinterpretati e trasformati in “uomini lego” dall’artista contemporaneo Stefano Bolcato, che unisce la sua passione per i Lego® e la sua arte. Attraverso una tecnica pittorica a olio, l’autore crea forme di assemblaggio ispirate dal “magnetismo” dei ritratti rinascimentali.

Così, l’artista propone la sua versione di Canto d’amore, del 1914 opera di Giorgio De Chirico, del ritratto di Dante Alighieri realizzato da Sandro Botticelli e di quello di Guidobaldo da Montefeltro di Raffaello, dell’autoritratto con scimmia di Frida Kahlo, della Gioconda di Leonardo da Vinci, de L’uomo senza memoria di Renè Magritte. E poi ancora i ritratti di Lady Diana, Maria Montessori e Yayoi Kusama. Con acrilico su tela: Angel di Keith Haring, Brick Having di Keith Haring, Stepping out di Roy Lichtenstein.

Sette fantastici diorami sono stati costruiti grazie alla collaborazione di un gruppo di appassionati collezionisti.

Classic Space
Ideato e progettato da uno dei più grandi collezionisti di set e pezzi originali della serie Anni ’80 Lego® Classic Space, Massimiliano Valentini, il grande diorama “Spazio” riproduce un insediamento minerario lunare. In questo futuristico scenario l’uomo si avvale dell’aiuto di astronavi, droidi e macchinari per la ricerca di nuove risorse. La sua realizzazione è in continuo divenire in quanto di volta in volta si arricchisce di nuovi elementi unici e irripetibili creati dal costruttore che trae ispirazione oltre che dalla serie originale anche dalle più importanti saghe di fantascienza cinematografiche.

Grande Diorama City

Il Grande Diorama City (work in progress dal 2016) è la massima espressione del tema cittadino rappresentato da costruzioni uniche e irripetibili, realizzate interamente con mattoncini originali utilizzando sia tecniche di costruzione tradizionali sia tecniche anticonvenzionali: 200 mila pezzi.
I costruttori progettano e realizzano indipendentemente le loro opere usando modelli e stili diversi, utilizzando schizzi, disegni tecnici ma anche software di progettazione dedicati ai mattoncini Lego. La collezione di queste creazioni viene arricchita costantemente da nuove opere composte da migliaia di mattoncini e ricche di particolari.

L’assetto urbano viene definito usando software CAD più convenzionali; si delineano così quartieri del centro storico, tratte ferroviarie, zone verdi e aree ricreative.

Roma e i fori imperiali – Il foro di Nerva

Antonio Cerretti con un diorama di 80 mila mattoncini fa il Foro di Nerva o Transitorio, uno dei fori definiti come imperiali, un insieme di monumentali piazze che costituivano il centro della città di Roma in epoca imperiale. Iniziato dall’imperatore Domiziano, fu inaugurato dal suo successore Marco Cocceio Nerva nel 97 d.C.

La pianta del Foro di Nerva fu condizionata dallo spazio disponibile tra i complessi precedenti: la piazza ebbe una pianta stretta e allungata. Al centro del foro era presente il tempio di Giano, realizzato come arco quadrifronte. All’estremità la piazza era dominata da un tempio dedicato a Minerva dietro al quale era posizionata la Porticus Absidata, un ingresso monumentale all’area dei fori dal quartiere limitrofo. Il lato breve opposto al tempio, a ridosso del Foro Romano, aveva pianta curvilinea. Su questo lato doveva esistere un ingresso dal Foro Romano, forse identificabile con l’Arcus Nervae citato in alcune fonti medioevali.

Pirati

È ispirato alle avventure leggendarie nei lontani mari caraibici.
Le opere contenute hanno richiesto svariati tentativi e modifiche, di natura sia stilistica che strutturale. L’atollo di origine vulcanica è ritenuto il posto perfetto per nascondere i tesori di mille scorribande mentre gli indigeni sono pronti a difendere il proprio territorio. I gendarmi sono appostati per recuperare il bottino e imprigionare i malviventi.
Il kraken, mostro marino leggendario dalle dimensioni abnormi (5.350 pezzi) è stato progettato interamente in digitale con successive modifiche estetico/strutturali.

Il mito di questo animale (che infestava gli incubi dei marinai di tutto il mondo, di dimensioni abnormi, generalmente immaginato come un gigantesco cefalopode tipo calamaro con tentacoli così lunghi da avvolgere una nave) si è sviluppato soprattutto fra il Seicento e l’Ottocento. La nave pirata Sea Reaper è ispirata alla famosa nave HMS Victory, un vascello di prima classe, a tre ponti da 104 cannoni della RoyalNavy, costruita negli anni 1760. La paratia laterale è apribile, al fine di mostrare i ponti e le cabine arredate.

La nave pirata Snake Wing è di libera ispirazione e presenta ponte e cabine arredate. Le vele e i cordami sono realizzati con pezzi originali presi dai set della serie “Pirates”.

Nido dell’aquila

Ispirato alla saga A Song of Ice and Fire dello scrittore americano George R.R. Martin e alla pluripremiata serie tv Game of Thrones, l’inespugnabile roccaforte di Nido dell’Aquila (The Eyrie) è la residenza della casata Arryn, protettrice dell’Est.
Lo spettacolare progetto conta circa 300 mila mattoncini. Inizia a prendere corpo nella mente del progettista, Manuel Montaldo nel 2014, e dopo 2 anni di intenso lavoro viene esposta per la prima volta al “Lucca Comics and Games 2016” tra lo stupore del pubblico.

Lo scenario, a cui continuano ad aggiungersi nuovi dettagli anno dopo anno, occupa una superficie di quasi 3 metri quadrati, mentre la sommità del castello raggiunge 1,80 m di altezza. Per la sua realizzazione sono stati utilizzati oltre 300 mila pezzi, reperiti in oltre 3 anni di ricerca.

Grande Diorama Castello

Il diorama medievale nasce da un’idea di Marco Cancellieri e Jonathan Petrongari nel lontano 2011, partecipa alla costruzione anche Marcello Amalfitano. Vengono utilizzati 250 mila pezzi, soggetti a numerosi cambiamenti nel corso degli anni. Del progetto iniziale è rimasta soltanto l’imponente città fortificata che sorge nella parte sud; tutto il resto è stato costruito tra il 2013 e il 2015.

Questo diorama può raggiungere la superfice record di 27 metri quadrati.
Partendo da sud troviamo una piccola foresta abitata dai Forestman, un piccolo forte dei Black Falcons (personaggi della serie originale Lego® Classic Castle), e la città fortificata sviluppata intorno alla Basilica. Da questa parte il sentiero porta a un piccolo villaggio e all’entrata della foresta.
Oltre la foresta ci sono il villaggio alle porte di Winterfell e la dimora della casata Stark, ultimo castello presente nel profondo Nord, ispirato alla serie tv Game of Thrones. Nel Castello, il giardino con l’Albero Cuore.

Porto

Il diorama Porto nasce da un progetto di Andrea Battaglia, nel 2019, ed è composto da 150 mila moduli Lego.
In questa installazione viene riprodotta una porzione del porto antistante la città: i grandi palazzi si stagliano sul lungo molo dove approdano gli yacht delle celebrità e i motoscafi dei cittadini che si concedono un giorno di svago godendosi il mare.

Tra le navi più belle spiccano il catamarano “Queen Mary” da 3.800 pezzi, il “Nemesi” (quello con la chiglia verde) da 3.100 pezzi e il colossale “Prince Marie” (tutto nero) da 2.900 pezzi.

Per arricchire il mare sono stati utilizzati ben 75 milaplate tondi… posati a mano.

Poi in mostra “Legolize”, la pagina umoristica che crea installazioni comiche utilizzando proprio i LEGO. Fondata da tre ragazzi (Mattia Marangon, Samuele Rovituso e Pietro Alcaro) la pagina è nata nel 2016 e attualmente conta più di mezzo milione di fan su Instagram e altrettanti su Facebook.

I LOVE LEGO racconta l’incredibile evoluzione di quello che da giocattolo tra i più comuni e conosciuti, negli anni, si è trasformato in arte. È una mostra promossa dalla Fondazione per la Cultura Pontedera in collaborazione con il Comune di Pontedera, PALP e Arte Per Non Dormire, ed è organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia. Fa parte del progetto “Arte Per Non Dormire – Pontedera ed Oltre XXI Secolo”, l’ampio progetto di arte contemporanea per la Regia di Alberto Bartalini.

Dal 27 gennaio 2021, al PALP Palazzo Pretorio di Pontedera.

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UNA PRIMAVERA DAL SAPORE MIMETICO

UNA PRIMAVERA DAL SAPORE MIMETICO

Potremmo definirlo #stylearmy. È lo stile incarnato da giacche militari, applicato anche su camicie, pantaloni e non solo. Fantasie camouflage, una tendenza che sembra essere tornata per la primavera/estate 2021. 

Il tema bellico, reinventato in tutte le salse, per alcune aziende fa parte ormai di un must che si ripresenta ogni stagione. Infatti diverse case di moda vedono in questo tema un elemento stilistico che avvicina diverse fasce di clientela traducendo l’anima dura dell’abbigliamento d’assalto in capi cool.

Uno dei capi military più diffusi è la sahariana, una giacca che deriva dalle uniformi con quattro grandi tasche, le mostrine sulle spalle e la cintura elastica. C’è la versione proposta dal brand Etro, con una raffinata stampa vegetale: foglie di forme e colori diversi. 

Anche se le vacanze sembrano un miraggio, molte aziende hanno pensato a un perfetto look da viaggio in stile militare, perché alla fine sognare costa poco e possiamo farlo con qualsiasi restrizione sociale.

La tendenza army è reinterpretata in chiave street style nella nuova collezione uomo Celine primavera estate 2021. Il gilet in stampa camouflage, a macchie di colore nei toni del beige e marrone, è dotato di maxi tasche applicate e dettagli da biker jacket. Si abbina a felpe in maglia, jeans strappati e sneakers in tela, in un outfit perfetto per un pomeriggio tra amici allo skate park.

Quindi, che si scelga un outfit con richiami street style come quello proposto da MSGM o più sofisticato che richiami un mood più british, l’importante è che la stagione in corso sia accompagnata da un mimetismo urbano, che a noi piace tanto e che approviamo a pieni voti.

Cristiano Gassani

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GIOVANI E FUTURO. INTERVISTA ALL’AUTRICE DI “ORGOGLIO E SENTIMENTO”

GIOVANI E FUTURO. INTERVISTA ALL’AUTRICE DI “ORGOGLIO E SENTIMENTO”

Orgoglio e Sentimento”, edito da Armando Editore, è stato proposto al Premio Strega 2021.

L’autrice? Benedetta Cosmi, classe 1983, giornalista, e saggista che si è occupata di pianificazione strategica a Milano, dove risiede e vive.

Un viaggio sul Frecciarossa è un po’ la metafora della vita, che scorre veloce. Si è esposti a incontri e cambiamenti inattesi, ai ritardi e alle mancate coincidenze che stravolgono il percorso. Benedetta Cosmi racconta le vicende di quattro amici in viaggio, ponendo all’ascolto un anziano giornalista in pensione che ha considerato la propria generazione con sguardo critico. Un racconto che non segue il cliché del romanzo. È l’analisi socio-politica della generazione fra i trenta e i quarant’anni alle prese con le problematiche attuali e la pandemia. I racconti di Sonia, Giannenrico, Adriana e Olimpia toccheranno temi d’attualità: l’amicizia, i compagni di scuola, l’amore, i sacrifici, la ricerca di occupazione, la salute, il benessere non soltanto materiale, i mutamenti sociali e culturali.

Parli dell’amore fra Sonia e Fabio Almanacco, uno scrittore engagé, “impegnato”, un personaggio del romanzo cui dai anche vita sui social, con un profilo attivo su Twitter. Fabio ama le donne che vogliono cambiare il mondo. Hai creato un personaggio che ama quindi la sua autrice. Sei consapevole di essere una donna nata per cambiare il mondo?

 Un personaggio che, forse, amerebbela sua autrice. Quelle sono le donne che amerei io, così come gli uomini che amerei io sono quelli interessati a cambiare il mondo, quindi impegnati. Sonia e Fabio rispecchiano entrambi due pezzi di me.

Alcuni lettori hanno aperto dei profili social su Twitter, in particolare di Cesare, il giornalista, e c’è anche questo gioco letterario. E poi recentemente sono stati aperti pure quelli di Sonia e di Fabio. Sonia è una dei quattro ragazzi del treno. Sonia il suo contributo lo dà, ed è simile al mio. Fabio Almanacco è uno scrittore, e per certi versi ha il mio stile, condivide le battaglie di Sonia, anche se da schieramenti politici diversi: è un militante della FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici) e si sono incontrati davanti ai cancelli dell’INSSE, una battaglia che mi ha colpita tantissimo.

Citi Kant con la frase: “Abbiamo sempre bisogno di tre cose semplici nella nostra vita. Qualcosa da fare, qualcuno da amare, qualcosa in cui sperare”. Il tuo qualcosa da fare è chiaro, con la firma di sette libri, l’impegno sui diritti umani sociali ed economici, l’impegno politico; il tuo qualcuno da amare è tua figlia, la piccola Lisa, ma cosa è il tuo qualcosa in cui sperare?

Qualcosa in cui sperare va di pari passo con l’idea di ciò che vogliamo, e quindi sperare di cambiare, sperare di realizzarlo, di averne il coraggio. Certo, quando scompare la speranza si spegne una città, un Paese, una generazione, un’epoca. Quindi è fondamentale avere sempre qualcosa in cui sperare. Io spero di saper fare la mia parte, con la mia scrittura, con il mio impegno, ma anche con la determinazione: su questo devo lavorarci un po’ di più, perché sperare di cambiare le cose presuppone a volte anche il non accontentarsi del già fatto. Il “si è sempre fatto così” può essere fallibile. Io aggiungo sempre “prima di me”, cioè: si è sempre fatto così prima di me. Ecco in cosa sperare: di essere tutti noi apripista negli ambiti che amiamo.

 

Milano è nel tuo cuore. Viene descritta, non solo come una bella fotografia da guardare, ma come una pellicola cinematografica con una storia fatta di uomini che hanno lottato per i diritti sul lavoro. Forse l’ultimo luogo deputato a essere frutto di scambi culturali, “siamo diventati discontinui in qualsiasi cosa della nostra vita”, e “siamo tutti troppo isolati per essere maestri per qualcuno”, inoltre la pandemia ha accentuato questo nostro isolamento. La generazione futura dovrà affrontare un periodo economico disastroso senza “maestri” a cui fare riferimento?

I maestri siamo noi, direi così. C’è stato un bellissimo titolo: “La storia siamo noi”; adesso è il tempo di maestri siamo noi. Anche perché con l’idea che sempre qualcun altro debba esserlo abbiamo creato, accettato e lasciato un vuoto. Credo che ci sia stata una fetta gigante di generazione di 50, 60 e 70 enni che non sono mai diventati maestri per nessuno. Forse perché hanno vissuto quell’epoca in cui ci si contrapponeva all’adulto, e quindi sono rimasti troppo sessantottini, credendo di essere ancora quella generazione che scendeva in piazza. Hanno privato così i più giovani di un percorso costruttivo. Si cresce in due modi: per consegna degli ancoraggi valoriali da parte di un maestro, oppure quando c’è il conflitto, il contrasto, quello a cui contrapporsi. Questo la nuova generazione non l’ha avuto: il giovane contro l’adulto non è di questa epoca, perché oggi manca l’adulto.

 

Hai sempre auspicato la diffusione della cultura. Con biblioteche come luoghi fruibili di giorno e di notte. E poi l’idea del progetto Book in Bike: il delivery della cultura. La “cultura non come ‘evento per l’estate’, ma come base della società per capire e affrontare la quotidianità”. La cultura sarà l’unica strada per il futuro?

La cultura non è solo passato, la cultura è anche presente e sicuramente è anche futuro. È futuro perché crea indotto economico e crea aggregazione. A me, per esempio, mancano tantissimo le correnti culturali, artistiche, letterarie del passato che hanno reso frizzante il loro periodo. Noi, invece, abbiamo talk e talent show in abbondanza. In questo percorso, dalle correnti artistiche letterarie ai talent show, forse ci siamo persi un pezzo di cultura.

 

Spesso i giovani, pur con laurea e master, sono spinti verso una marginalizzazione sociale dovuta alla disoccupazione, alla precarietà del lavoro, e hanno difficoltà anche nella formazione di una propria famiglia. Il rapporto giovani del 2008 indicava un milione e 900 mila persone giovani che non studiavano e non lavoravano; oggi il Corriere intitola: “Neet, all’Italia il record in Europa: 2 milioni di giovani non studiano e non lavorano”. Creiamo acronimi ma non lavorano, sembra proprio che non sia cambiato nulla?

Coloro che non studiano e non lavorano sono i protagonisti delle pagine di chiusura del mio libro “Non siamo figli controfigure”presentato nell’aprile 2010, con l’allora assessora alla cultura Mariolina Moioli, durante l’evento dal titolo “Costruire insieme il palinsesto sociale della nostra città”. Palinsesto, un termine preso in prestito dal mondo televisivo che si riferisce alla completa programmazione delle trasmissioni, mi piaceva per quel suo essere a copertura totale, mentre la tv di una volta a un certo punto interrompeva la messa in onda.

Oggi arrivano i Neet, coloro che né studiano e né lavorano, o studiano a modo loro, perché hanno internet, hanno incontri e lavorano anche a modo loro, magari fanno volontariato, e magari provano nella loro stanzetta a creare una startup. Però a noi adulti manca il crederci. È difficile che il denaro venga investito su un’idea e che quindi poi possa diventare concept e poi realtà. È più facile restare passivi e sperare nel colpo di fortuna che risolva tutto, nella vincita alla lotteria. Lo si è visto persino durante il Covid, con gli scontrini. 

 

“Orgoglio e Sentimento” è una fiction del 2020, che lascerà ai posteri la descrizione di questa generazione di giovani. L’orgoglio di una generazione, di un Paese che vuole riscattarsi, e il sentimento di un Presidente della Repubblica donna nel prossimo futuro.

Stefano Rovelli

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CHEMIO WORLD E LA VITA DOPO IL CANCRO

CHEMIO WORLD E LA VITA DOPO IL CANCRO

In questo momento di difficoltà sanitaria e sociale, abbiamo scoperto la valenza dei social e la loro capacità democratica di permeare in modo trasversale la società. Non solo influencer o frivoli balletti che strappano ilarità, ma anche tanti contenuti informativi utili per la nostra vita quotidiana.

L’indice scorre rapido sullo schermo dello smartphone, fino a quando appare Chemio World: si parla in modo semplice delle problematiche che le donne affette da tumore alla mammella devono affrontare, dei dubbi e delle tante paure di chi si sottopone alla chemioterapia.

Frasi di donne e uomini che hanno fatto la storia nella propria professione e racconti di vita: testimonianze di chi ce l’ha fatta. Di chi non si è lasciato sopraffare dalla malattia, perché “non si può battere una persona che non si arrende mai”, per citare una frase del giocatore di baseball statunitense Babe Ruth.

Chemio World è incline a fare rete con altre community e associazioni che operano nel settore, perché quando emerge una esigenza bisogna avere la consapevolezza dei propri limiti e la capacità di avvalersi dell’aiuto prezioso di esperti professionisti in psicologia, farmacia, alimentazione, estetica, fitness e non solo.

La storia di Chemio World si fonda sull’emozione, sui sentimenti, sull’amicizia, sulla passione, sulla ricerca e sulla voglia di condividere le esperienze personali per aiutare altre donne. Chemio World, infatti, è nata dall’esperienza personale di Monica e Valentina.

Monica, 35 anni e una laurea in Fisioterapia, ha un sorriso che riempie lo spazio, che ti circonda e ti infonde serenità. Le abbiamo rivolto qualche domanda.

 

Com’è nata l’idea di Chemio World?

Ho avuto la diagnosi di tumore alla mammella a luglio, nel 2020, esattamente tra il 23 e il 28, e compresi che avrei dovuto sottopormi a un intervento chirurgico. Ho iniziato immediatamente a informarmi sulle modalità con le quali potevo partecipare attivamente alla cura. Ci sono una serie di strategie da mettere in atto per rendere più efficace la terapia.

È molto importante diminuire lo stress, risultato che si può ottenere con la meditazione, con le sedute psicoterapiche, con l’esercizio fisico, lo Yoga o la riflessologia plantare; non esiste una tecnica che valga più delle altre, ognuno scelga quella che ritiene più idonea. Mentre è fondamentale l’alimentazione, perché è accertato che nel 40% dei casi una corretta alimentazione aiuta a ridurre la progressione della malattia. Da subito ho intrapreso una assunzione degli alimenti secondo il regime che mi ha indicato il medico dell’Istituto dei Tumori di Milano.

Ho iniziato a comprare tantissimi libri e ho cominciato a informarmi su tutti gli aspetti del tumore e soprattutto su come affrontare la chemioterapia e su cosa io avrei potuto fare. Non volevo subire passivamente ma essere parte attiva per aumentarne l’efficacia e contrastare gli inevitabili effetti collaterali. Quindi mi sono documentata riguardo agli effetti tossici che potevano manifestarsi a livello cutaneo e a come avrei potuto intervenire per curarli. La pelle si desquama, si rovinano le unghie, cadono i capelli, le sopracciglia e le ciglia, ma ho scoperto che ci sono tanti rimedi utili a contrastare tali effetti. Possono anche manifestarsi diversi tipi di allergie, quindi è indispensabile l’utilizzo di prodotti naturali e possibilmente biologici. Ho iniziato a contattare delle aziende e a studiare i loro prodotti, leggendo gli ingredienti, e analizzandoli nel singolo dettaglio. Ho scoperto in Italia laboratori artigianali che producono piccoli lotti di prodotti di altissima qualità. Creme realizzate a base di latte di asina, o di olio di Argan, e spugne per la detersione profonda del viso provenienti dallo splendido mare della Sicilia.

Ho cominciato a condividere questa mia esperienza con mia cognata Valentina che vive a Shangai. È stata proprio lei che mi ha prima consigliato di condividere queste mie ricerche ed esperienze dirette con gli altri malati, e poi mi ha supportato nel mettere in atto questo progetto. Lei è stata la mente che ha creato il tutto.

Valentina, laureata in scienze linguistiche per le relazioni internazionali, con specializzazione in social media marketing, ha creato la community e mi spronava a scrivere. Era un momento difficile in cui io non riuscivo a fare nulla, perché c’è una prima fase, dopo la diagnosi, in cui si è completamente pietrificati.

Arriva il giorno dell’intervento, ci sono poi complicazioni post-operatorie che mi costringono a un ricovero di un mese e mezzo. Inizio il primo ciclo di chemioterapia. Devastante, la chemio rossa, la più aggressiva! In quella fase non riuscivo né a scrivere, né a espormi attraverso le foto, e così lo fece lei. Valentina era la mia mano, io le inviavo i messaggi e lei pensava a tutto. È da quel momento che nacque la community.

La scelta del nome Chemio World (@chemio_world) è dovuta alla volontà di riunire tutte le ragazze, le donne e i care giver che affrontano la tematica della chemioterapia.

 

Le storie che riempiono la community sono ricche di emozioni e di sentimenti, quali quelli che ti hanno investita dopo la diagnosi di tumore al seno?

Ero in vacanza a Viareggio, quando ho prenotato una ecografia di controllo perché da una decina di giorni sentivo un piccolo nodulo al seno. Mentre ero sdraiata sul lettino a fare l’esame ecografico, il medico si è alzato ed è andato a chiamare un senologo in ospedale. Al suo ritorno mi consiglia una visita di approfondimento all’ospedale della Versilia. In quel momento ho capito che c’era qualcosa che non andava. Lì mi consigliano di fare un ago aspirato per il prelievo di alcune cellule da sottoporre all’esame citologico e comprendere la natura dell’alterazione mammaria.

Decido, così, di andare immediatamente a Milano e vengo visitata da un medico freddo e sprezzante che mi disse che lui doveva partire per le vacanze e se volevo togliere la massa estranea, in quel momento non avevamo ancora la certezza che fosse un tumore, avrei dovuto affrontare subito un intervento privatamente. Altrimenti sarei stata messa in lista di attesa per settembre. Il destino volle che il giorno dopo fossi visitata da un chirurgo senologo meraviglioso, di un’umanità incredibile, il dott. Alberto Testori dell’Humanitas. Il giorno stesso, il 29 luglio, feci l’ago aspirato, l’ecografia e la mammografia. Tornai dai miei bambini in Versilia; dopo cinque giorni feci una PET per escludere che ci fossero metastasi in giro. La bella notizia fu che non si evidenziarono metastasi, e la brutta che la massa tumorale era di ben 5,2 cm e avrebbe richiesto una mastectomia totale.

Tornata al mare, pensavo che non ce l’avrei fatta e che sarei morta, on-line si trovano racconti di donne che non ce l’hanno fatta, che dopo due anni vanno in metastasi, e il rischio di avere recidive è alto. Continuavo a piangere e a stringere forte i miei figli, guardavo i bambini e pensavo che il tempo a disposizione sarebbe stato poco e non li avrei visti crescere. Questi timori li ho ancora, però adesso ho imparato a gestirli, a tenerli a freno.

Fui investita da un sentimento di rabbia: cavolo con tutto il bene che ho fatto, sono una brava persona, mi impegno nelle cose e aiuto sempre tutti, proprio a me! Però credo che queste cose le pensino tutte. Ho imparato a gestire gli impulsi emotivi, grazie a questa tremenda disgrazia sono cambiata e ho imparato ad apprezzare di più la vita.

E poi la paura. La paura di morire, la paura delle terapie e di tutti i farmaci che comportano, la paura di non riuscire più a guardarmi allo specchio, la paura di toccarmi il seno che non c’è più e di toccare la cicatrice. Mi hanno messo una protesi, la gente pensa che la mastectomia sia come rifarsi il seno, invece è completamente diverso non c’è nessun paragone. Ti tolgono tutto, tolgono tutta la ghiandola, quando tocchi senti il silicone, con le sue pieghe, il seno è freddo, asettico, immobile.

Ho scritto le emozioni che ho provato, la community è stato un modo di liberarmi, e poi ho visto che tutte le donne hanno condiviso le stesse sensazioni, la malattia ci lega tutte con un comune denominatore.

 

La community cresce e sembra proprio che sia intenzionata a gettare le basi per un futuro lungo e rigoglioso. Da pochi mesi si è unita Virginia, aspirante notaio, export manager, con all’attivo 3 start up.

Sono approdata in Chemio World grazie a Valentina, che ho conosciuto durante la mia ultima esperienza di lavoro. Appena Valentina mi ha raccontato il progetto non ho potuto che propormi e caldeggiare la possibilità di partecipare. Abbiamo unito l’utile al dilettevole, nel senso che io ho portato il mio know-how per la creazione di una startup e dall’altra parte ho trovato un progetto bellissimo di grandissima umanità, e due persone meravigliose. Un progetto che sento mio anche se è stato partorito da Monica e Valentina.

Attraverso i canali Facebook e soprattutto Instagram (@chemio_world), la community continuerà a veicolare messaggi e a offrire supporto a tutte le donne che affrontano i traumi e gli effetti della malattia, ma siamo certi che nel breve periodo ci saranno delle sorprendenti novità.

“La forza delle donne deriva da qualcosa che la psicologia non può spiegare. Gli uomini possono essere analizzati, le donne…solo adorate!”. È una citazione di Oscar Wilde e resta sempre attuale.

Stefano Rovelli

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